Il termine "cuneo di imposta" è ormai entrato nel linguaggio comunemente
usato nel dibattito di policy, soprattutto quando si fa riferimento alla
tassazione del fattore lavoro. Ciò non significa che sia sempre chiaro cosa
si intende con questo concetto e quali siano le sue potenzialità e i suoi
limiti.
Un "cuneo di imposta" su un fattore produttivo è una misura sintetica dei vari
oneri fiscali che gravano formalmente su quel fattore. Può includere molteplici
tipologie di prelievo (le imposte pagate sui fattori dalle società che li
utilizzano, e quelle pagate dai percettori dei relativi redditi) e vari aspetti
della normativa (ad esempio deducibilità dall’imponibile e detrazioni
dall’imposta, oltre alle aliquote legali, sul reddito e patrimoniali). Il cuneo
può allora variare in funzione del settore di attività dove i fattori produttivi
sono impiegati e delle loro caratteristiche. Inoltre, specie nel cuneo sul
capitale, vi sono ipotesi di partenza che possono rendere diverse le misure di
volta in volta calcolate. Impiegare correttamente queste misure e discutere di
effetti di possibili riforme fiscali utilizzando questi indicatori impone perciò
rigore metodologico. Vediamo di fare un po’ di chiarezza iniziando
dall’esempio più semplice, il cuneo sul lavoro.
Cuneo di imposta sul lavoro
Il cuneo di imposta sul lavoro può essere espresso come differenza fra il
costo del lavoro per l’impresa e il salario netto del lavoratore. Fornisce
quindi una misura sintetica delle imposte pagate dal datore di lavoro, che
corrisponde il salario, e dal lavoratore, che lo riceve. È formato da
contributi e imposte a carico del datore di lavoro e contributi e imposte a
carico dei lavoratori. Può poi essere espresso in percentuale del salario netto
o del costo del lavoro.
La riforma dell’Irpef dello scorso anno ha agito sulla componente del cuneo a
carico del lavoratore (con risultati erratici e tendenzialmente più consistenti
per i contribuenti più ricchi). Con la riforma dell’Irap attesa per quest’anno
si intenderebbe invece agire sulla componente formalmente a carico delle
imprese. Su questa concentreremo la nostra attenzione.
La tabella 1 illustra i cunei sul lavoro a carico delle imprese nel 2005 e
secondo alcune ipotesi di riforma dell’imponibile Irap. L’esempio preso come
riferimento è quello di un operaio delle imprese industriali in senso stretto,
con più di 50 dipendenti. I cunei sono calcolati in percentuale del costo del
lavoro per l’impresa. Ad esempio, il cuneo di 31,5 per cento nel 2005 è
calcolato sommando i vari oneri contributivi (33,08 per cento), gli
accantonamenti per il Tfr (6,91 per cento), e l’Irap, che si applica all’intero
costo del lavoro, con l’aliquota del 4,25 per cento. (1)
Il cuneo riportato nell’ultima riga della tabella è un po’ più elevato (33,1
per cento invece di 31,5 per cento). Il motivo è che qui si tiene conto non solo
degli oneri diretti dovuti all’applicazione dell’Irap al costo del lavoro, ma
anche di quelli indiretti connessi al fatto che l’Irap, a differenza dei
contributi, non è deducibile dall’imponibile Ires.
Tabella 1. Cuneo di imposta sul lavoro (in percentuale del costo del lavoro)
per le imprese industriali con più di 50 dipendenti – Operai
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Proposte di
modifica base imponibile Irap |
|
2005 |
- 33% CL |
- contributi e TFR |
- CL |
Cuneo % sul datore (oneri
diretti) |
31,5% |
30,5% |
30,7% |
28,6% |
Cuneo % sul datore (oneri diretti
e indiretti) |
33,1% |
31,7% |
31,9% |
28,6% |
Tra le proposte di riforma che sono state avanzate, la deduzione dall’imponibile
Irap di una quota pari a un terzo del costo del lavoro o l’esclusione
dalla base imponibile dei contributi previdenziali e degli altri oneri
contributivi (incluso il Tfr) avrebbero l’effetto, del tutto analogo, di ridurre
il cuneo di circa un punto percentuale. Una riduzione di un certo rilievo (3-4
punti percentuali) si avrebbe solo eliminando completamente il costo del lavoro
dalla base imponibile dell’Irap, ma questo comporterebbe una perdita di gettito
molto rilevante (12 miliardi di euro circa, pari quasi a un punto di Pil),
insostenibile date le attuali condizioni della finanza pubblica.
Cuneo di imposta sul capitale
Il cuneo di imposta sul capitale è ancora più complesso da calcolare anche
perché la tassazione degli investimenti avviene in tutto il periodo di
vita utile del bene capitale. In generale, il cuneo può essere definito come la
differenza fra rendimento lordo su un investimento addizionale e quello netto
per il finanziatore finale (creditore o azionista).
Il cuneo è dunque diverso a seconda della natura del finanziatore (cui
corrispondono aliquote su dividendi, plusvalenze e interessi diverse), del tipo
di beni capitali (cui corrispondono quote di ammortamento deducibili dal reddito
di impresa differenziate) e, soprattutto, a seconda della fonte di
finanziamento, dato che solitamente non è consentita la deducibilità del
costo del capitale proprio, a differenza di quanto accade con il costo del
capitale di debito (interessi passivi). Come nel caso del cuneo sul lavoro,
concentreremo l’attenzione sulle sole imposte pagate dalle società a titolo di
Ires e Irap, sulla situazione al 2005 e su alcune ipotesi di intervento avanzate
nel dibattito. La tabella 2 presenta due cunei, con riferimento a due diversi
tipi di investimento in macchinari e attrezzature: un investimento "marginale",
che offre cioè un rendimento appena in grado di coprire i costi (imposte,
ammortamenti e remunerazione del finanziatore finale, azionista o creditore) e
un investimento inframarginale, e cioè con un rendimento che consente
extra-profitti, per il quale ipotizzeremo una redditività del 20 per cento.
(2)
I due cunei sono molto diversi; quello su un investimento marginale è
solitamente più basso perché per livelli di redditività più bassa le
deducibilità dall’imponibile (per interessi passivi e ammortamenti) hanno più
peso. Al crescere della redditività dell’investimento il cuneo infatti aumenta e
tende sempre più ad avvicinarsi all’aliquota legale.
Tabella 2 Cuneo di imposta sul capitale (macchinari e attrezzature)
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Proposte di
modifica base imponibile Irap |
|
2005 |
+ammortamenti |
-33%investimenti
|
-investimenti |
|
|
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Cuneo % Investimento marginale |
9,18% |
26,82% |
21,01% |
5,82% |
Cuneo % Inv infra-marginale (20%) |
29,52% |
33,69% |
32,11% |
28,91% |
La prima ipotesi di riforma considerata (non consentire la deducibilità
dall’imponibile Irap degli ammortamenti) avrebbe l’effetto di aumentare il
cuneo sull’investimento marginale con possibili effetti negativi sulla
politica di investimento delle imprese. A poco servirebbe se poi, a fianco di
questa restrizione, si introducesse un bonus pari a un terzo della spesa di
investimento (seconda ipotesi di riforma considerata): il cuneo resterebbe
comunque più elevato rispetto alla normativa vigente. Con una politica di questo
tipo si penalizzerebbero le imprese che hanno investito in passato, che non si
vedrebbero più riconosciuta la deducibilità delle quote di ammortamento, ma
anche le imprese che decidessero di intraprendere nuovi progetti dovrebbero
sopportare nel complesso un maggior onere fiscale se, a fronte della
deducibilità del 33 per cento della spesa di investimento, dovessero rinunciare
alla normale deducibilità dall’imponibile Irap, ora consentita, delle quote di
ammortamento (ordinarie e anticipate). Se si deducesse dall’imponibile Irap
l’intera spesa di investimento (ultima colonna), il cuneo fiscale sul capitale
si ridurrebbe rispetto al livello attuale.
Il cuneo di imposta su un investimento inframarignale si modifica meno, ma le
riforme considerate o sono peggiorative o lasciano sostanzialmente immutata la
situazione.
Confronto fra il cuneo sul lavoro e sul capitale
Dal confronto fra la tabella 1 e 2 emerge che effettivamente, considerando
l’insieme delle imposte sulle imprese a carico del lavoro e del capitale, nei
due casi presi in esame (operaio della media grande industria e investimenti in
macchinari e impianti), il primo fattore produttivo risulta essere più
tassato rispetto al secondo. Ma occorrono alcune cautele. Innanzitutto, ciò
è vero soprattutto se si guarda al cuneo sull’investimento marginale, mentre la
distanza nella tassazione dei due fattori produttivi è minore se si guarda al
cuneo su un investimento che genera extraprofitti. In secondo luogo, il dato
riportato nella tabella 2 è una media di due cunei molto diversi, sul capitale
proprio (25,6 per cento) e su quello di debito (-54,2 per cento). Detto
altrimenti, un investimento finanziato con capitale proprio è tassato in modo
non troppo difforme dal lavoro, mentre a essere fortemente sussidiato
fiscalmente è un investimento finanziato con debito. Questa discrepanza peraltro
dipende dall’Ires, dato che l’Irap tratta in modo esattamente uguale le
diverse fonti di finanziamento (sia gli utili che gli interessi passivi sono
tassati).
Un migliore equilibrio nel trattamento fiscale dei due fattori
produttivi, lavoro e capitale, dovrebbe allora prima di tutto essere perseguito
attraverso una maggiore neutralità nel trattamento fiscale degli investimenti, a
seconda della fonte di finanziamento utilizzata, piuttosto che aumentando
indiscriminatamente la tassazione del fattore capitale, rispetto a quella del
lavoro. L’attenzione quindi non dovrebbe essere concentrata solo sull’Irap.
(1) L’inclusione del Tfr tra i costi per le imprese potrebbe essere
discutibile, ma si è preferito tenerne conto, sia per la rilevanza
dell’aliquota, sia per le prospettive future di destinazione di questi
accantonamenti ai fondi pensione.
Per 100 euro di salario, il costo per l’impresa è:
100+33,08+6,91+0,0425*(100+33,08+6,91)= 145,94. Il cuneo di imposta di 31,8 per
cento è dato dalla differenza fra costo del lavoro per l’impresa e il salario
per il lavoratore (145,94-100), espressa in percentuale del costo del lavoro
(145,94).
(2) La tabella è costruita ipotizzando: un tasso
reale di mercato del 5 per cento, un tasso di inflazione del 2 per cento, un
investimento in macchinari e impianti con ammortamento fiscale del 13,25 per
cento e ammortamento effettivo del 17,5 per cento, un mix di finanziamento pari
al 55 per cento di debito e 45 per cento di capitale proprio (autofinanziamento
e nuovi apporti capitale). Archivio Fisco
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