La sponsorizzazione del terrorismo da parte dei governi occidentali,
terrorismo che ha come bersaglio la popolazione di questi stessi governi, è
sempre stato un argomento scottante. Sebbene alcuni grossi scandali abbiano
avuto una seppur superficiale attenzione da parte dei media, l’argomento è stato
poi rapidamente fatto sparire senza ulteriori discussioni o investigazioni.
Quindi quest’anno l’apparire di due grossi studi su questo tema è un bel passo
avanti e costituisce una lettura obbligata per chiunque cerchi di capire gli
eventi dell’11 settembre 2001 e il mondo dopo l’11 settembre.
Questi due studi sono complementari. Gli eserciti segreti della Nato.
Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale di Daniele Ganser
riguarda il terrorismo supportato dai servizi segreti statunitensi e britannici
nell’Europa Occidentale e in Turchia tra la fine della II Guerra Mondiale e il
1985. Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della
Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al Qaeda di Nafeez
Mosaddeq Ahmed è la cronaca dell’attenzione e del supporto agli estremisti
islamici dato dai servizi segreti degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia dal
1979 ad oggi. Entrambi gli studi sono modelli di erudizione, meticolosamente
documentati e con un filo logico attentamente preparato, ma il quadro del mondo
che ne esce risulta inverosimile anche agli occhi dei più sfrenati maniaci delle
cospirazioni.
Gli eserciti segreti della Nato descrive come, dopo la fine della II
Guerra Mondiale, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, temendo un’invasione
sovietica dell’Europa, stabilirono unità paramilitari dormienti in tutta
l’Europa Occidentale e in Turchia. Se la temuta invasione sovietica si fosse
verificata, queste unità avrebbero messo in moto dei gruppi di resistenza armata
equipaggiati e addestrati, con un solido sistema di comunicazione tra loro
stesse e con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In alcuni paesi, ad esempio la
Norvegia e la Svezia, queste unità dormienti rimasero fedeli al loro scopo
originario, rimanendo inattive fino al loro smantellamento alla fine della
Guerra Fredda. In altri paesi, tuttavia, le unità paramilitari vennero attivate
dai loro burattinai negli Stati Uniti come parte di una “Strategia della
Tensione” finalizzata a convincere in Italia, Belgio, Grecia, Turchia e altri
stati, quella parte di popolazione orientata politicamente a sinistra che le
loro vite erano messe a rischio dal terrorismo comunista. Le armi e gli ordigni
che originariamente erano state preparate per essere usate contro i sovietici
vennero invece usate contro i propri compatrioti, con lo scopo di gettare poi la
colpa dell’ondata di attacchi terroristici sui comunisti.
In Italia l’operazione dormiente venne ribattezzata Gladio (parola latina per
“Spada”). La bomba di Piazza Fontana, che causò la morte di 16 persone e il
ferimento di altre 80 poco prima del Natale del 1969, fu l’inizio di una serie
di attacchi terroristici che i membri attivi di Gladio effettuarono per tutti
gli anni ’70. La peggiore esplosione si ebbe alla stazione di Bologna nel 1980,
perirono 85 persone e ne rimasero ferite 200.
Un altro attacco di Gladio a Brescia nel 1974 uccise otto persone e ne ferì 102.
Nello stesso anno un treno venne fatto oggetto di un altro attacco a Roma,
morirono 12 persone e 48 furono i feriti. Il caso che però portò alla scoperta
dei piani di Gladio da parte degli inquirenti italiani fu una bomba posta nel
1972 che uccise tre poliziotti.
Le operazioni di Gladio in Italia sono relativamente note e conosciute grazie
alle diverse investigazioni giudiziarie che hanno avuto una copertura sulla
stampa europea e sono anche stati argomento di qualche libro. Un valore aggiunto
del libro di Ganser è di raggruppare tutto questo materiale in un’opera concisa
e ben organizzata. Inoltre Genser estende i suoi studi oltre l’Italia per
esaminare gli effetti delle operazioni dormienti in tutta l’Europa Occidentale e
la Turchia.
Sono rimasto piuttosto sorpreso dall’apprendere che le operazioni dormienti più
estese e distruttive furono quelle svolte in Turchia sotto il nome in codice di
Contro-Guerrilla. Tra i diversi crimini perpetrati ci sono svariati attacchi
bomba, assassini e uccisioni causali eseguiti da agenti di Contro-Guerrilla
controllati dalla CIA alla fine degli anni ’70, utilizzati come pretesto per un
colpo di stato militare nel 1980 che portò all’insediamento di un governo
filo-americano e filo-israeliano. Mi ha lasciato stupito anche vedere come gli
agenti dormienti si siano macchiati di orrendi attacchi terroristici in Belgio
proprio alla fine della Guerra Fredda, nel 1985, sebbene questi siano ancora
poco convincentemente rinnegati dalle fonti ufficiali.
Un limite dello studio di Ganser, che egli stesso frequentemente lamenta, è la
non disponibilità di documentazione ufficiale perché tutto il materiale relativo
alle operazioni dormienti rimane top secret. Tutte le richieste del Freedom of
Information Act sono state sinora rifiutate dalle autorità statunitensi. Si
potrebbe perlomeno pensare che, dopo la fine della Guerra Fredda, si sia
rinunciato a queste strategie atroci e che i governi implicati abbiano fatto
ogni sforzo per ripulirsi e assicurarsi che fatti simili non si ripetano.
Sfortunatamente, come spiega Guerra alla verità di Nafeez Ahmed, la
Strategia della Tensione si è rivelata uno strumento così utile sia in politica
interna sia estera che, lontana dall’essere abbandonato, queste operazioni sono
diventate un luogo comune e sempre più accettate.
Creare il terrorismo “islamico” per il dopo Guerra Fredda
Lo studio di Ahmed si concentra sugli attacchi dell’11 settembre 2001, ma la
storia inizia in Afghanistan prima dell’invasione sovietica del 1979. Zbigniew
Brzezinski, al tempo consulente sulla sicurezza nazionale sotto la presidenza di
Jimmy Carter, ha descritto in un’intervista come, anche prima dell’invasione,
gli Stati Uniti avessero già iniziato a versare fondi verso i Mujahedeen e
infiammare gli animi dell’Islam più militante nella regione. L’obiettivo era di
destabilizzare la regione e costringere di conseguenza i sovietici a invadere,
attirandoli in questo modo in un pantano simile a quello che si rivelò il
Vietnam per gli USA.
Secondo Brzezinski, “non abbiamo spinto i russi ad invadere, ma abbiamo
coscientemente aumentato la possibilità che lo facessero. Questa operazione
segreta fu un’idea eccellente. L’obiettivo era di attirare i russi nella
trappola afgana.”
Dopo l’ingloriosa ritirata sovietica dall’Afghanistan, e ancor di più dopo il
crollo dell’Unione Sovietica diversi anni dopo, la politica di infiammare e
sfruttare l’estremismo islamico venne accreditata da molti all’interno
dell’establishment dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale (NSA) per questi sviluppi
storici. Ahmed ha raccolto prove incontrovertibili che gli Stati Uniti non hanno
abbandonato questa strategia dopo la fine della Guerra Fredda. Infatti ai più
alti livelli della politica statunitense si è continuato di nascosto a
proteggere, fornire assistenza e guida ai militanti islamici in generale, e ad
Al Qaeda in particolare, in diverse aree geopoliticamente molto importanti nel
mondo, tra cui l’Asia Centrale, il Nord Africa, i Balcani e le Filippine.
È impossibile rendere giustizia alle densissime 550 pagine del libro di Ahmed in
questa sede, ma porterò alcuni esempi che reputo rappresentativi.
Ali Mohamed, un agente dei servizi segreti egiziano, venne licenziato nel 1984 a
causa del suo estremismo religioso. Nonostante questo e nonostante il suo nome
fosse sulla lista del Dipartimento di Stato che elencava i possibili terroristi,
gli venne garantito un visto per entrare negli USA e divenne un cittadino
statunitense. Nel 1986 era un sergente dell’esercito USA e istruttore alla
prestigiosa Special Warfare School presso Fort Bragg.
Mentre aveva questo ruolo, Mohamed viaggiò in Afghanistan per incontrarsi con
Bin laden e assistette all’addestramento di agenti di Al Qaeda sia in
Afghanistan sia negli Stati Uniti. I suoi diretti superiori a Fort Bragg sin
dall’inizio si allarmarono per queste attività illegali e fecero rapporto ai
loro superiori. Quando i loro rapporti non produssero nessun provvedimento,
nemmeno un debriefing ufficiale dopo il ritorno di Mohamed dall’Afghanistan,
almeno uno dei suoi supervisori, il luogotenente colonnello Robert Anderson,
concluse che Mohamed probabilmente faceva parte di un’operazione decisa dai
servizi segreti statunitensi, “probabilmente la CIA.”
Le attività di Mohamed in supporto di Al Qaeda attraverso tutti gli anni ’90
furono di grande peso per quell’organizzazione. Nel 1991 egli si occupò della
sicurezza per il trasferimento di Bin Laden dall’Arabia Saudita al Sudan. Nel
1993, Mohamed accompagnò il secondo in comando di Bin Laden, Ayman Al Zawahiri,
in un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere fondi, anche questa volta si
occupò di organizzare le misure di sicurezza per il viaggio. I fondi raccolti
aiutarono Al Zawahiri in una missione nei Balcani supportata dal Pentagono, di
cui parleremo nella prossima sezione.
I membri di Al Qaeda addestrati da Mohamed negli Stati Uniti ne includono molti
che vennero successivamente incriminati perché connessi all’attacco terroristico
perpetrato ai danni del World Trade Center nel 1993. Durante il processo vennero
presentati come prove alcuni manuali di addestramento classificati top secret e
normalmente utilizzati dall’esercito americano, manuali che Mohamed aveva
fornito agli attentatori.
Mohamed stesso eseguì la sorveglianza per i bombardamenti che Al Qaeda eseguì
alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania. Al tempo Mohamed era una
riserva attiva delle Special Forces ed era un informatore pagato dell’FBI.
Mohamed venne alla fine incriminato per il suo coinvolgimento con i
bombardamenti alle ambasciate avvenuti nel 1998. Nell’ottobre del 2000 venne
incriminato per cinque capi di accusa di cospirazione volta all’assassinio di
cittadini degli Stati Uniti. Tuttavia per il tipo di contrattazione della pena
fatto da Mohamed la sentenza è stata sospesa e l’attuale luogo in cui si trova
Mohamed rimane segreto.
Il Pentagono porta Al Qaeda nei Balcani
Le alte sfere del Dipartimento di Sicurezza statunitense non persero tempo nel
cercare di replicare il successo ottenuto in Afghanistan in altre aree
geopoliticamente critiche. Il regime fantoccio sovietico instaurato in
Afghanistan cadde nel febbraio 1992. Nello stesso anno il Pentagono iniziò ad
importare i jihadisti afgani organizzati da Bin Laden in Bosnia per scatenare il
caos e alimentare la guerra civile tra musulmani e serbi che avrebbe devastato
l’ex Jugoslavia negli anni seguenti. Il secondo in comando di Bin Laden, Ayman
Al Zawahiri, prestò servizio come comandante delle forze mujahedeen nei Balcani.
Il ruolo del Pentagono nel trasportare via aerea i terroristi mujahedeen in
Bosnia e Kosovo tra il 1992 e il 1995 è stato ben documentato e ampiamente
diffuso dai media canadesi ed europei, ma quasi completamente ignorato negli
Stati Uniti. Tuttavia i vantaggi geopolitici nello smembrare l’ex nazione
sovrana della Jugoslavia in un caleidoscopio di protettorati NATO, sotto stretto
controllo degli USA, non sono passati inosservati. Jacob Heilbrunn e Michael
Lind hanno scritto nel loro articolo apparso il 2 gennaio 1996 sul New York
Times intitolato “Il Terzo Impero Americano”: “Invece di vedere la Bosnia come
la frontiera orientale della NATO, dovremmo vedere i Balcani come la frontiera
occidentale della sfera di influenza che si sta ampliando rapidamente nel Medio
Oriente… le regioni una volta sotto il controllo della Turchia Ottomana mostrano
oggi i segnali della trasformazione nel cuore di un terzo impero americano… lo
scopo principale dei paesi NATO, nel prevedibile futuro, sarà di essere usati
come appoggio per le guerre statunitensi nei Balcani, nel Mediterraneo e nel
Golfo Persico.”
La CIA porta Al Qaeda nelle Filippine
Nel 1991, con la guerra in Afghanistan che stava ormai scemando, nelle Filippine
venne costituito il gruppo terrorista Abu Sayyaf attorno ad un gruppo di
veterani afgani estremisti. Questi condussero la loro prima operazione di
rapimento nel 1992 e furono successivamente autori di una serie di attacchi
bomba e rapimenti lungo tutti gli anni ’90, azioni altamente destabilizzanti per
il governo filippino. Diversi agenti di alto livello di Al Qaeda, incluso Ramzi
Yousef e Khalid Shaikh Mohammed, erano coinvolti. I fondi erano forniti da uno
dei cognati di Bin Laden, Mohammed Jamal Khalifa, un figura importante nel
finanziamento di operazioni di Al Qaeda su scala mondiale.
Ahmed cita diverse fonti autorevoli, incluso l’agente dei servizi segreti
filippino Rene Jarque, il Luogotenente Colonnello Ricardo Morales e il senatore
Aquilino Q. Pimentel, per mostrare come il gruppo Abu Sayyaf abbia ricevuto
assistenza speciale e protezione sia dall’esercito filippino sia da quello
statunitense. Pimentel, in un discorso al Senato nel luglio 2000, ha accusato la
CIA di aver creato l’organizzazione terroristica con l’aiuto dei loro contatti
nell’esercito filippino e nelle comunità dei servizi segreti.
Due incidenti in particolare hanno portato alla luce la connivenza degli Stati
Uniti con il regno di terrore di Abu Sayyaf al di là di ogni ragionevole dubbio.
Nel dicembre 1994, Khalifa venne arrestato durante un soggiorno a San Francisco
per violazioni alle leggi sull’immigrazione. L’FBI era a conoscenza dei suoi
legami con il gruppo Abu Sayyaf e Al Qaeda e iniziò quindi a investigare sulle
sue attività. Gli avvocati di Khalifa cercarono di portare ad uno stato di
stallo l’investigazione e iniziarono i preparativi per un’estradizione in
Giordania. Incredibilmente arrivò a Khalifa dell’aiuto dall’alto. Il Segretario
di Stato Warren Christopher scrisse personalmente una lettera di tre pagine al
Procuratore Generale Janet Reno chiedendo che venisse approvata la richiesta di
estradizione. Conformemente a quanto descritto sinora, l’investigazione dell’FBI
venne cancellata e Khalifa venne spedito in Giordania secondo sua esplicita
richiesta, dove – dopo pochi giorni – era nuovamente un uomo libero.
Il secondo incidente è ancora più straordinario e rivelatore. Michael Meiring,
un cittadino americano, arrivò nelle Filippine nel 1992 e subitaneamente
instaurò stretti rapporti di lavoro sia con alti ufficiali del governo locale
sia con i leader ribelli del gruppo Abu Sayyaf. Nel 2002, nel bel mezzo
dell’ondata di attacchi bomba di Abu Sayyaf, Meiring accidentalmente fece
esplodere una bomba nella sua camera di albergo a Mindao, causandosi ferite
gravi che richiesero un immediato ricovero ospedaliero. Le autorità statunitensi
intervennero immediatamente. Agenti dell’FBI e “agenti del National Security
Council” lo portarono via dalla sua stanza d’ospedale, per portarlo prima in un
ospedale a Manila, dove Meiring venne tenuto in completo isolamento e curato da
un dottore fatto intervenire direttamente dall’ambasciata statunitense. Poi
Meiring venne rimpatriato in tutta fretta negli Stati Uniti. Come Ali Mohamed,
il suo destino e la sua attuale dislocazione nel paese sono del tutto ignoti.
Numerosi tentativi per riportarlo nelle Filippine perché venisse processato sono
stati bloccati dalle autorità statunitensi.
I motivi del supporto americano al terrorismo nelle Filippine non sono difficili
da comprendere. Nel 1991, lo stesso anno in cui Abu Sayyaf venne formato, il
senato delle Filippine votò per chiudere tutte le basi militari statunitensi sul
loro territorio, un’azione che aveva implicazioni profonde per la posizione
militare strategica degli USA nell’Asia del Sud. Nel 2002, a causa degli effetti
destabilizzanti delle operazioni di Abu Sayyaf, l’esercito statunitense venne
invitato a tornare nel paese per partecipare all’operazione Balikatan (“spalla a
spalla”), un’operazione militare congiunta tra Filippine e Stati Uniti con lo
scopo di eliminare il terrorismo. Queste operazioni richiesero la non
applicazione di alcuni articoli della Costituzione delle Filippine, che
proibisce ad eserciti stranieri di operare sul suolo filippino. Una volta ancora
Al Qaeda, con l’aiuto dei suoi amici americani, ha agito per portare avanti gli
interessi geo-strategici degli Stati Uniti.
Il Grande Progetto
Gli esempi qui sopra non sono delle anomalie isolate. Il cuore del bel libro di
Ahmed è dedicato all’esposizione di una serie di prove che consegnano un quadro
finale che ha dello straordinario. Come egli afferma nella sua conclusione, “non
solo la strategia utilizzata nella nuova ‘Guerra al Terrore’ sembra causare il
terrorismo, ma una delle dimensioni che compongono questa strategia è la
protezione di personaggi chiave colpevoli di supporto finanziario, logistico e
militare al terrorismo internazionale.”
E poi c’è l’11 settembre…
Ma che dire degli attacchi dell’11 settembre rivolti verso se stessi?
Si è forse solo trattato di un ritorno di fiamma? Cioè una conseguenza non
voluta avvenuta in casa propria di un’operazione di copertura straniera? Oppure
è parte integrante della Strategia della Tensione? Basandosi in parte su
un’analisi degli allerta diffusi dai servizi segreti sugli attacchi e
sull’assenza di una qualsiasi controffensiva aerea, Ahmed sposa con forza la
seconda ipotesi. Egli rivisita le dozzine di specifici dispacci di allerta,
domestici e internazionali, risalenti a mesi prima dell’11 settembre, riguardo
possibili attacchi terroristici negli Stati Uniti utilizzando aerei di linea.
Questi allarmi portarono ad allerta emessi da funzionari dei servizi segreti a
ufficiali del Pentagono e ad altri, tra cui lo scrittore Salman Rushdie e il
sindaco di San Francisco Willie Brown, in cui si comunicava di cancellare
qualsiasi volo di linea nella data dell’11 settembre 2001. Nel frattempo però
nessuna azione venne intrapresa per avvisare o proteggere i cittadini
statunitensi.
Ahmed sottolinea che le autorità competenti al Pentagono e presso la Federal
Aviation Administration hanno descritto in maniera contraddittoria le azioni
intraprese in quel giorno, ogni resoconto successivo sembrava un modo per
rimediare ai buchi di quello precedente. E, ad oggi, non c’è stato ancora nessun
giustificazione accettabile che spieghi perché non si sia riusciti ad
intercettare nessuno dei quattro aerei coinvolti nell’attentato. In circostanze
normali, l’intercettazione di un aereo dirottato da parte dei caccia militari
sarebbe stata la normalissima routine; questo tipo di intercettazioni sono state
eseguite perlomeno 56 volte nell’anno precedente l’11 settembre 2001. Ahmed
sottolinea ancora che è stato permesso che gli attacchi “potessero essere
eseguiti del tutto non ostacolati per più di un’ora e mezza nello spazio aereo
più controllato del mondo.” Egli ritiene che l’ipotesi che ciò sia avvenuto per
semplice negligenza non possa essere creduto. Invece argomenta che deve esserci
stato un deliberato “nulla osta” del sistema di difesa aerea deciso da alti
funzionari del servizio di sicurezza nazionale, tra di essi il Vice Presidente e
il Segretario della Difesa.
Il futuro della Strategia della Tensione
I libri qui recensiti documentano una continuità storica e di intenti negli
ultimi 40 anni da parte degli Stati Uniti e di altri governi nell’incoraggiare e
nel manipolare il terrorismo per i propri fini. Le organizzazioni terroristiche
sono state usate per destabilizzare governi scomodi in tutto il mondo e per
seminare il caos, che sarebbe poi potuto servire come pretesto per un intervento
militare.
Ancor più importante, il terrorismo è utilizzato per creare un’atmosfera di
crisi entro i propri confini, sotto la cui coltre passano impuniti i crimini e
le attività di corruzione dei membri dell’establishment, le libertà civili sono
calpestate con leggerezza e su false basi e motivi vengono dichiarate guerre di
enorme portata. Sebbene al momento sembri non esserci nessun indizio che porti a
pensare che i maestri del terrore a Washington possano riconsiderare le loro
tattiche, la pubblicazione quest’anno di questi due libri rivelatori fa nascere
la speranza che la Strategia della Tensione, che può solo prosperare nel buio e
nella confusione, debba infine essere abbandonata.
Tim Howells
Fonte: www.onlinejournal.com
LinK: http://www.onlinejournal.com/artman/publish/article_277.shtml
28.11.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARQO
NOTE
Nafeez Mosaddeq Ahmed, Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi
occidentali e della Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al
Qaeda, Fazi Editore, 2005, Roma
Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e
terrorismo in Europa Occidentale, Fazi Editore, 2005, Roma
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