Con la presentazione al Senato dell'emendamento sulla riforma dell'Ire,
la riforma fiscale ha raggiunto un sufficiente grado di definizione. In ogni
caso, è sulla base di esso che i cittadini potranno misurare il grado di
realizzazione dei programmi del Governo in questa legislatura.
La riforma dell'Irpef è stata realizzata, come noto, in due fasi, la prima
delle quali è stata attuata nel 2003. Qui facciamo il punto della valutazione
dei suoi effetti, considerando dapprima il secondo modulo, varato con la
Finanziaria per il 2005, e presentando successivamente elementi di valutazione
sulla riforma complessiva.
Il secondo modulo
Dopo un mese di vivace discussione all'interno della maggioranza, che a un
certo punto è sembrata sfociare nella rinuncia al varo del secondo modulo,
dall'emendamento finale emerge una struttura dell'Ire a tutti gli effetti di
quattro aliquote dal 23 al 43 per cento. Su questo aspetto ci siamo già
soffermati in
un precedente articolo .
L'aspetto più innovativo a cui ha portato il dibattito delle ultime settimane
è costituito da una nuova struttura di deduzioni per carichi di famiglia
(coniuge, minori), con interventi di favore nei confronti dei minori con
meno di tre anni o portatori di handicap e deduzioni per spese per
servizi di cura . Scompaiono quindi le vecchie detrazioni per famigliari a
carico e anche la detrazione speciale per dipendenti, autonomi e pensionati. È
da segnalare che, rispetto agli annunci di un mese fa, nell'emendamento non v'è
traccia dell'aumento degli assegni familiari. Il costo di questa tranche
di riforma è valutabile in 6,5 miliardi di euro.
La tabella 1 mostra la distribuzione degli sgravi fiscali medi per livelli di
reddito imponibile, sui contribuenti individuali. Vengono confermati gli aspetti
di iniquità distributiva della misura già segnalati: in sintesi, al 50
per cento più povero dei contribuenti va il 12,5 per cento dello sgravio mentre
il 16,5 per cento dei contribuenti più ricchi gode del 60 per cento del totale.
Nella figura 1 le barre mostrano la distribuzione di frequenza dei contribuenti
per classi di reddito complessivo, mentre la linea indica il risparmio medio di
imposta per ogni classe: lo sgravio ha generalmente un andamento crescente,
temperato solo nell'intervallo tra 45 e 80mila euro di imponibile in ragione del
venire meno delle deduzioni familiari. L'effetto di abbassamento delle aliquote
più elevate gonfia poi gli sgravi per i redditi più elevati.
Su base familiare – quella più rilevante per valutare gli effetti
distributivi – l'esito del secondo modulo è sintetizzato nella tabella 2, in
cui, per decili di reddito equivalente, sono presentati gli sgravi fiscali in
euro (non equivalenti). Lo sgravio medio per famiglia è di 325 euro, ma al
risparmio di 17 euro delle famiglie del primo decile si contrappone quello di
1.164 euro del decimo delle famiglie più benestanti. La insoddisfacente
performance distributiva è attribuibile sostanzialmente all'incapacità
dell'Ire di affrontare le condizioni economiche delle famiglie incapienti.
L'abbandono della proposta di aumento degli assegni familiari, un trasferimento
che raggiunge anche i lavoratori dipendenti e pensionati che non pagano l'Irpef,
rende quindi ancora più evidente questo limite della riforma.
Se immaginiamo di dividere la famiglie italiane in tre gruppi definiti per
valori crescenti di reddito, si può dire che il 30 per cento più povero
ottiene in media un risparmio annuo di circa 70-100 euro; le classi medie di
circa 200, mentre il 30 per cento più benestante ottiene un risparmio variabile
tra i 500 e 1.200 euro. A conferma di queste differenze, si noti che il 20 per
cento più ricco ottiene il 51 per cento dei risparmi totali di imposta.
La tabella 3 mostra poi la dimensione degli sgravi medi per alcune
tipologie di famiglie, differenziate per condizione professionale del
capofamiglia. Le famiglie dei pensionati, ad esempio, pur rappresentando il 40
per cento delle famiglie italiane, ottengono solo il 22 per cento degli sgravi
totali.
La riforma complessiva
La riforma nel suo complesso (primo e secondo modulo) comporterà una
riduzione dell'incidenza media di poco più del 2 per cento del reddito
imponibile. La sua distribuzione per decili è documentata dalla tabella 4 e
dalla figura 2. Anche tenendo conto del fatto che il primo modulo della riforma
era più orientato alle famiglie meno abbienti, la maggioranza delle famiglie
appartenenti ai primi due decili di reddito non ha ricevuto benefici
significativi. E si conferma la modesta efficacia sulle famiglie dei primi due
decili. In percentuale dell'imponibile, lo sgravio complessivo decresce dal 3,4
per cento delle famiglie del terzo decile sino all'1,5 di quelle più agiate.
Questo esito è però il risultato dell'applicazione di due strumenti: la progressività
(definita dalla struttura delle aliquote e delle detrazioni della no tax
area) e la sostituzione delle detrazioni per carichi familiari con deduzioni.
Nella figura 3 si tenta una scomposizione del ruolo relativo di questi due
strumenti. Si osserva che la gran parte dello sgravio è attribuibile alla
modificazione delle aliquote, mentre un peso dell'ordine di appena il 10 per
cento deriva dalla introduzione delle deduzioni per familiari a carico. Appare
quindi impropria l'enfasi posta da alcuni commentatori sull'importanza di questa
riforma per la famiglia, soprattutto se si tiene conto che dal prossimo anno si
profila l'abolizione dell'assegno di mille euro per il secondo figlio.
La componente delle deduzioni familiari ha però un ruolo nettamente più
importante per le famiglie più povere, dato che rispetto alle precedenti
detrazioni, le deduzioni sono state disegnate in modo selettivo (si annullano
per imponibili attorno a 80mila euro).
Una riforma al 25 per cento
Rispetto agli annunci contenuti nella legge delega di riforma del sistema
fiscale e alla struttura a due aliquote là indicata, la promessa appare
realizzata per meno della metà. Ma in altri settori le promesse sono state
mancate in misura
maggiore.
L'abolizione dell'Irap prometteva sgravi alle imprese per 33 miliardi,
realizzati solo per 500 milioni. Altre imposte sono state aumentate. Limitando
l'attenzione solo a quelle messe in campo con la Finanziaria per il 2005, si
potrebbe fornire una più adeguata valutazione dell'impatto delle riforme
fiscali sulle famiglia tenendo conto, ad esempio, di parte delle maggiori
imposte introdotte (studi di settore, catasto, Tarsu, accise, giochi e lotto,
acconti Irpef, eccetera).
Pur con notevole approssimazione, si può stimare che sulle famiglie finiranno
per gravare 5 miliardi di ulteriori tributi. Lo sgravio netto per le
famiglie si ridurrebbe in questo modo a poco più di 7 miliardi; un quarto di
quanto promesso.
Per le tabelle:
Le famiglie dopo la riforma fiscale
Archivio Fisco
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