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29/08/2006 Nuove Banche e Nuova Governance alla Prova (Francesco Vella, www.lavoce.info)

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    Intesa e San Paolo hanno scelto di sperimentare, per la nuova banca che nascerà dalla fusione, un nuovo sistema di governance. Con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione. Si rischiano però cortocircuiti che si dovranno evitare utilizzando l’autonomia statutaria.

    Il sistema dualistico

    La banca che nascerà dalla fusione tra Intesa e San Paolo sarà governata da uno dei nuovi sistemi di amministrazione introdotti dalla riforma societaria, quello dualistico che prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza e un consiglio di gestione. Finora le uniche notizie disponibili riguardano la ripartizione delle presidenze dei due nuovi organi ed è quindi prematura ogni valutazione sugli assetti di governance, ma è innegabile l’interesse (e inevitabile qualche interrogativo) per il primo caso di una grande banca italiana che sceglie un modello di amministrazione alternativo a quello tradizionale. Anche perché finora questo modello non ha riscosso grande successo nelle società, grandi e piccole, che nella stragrande maggioranza continuano ad utilizzare i vecchi e sperimentati consiglio di amministrazione e collegio sindacale Nel sistema dualistico il consiglio di sorveglianza, nominato dall’assemblea, ha compiti analoghi a quelli del collegio sindacale, ai quali si sommano il potere di approvazione del bilancio e, qualora lo preveda la statuto, la possibilità di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società. A sua volta il consiglio di sorveglianza nomina i membri del consiglio di gestione che amministra la società. Il modello di riferimento è quello tedesco che però, come sottolinea Marco Onado (1), trova la sua ragion d’essere soprattutto nell’esigenza di dare rappresentanza nell’organo di sorveglianza ai lavoratori, ipotesi volutamente esclusa dal nostro legislatore. In Germania si discute molto della reale funzionalità di questo sistema, anche se non esistono riscontri empirici su una sua presunta inefficienza (2). In Italia l’obiettivo dovrebbe essere quello di agevolare il governo societario in presenza di compagini sociali diffuse e laddove in maggior misura si "realizza la dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali)" (3).

    Troppo vicini controllori e gestori?

    E’ evidente che vengono alleggeriti i poteri dei soci, spossessati della approvazione del bilancio, mentre nel consiglio di sorveglianza si concentrano poteri para-assemblari (appunto l’approvazione del bilancio) e di controllo sull’amministrazione ai quali lo statuto può aggiungere competenze di macro-gestione (deliberare su operazioni e piani strategici). Il rischio è che questa commistione di competenze incida soprattutto sulla reale capacità di "sorveglianza" dell’organo, perchè oggettivamente si attenuano le caratteristiche di distacco e terzietà necessarie per un auspicabile e buon funzionamento dei controlli interni (per esempio, il consiglio di sorveglianza potrebbe essere chiamato a valutare la regolarità di operazioni che lui stesso autorizza). E’ questo un rischio particolarmente sentito nel settore bancario, dove la disciplina speciale ha da tempo individuato in un efficiente apparato di controlli interni sull’ adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e contabile degli intermediari: uno, se non il principale, dei presidi portanti del principio della "sana e prudente gestione". Ed infatti, dopo la riforma societaria, le autorità di vigilanza hanno imposto alle banche che scelgono sistemi di amministrazione diversi da quello tradizionale di "adottare idonee cautele statutarie, regolamentari e organizzative, volte a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli per la correttezza e la regolarità della gestione derivanti dalla compresenza nello stesso organo di funzioni gestorie e di controllo" (4). E recenti studi consigliano alcune misure come la rigida delimitazione dei poteri macrogestori del consiglio di sorveglianza soltanto per le operazioni che più incidono sul patrimonio della società e l’introduzione di uno specifico comitato di controllo interno (5). Altri interventi potrebbero riguardare la composizione del consiglio, particolarmente attenta nel rafforzare i requisiti di professionalità e soprattutto di indipendenza dei suoi membri.

    La vera sfida

    In sostanza, non bisogna certo preoccuparsi se, anche per un problema di equilibri interni, vengono sperimentati i nuovi modelli che l’ordinamento mette a disposizione, ma all’ autonomia statutaria spetterà il difficile compito di superare le loro "criticità". E’ questa, al di là degli annunci, la vera sfida per le banche ma anche per le autorità di vigilanza, sul terreno della governance.

    1)  M. ONADO, Un progetto europeo e i dubbi da sciogliere, Il Sole 24 Ore, 26/8/2006
    2)  B. CATTERO, Codeterminazione:il caso Germania, Il Mulino, 2005, p. 1125 ss.
    3)  Così la relazione di accompagnamento alla riforma societaria ( decreto legislativo n 6, 17/ 1/2003).
    4) Decreto del Ministero del Tesoro,n. 1419 del 26/8/2004
    5)  G.D. MOSCO, Rafforzamento dei controlli interni e indebolimenti sistematici degli organi di sorveglianza, in AGE, Analisi Giuridica dell’Economia, n. 1/2006, p. 43.


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