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23/01/2004 Guerra in Iraq e Informazione (www.strategiaglobale.com)

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    La strategia della pubblica informazione è cambiata bruscamente. Dalla casa di vetro della Guerra nel Vietnam alla nebbia informativa della Guerra in Iraq. Di già la pubblicizzazione della Guerra del Golfo fu ridotta drasticamente.
    Gli effetti dell’informazione generalizzata ed in diretta della guerra del Vietnam furono determinanti per la perdita del consenso interno ed internazionale alla politica USA.

    L’America, ispirando l’informazione a aprincipi di libertà, non pose vincoli alla rappresentazione iconografica del conflitto vietnamita. Sottovalutò il ruolo della guerra psiclogica e dell’utilizzo nella Strategia Indiretta. Giova ricordare che, la situazione di stallo nucleare tra le due superpotenze, aveva generato il ricorso a forme indirette di strategie, volte a sfruttare i punti deboli e le vulnerabilità dell’avversario.

    Il comunismo si espandeva come una marea; dall’Asia all’Africa, all’America Latina e allo stesso Occidente. La Francia e l’Italia ospitavano i più forti e virulenti partiti comunisti dell’Occidente che, in simbiosi con la politica di Mosca, appoggiavano la strategia indiretta dei sovietici. l’Internazionale comunista, indipendentemente dai contenuti dell’ideologia comunista, sposò appieno i temi nocivi per l’Occidente e, in particolare, per Stati Uniti.

    L’appoggio alle minoranze razziali, al Terzo Mondo, agli Arabi in conflitto con Israele, gli ideali di pace e di fratellanza dei giovani, i movimenti indipendentistici, la liberalizzazione della droga, la contestazione delle istituzioni, lo smantellamento delle tradizioni, il pacifismo, l’antimilitarismo, divennero i cavalli di battaglia della sinistra comunista in tutto l’Occidente.

    E’ applicazione dei principi di Strategia Indiretta teorizzati dal generale francese Beaufre. Aggirare l’avversario, indebolirlo, svuotare dall’interno la struttura, le istituzioni, l’unitarietà, il sistema di valori posto a base del modello di vita occidentale; in uno, la struttura portante del sistema capitalistico.

    Gli Stati Uniti, costretti alla difensiva, tentavano di contenere la marea rossa. La guerra in Vietnam, è chiaramente un atto della politica di contenimento. Non si può criticamente negare che gli sforzi degli USA, diretti ad arginare il comunismo fossero errati. Un indicatore inconfutabile della giusta visione USA è lo stato di miseria materiale e morale dei Paesi comunisti, inesorabilmente svelato dalla caduta del muro di Berlino.

    Diradatasi la immensa nube di polvere creata dal crollo dell'Impero sovietico, pappare chiaro che la Russia ha visto distrutto l’impero fondato da Pietro il Grande; la Germania dell’Est, area tedesca tra le più nobili, fatica a riprendersi dalla miseria. La Polonia, la Romania, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, l’Albania, e gli altri Paesi dell’Est ex-comunista patiscono miseria e fame.

    Per non citare gli orrori dei massacri dei Kmer rossi, assassini di 2 milioni di Cambogiani su una popolazione di appena sei milioni. Chi ha l’ardire ed il coraggio di affermare che gli USA sbagliavano nel tentativo di arginare la marea comunista?.

    Eppure, il rumore assordante della campagna dei media contro gli USA, determinava un quasi universale risentimento contro la politica americana che veniva percepita non di contenimento ma imperialista e neo-colonialista.

    Questo inciso per comprendere il perché di una svolta strategica nella gestione della pubblica informazione nel conflitto iracheno.

    Giova ricordare cosa afferma, a proposito di guerra ed informazione, Clausewitz nel cap. VI di “ della guerra” intitolato “Le Informazioni in guerra”. Egli si riferisce soprattutto alle informazioni operative, ma non tralascia di allargarne la portata.

    “Le informazioni che si ottengono in guerra sono in gran parte contraddittorie, in maggior parte ancora menzognere, e quasi tutte incerte…questa difficoltà, già importante, è ben maggiore nel tumulto stesso della guerra; ove un’informazione segue l’altra: allora è già una fortuna quando due informazioni contraddittorie possono controbilanciarsi abbastanza per attirare, da se stessa la critica. Molto più grave è la cosa per colui che non ha esperienza, quando il caso non gli rende tale servizio ed invece le notizie successive si sostengono, si confermano, s’ingrandiscono, aggiungono ad ogni istante nuovi colori al quadro…. In due parole, la maggior parte delle informazioni è falsa e la avidità degli uomini è una nuova causa di menzogna e di inesattezza”

    Appare chiara la differenza tra informazione pubblica in assenza di guerra e la stessa informazione in situazione di guerra.



    In pace le condizioni di verifica, smentite, precisazioni sono facilitate. In guerra, i ritmi, la necessità di sottrarsi all’annientamento e, nel contempo, di annientare l’avversario, la pratica impossibilità di una visione reale generale e non episodica, condizionano l’obiettività delle informazioni che sono per se stesse risorsa strategica di prima grandezza. “I giornali di un paese”, afferma Einstein, “possono, in due settimane, portare la folla cieca ed ignorante ad un tale stato di esasperazione e di eccitazione da indurre gli uomini ad indossare l’abito militare, per uccidere e farsi uccidere…”

    Per evitare che la libera informazione costituisse una vulnerabilità, l’Amministrazione USA ha ritenuto opportuno limitare drasticamente la pubblicizzazione dello scenario di guerra. Si è passati dall’inondazione di immagini del conflitto vietnamita, alla evidente disponibilità documentarie della guerra in Iran. Non è stato così per l’attentato terroristico dell’11 settembre alle Twin Towers.

    L’evento distruttivo è servito a creare le scene drammatiche per agghiacciare l’umanità. L’intero avvenimento ha avuto per scopo la diffusione delle immagini del terrore.

    Il regista del Terrore si era preposto di incidere gli animi con visioni shoccanti: gli Aerei con il carico umano di passeggeri si infilano nelle torri trasformandosi in una orrenda palla di fuoco; le persone volano giù dal grattacielo, le due grandi torri si accasciano in frantumi come castelli di sabbia, migliaia di corpi sono estrati dalle macerie in diretta TV.

    Immagini che dovevano dimostrare la vulnerabilità della potente America, le sofferenze cui va incontro il mondo occidentale imperialista ed amico di Israele, la determinazione distruttiva degli integralisti islamici. Scopo, non secondario, era il provocare la reazione degli USA necessaria a mobilitare il popolo arabo per la guerra santa.

    Sono queste le modalità d’uso dell’informazione per produrre il sentimento ostile e l’intenzione ostile (Clausewitz, cap. I,3 “della guerra”) Per suscitarli contro loro stessi, i terroristi hanno perpetrato la strage dell’11 settembre; gli antiamericani si sarebbero serviti delle immagini più cruenti della guerra in Iraq per fomentare l’odio contro gli USA ed i loro alleati. Quasi obbligatorio per gli USA, annebbiare la scena di guerra.


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