Alla vigilia
dell’esercizio della delega legislativa, prevista dalla legge sul Risparmio,
relativa al recepimento della direttiva europea sul "prospetto
informativo", sono opportune alcune riflessioni, pensando soprattutto ai
prospetti riguardanti le società quotate o quotande in Borsa.
La leggibilità
Un primo aspetto interessante concerne la leggibilità .
Nonostante la direttiva preveda che ciascun compilatore possa raggruppare
liberamente le informazioni all’interno del documento, la quasi totalità dei
prospetti utilizza quale formato di presentazione la sequenza di contenuti
come stabilita dal regolamento. Tale impostazione non è agevole per il
lettore ed è lontana dagli standard internazionali, che hanno maturato negli
anni caratteristiche di minore frammentarietà. Non sarebbe
disprezzabile una iniziativa per definire un format maggiormente fruibile.
Inoltre, l’italiano dei prospetti non è certo adatto al cittadino
comune. Si tratta di un "legalese" pieno di ripetizioni e involuto,
difficilmente affrontabile da un lettore non professionale. Non è un caso se
già molti anni fa la Sec americana si sentì in dovere di lanciare un
programma di plain english per rendere leggibili i prospetti
pubblicati negli Stati Uniti: uso della prima persona plurale ("noi", non
l’eterea figura dell’Emittente), frasi brevi, nessuna ripetizione di ciò che
è già stato detto.
Il ruolo della Consob
Un secondo profilo di grande importanza riguarda la
tempistica e i contenuti dello scrutinio della Consob.
La direttiva stabilisce tempi brevi: venti giorni al massimo. Dietro
alla rapidità, c’è un’idea molto chiara: l’attività di controllo che
l’autorità competente deve effettuare consiste esclusivamente nella verifica
della completezza del prospetto, la quale comprende la verifica della
coerenza dell’informazione fornita e della sua comprensibilità. Per la
veridicità e, più in generale, la qualità dei contenuti vige un regime di
autoresponsabilità dei redattori.
Il regolamento oggi in vigore, invece, fa decorrere i venti giorni dalla
data di ammissione a quotazione, ma chiede che la bozza del prospetto venga
trasmessa al momento della richiesta dell’ammissione stessa (nella prassi
sessanta giorni prima). Cosicché i giorni diventano ottanta, e non venti.
Sarebbe opportuno che questo aspetto fosse regolato dalla legge.
L’attività della Consob in fase di scrutinio è poi molto intensa: gli uffici
entrano nei dettagli e richiedono modifiche redazionali nella composizione
di pressoché tutti le parti del prospetto.
Secondo la direttiva, invece, la richiesta di informazioni supplementari
non dovrebbe rappresentare la normalità, ma l’eccezione. E l’Autorità
dovrebbe effettuarla solo per "motivi ragionevoli".
L’idea che Consob debba fare più di quanto richiesto dalla direttiva è
talmente diffusa che, con una svista "freudiana" il redattore della delega
ha tramutato la verifica "della completezza del prospetto" nella verifica
della "completezza delle informazioni nello stesso contenute".
A giustificazione dell’atteggiamento della Consob, va però detto che spesso
le bozze di prospetto presentate sono qualitativamente modeste e
incomplete. Da qui nasce un circolo vizioso: i redattori del prospetto,
sapendo che tanto ci vorranno settimane per giungere alla versione finale,
non si curano molto della qualità di quella iniziale; l’Autorità di
vigilanza è costretta, con un impegno particolarmente gravoso e
apprezzabile, a molte richieste perché il testo su cui lavora è inadeguato.
Si tratta tuttavia di un sistema che non funziona. Da un lato,
l’intensità dell’attività della Consob mal si concilia con il fatto che
comunque non dovrebbe essere ritenuta responsabile di eventuali omissioni o
falsità presenti nel Prospetto. D’altro canto, la tempistica di rilascio del
nulla-osta è diventata uno degli elementi critici nella strutturazione delle
operazioni, mentre dovrebbe trattarsi di un atto dovuto nei tempi previsti,
in presenza dei requisiti di legge.
Il regime di responsabilità
Terzo aspetto critico è quello del regime di
responsabilità del prospetto. La delega individua una figura, quella del "responsabile
del collocamento", finora presente solo nei regolamenti della Consob e
prevede la sua responsabilità in presenza di informazioni false o di
omissioni rilevanti.
Tale impostazione non è prevista dalla direttiva, che tuttavia su questo
punto si limita a indicazioni minimali. Inoltre, bisogna osservare che, nel
caso di quotazione con collocamento a soli investitori istituzionali, tale
figura non esiste: sarebbe curioso che analoga responsabilità venisse
imposta sullo sponsor non in base a una norma primaria.
Nelle altre giurisdizioni europee le scelte su questo tema delicato non sono
omogenee. Tuttavia, laddove si richiede all’intermediario di effettuare una
dichiarazione sul contenuto del prospetto, si consente di limitarne
l’estensione ad alcune parti del documento. Oppure si dà atto che
l’intermediario ha effettuato con la diligenza professionale richiesta
adeguate procedure di verifica e che da tali procedure non sono emerse
omissioni o inesattezze rilevanti.
Porre una presunzione legale di responsabilità sugli intermediari italiani
sarebbe profondamente errato e porterebbe solo a un aumento del costo
dell’operazione e del capitale per le imprese o ad arbitraggi
regolamentari con altre giurisdizioni, proprio in un momento in cui
l’integrazione dei mercati rende sempre più necessario un level playing
field .
Infine, è sorprendente che, nonostante l’entrata in vigore della direttiva,
continuino a essere applicati alcuni schemi ormai abrogati per gli
annunci obbligatori. C’è da chiedersi se tale situazione sia legittima,
posto che qualsiasi contenuto difforme da quanto previsto dalle norme
dovrebbe essere autorizzato solo in base a valide motivazioni e in
situazioni eccezionali. Forse anche per questo delicato aspetto, sarebbe
meglio che la legge intervenisse direttamente.
Alcune scelte di policy nel recepimento della direttiva prospetto
saranno critiche per il buon funzionamento del mercato primario italiano.
Come ha recentemente ricordato il governatore della Banca d’Italia, Mario
Draghi, nelle sue prime "Considerazioni finali", "la regolamentazione deve
perseguire un equilibrio tra tutela dell’investitore e minimizzazione dei
costi per le imprese
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