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23/01/2008 Le ragioni di una mossa a sorpresa (Carlo Favero, http://www.lavoce.info)

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L'intervento di ieri del Fomc è un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità di entrare in una fase di alta volatilità, con fenomeni di panico irrazionale. Nel lungo periodo la diminuzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri generata dal potenziale rallentamento dell'economia e stabilizzare così il mercato.Bernanke lo aveva già spiegato nel 2003.

Alle 14.20 (ora italiana) di ieri il Federal Open Market Committee (Fomc) ha approvato una riduzione del 75 per cento del tasso di riferimento per la politica monetaria, il Federal Fund Target, dal 4,25 per cento al 3,5 per cento, allo stesso tempo anche il tasso di sconto è stato ridotto dello stesso ammontare e fissato al 4 per cento.

MANOVRA INUSUALE

La manovra è inusuale sia per la tempistica sia per le dimensioni. Infatti il Federal Fund Target viene normalmente fissato nei meeting del Fomc che sono programmati con un calendario noto con un orizzonte di un anno (http://www.federalreserve.gov/monetarypolicy/fomc.htm#calendars) e il tasso viene normalmente cambiato con movimenti piccoli, di 25 punti base. Nessun incontro era previsto per ieri e sulla base delle indicazioni del Federal Fund Future a 30 giorni (www.cbot.com) i mercati si aspettavano un taglio di 25 punti base in occasione del prossimo meeting del Fomc in programma per il 29 e 30 gennaio 2008. Credo che le ragioni di questa mossa a sorpresa non vadano ricercate nei modelli di equilibrio generale di stile neo-keynesiano, che non hanno ancora raggiunto il grado di complicazione necessario per integrare le fluttuazioni dei mercati finanziari con le fluttuazioni macroeconomiche, soprattutto per quanto riguarda la rilevanza del premio per il rischio, ossia del rendimento in eccesso rispetto al tasso di politica monetaria (risk-free) richiesto dai mercati per detenere attività rischiose. Credo invece che le ragioni di questa mossa vadano ricercate in un modello di equilibrio parziale mirato a valutare empiricamente le relazioni tra politica monetaria e mercato azionario.

IL MODELLO DI BERNANKE

Tale modello è descritto in maniera molto lucida e chiara in un intervento del professor Ben Bernanke alla London School of Economics il 9 ottobre 2003 (http://www.federalreserve.gov/BoardDocs/Speeches/2003/20031002/ ).
Nel discorso, Bernanke riporta i risultati di ricerche condotte da Kenneth Kuttner assieme a un coautore in cui si affrontano due questioni. La prima è qual è l’effetto di mosse di politica monetaria sui mercati azionari, la seconda è quali sono le ragioni di questo effetto.
La risposta empirica alla prima domanda è basata sulla costruzione di un indice della politica monetaria non anticipata basato sulla differenza tra il Federal Fund rate atteso dai mercati (cioè quello basato sul Federal Fund Future) e il Federal Fund rate effettivamente realizzato nei giorni in cui il Fomc si è riunito per prendere decisioni. Il risultato è che in media un taglio a sorpresa dei tassi di interesse da parte della Fed di 25 punti base genera un rialzo dei mercati azionari tra 0,75 e 1,5 punti percentuali. Sulla base di queste stime possiamo avanzare la congettura che, se non avessimo visto il taglio di ieri, inatteso per mezzo punto percentuale, la borsa americana sarebbe scesa tra un 1,5 e un 3 per cento in più del meno uno per cento effettivamente registrato.
La risposta alla seconda domanda è basata su un modello di equilibrio parziale che identifica tre determinanti del valore delle azioni: il flusso di dividendi futuro, i tassi di interesse risk-free futuri e la rischiosità percepita dell’investimento azionario (il risk-premium). Il valore di equilibrio del mercato azionario riflette il flusso di dividendi futuri scontato a tassi che esprimono le aspettative per il risk-free e il premio al rischio. Kuttner e il suo coautore trovano che la politica monetaria influenza il mercato azionario non tanto attraverso un impatto sui dividendi attesi o sul risk-free rate, ma piuttosto influenzando la rischiosità percepita dell’investimento azionario.
Alla luce di questa evidenza, la mossa di ieri può essere interpretata attraverso gli effetti di breve periodo e degli effetti di lungo periodo. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità di entrare in una fase di alta volatilità, dove fenomeni di panico irrazionale prendono il sopravvento (cosa sarebbe successo ieri se gli indici americani avessero perso il quattro per cento anziché un ordinario uno per cento?). Nel lungo periodo la riduzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri che il potenziale rallentamento dell’economia genererebbe e stabilizzare così le fluttuazioni del mercato.
Ritengo l’intervento di ieri un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica.

http://www.lavoce.info

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