La riforma della Banca d’Italia deve rispettare i
vincoli comunitari derivanti dal trattato di Maastricht e dalla
qualità di membro del direttivo della BCE del Governatore. Sono vincoli che
difendono l’indipendenza e l’autonomia delle banche centrali, imponendo alle
legislazioni dei paesi dell’Unione Europea criteri coerenti con il Trattato.
Questo è il motivo per il quale tutte le iniziative in questo settore devono
ricevere il parere obbligatorio, ma non vincolante, della Banca Centrale
Europea.
La BCE già nel 2004 ha dato un primo parere sull’originario testo del
disegno di legge sul risparmio che prevedeva il mandato a termine del
governatore.
E’ quindi importante valutare gli orientamenti della BCE per verificare la
concreta fattibilità delle diverse ipotesi di riforma.
Bisogna in primo luogo liberare il campo da un equivoco: nel documento 2004
la BCE non prendeva, e non poteva prendere, in alcun modo
posizione sulle modalità attraverso le quali realizzare la riforma, se cioè
attraverso una nuova disciplina legislativa o il rinvio a norme
autoregolamentari; sono, queste modalità affidate alla libera scelta dei
paesi membri.
Il mandato a termine e il periodo transitorio
La BCE svolgeva, invece, alcune considerazioni, sia sulla
durata dell’incarico del governatore, sia su altri rilevanti aspetti che
meritano di essere ricordati. Innanzitutto accoglieva con evidente e ovvio
favore la proposta di un mandato del governatore di 8 anni non rinnovabile e
revocabile soltanto nei casi previsti dall’articolo 14 dello statuto della
BCE e cioè nelle ipotesi di gravi mancanze e del venir meno delle condizioni
richieste per l’espletamento delle funzioni, tenendo presente che comunque
il governatore eventualmente rimosso può sempre tutelarsi con il ricorso
alla
Corte di Giustizia.
La BCE criticava però l’assenza di una norma transitoria
per il governatore in carica, coerente con lo stesso art. 14, secondo il
quale la durata del mandato dei singoli governatori delle banche centrali
nazionali non può mai essere inferiore ai 5 anni, ma esprimeva la
consapevolezza della "eccezionalità" della situazione italiana dovuta alla
mancanza di qualsiasi limite.
Non vi è dubbio che quella posizione è opportuna e assolutamente
coerente con i principi comunitari, altrimenti qualsiasi governo
potrebbe con un intervento legislativo liberarsi di un governatore scomodo.
Nella valutazione della congruità del periodo transitorio si deve, però,
tener conto della specifica situazione nazionale, soprattutto, poi, se la
riforma non investe solo il mandato, ma configura (cosa che il disegno di
legge del 2004 non faceva) una più radicale modifica dell’assetto di governo
della Banca Centrale.
La proposta, contenuta
nell’intervento del 29 luglio pubblicato su lavoce.info prevede
l’adozione per la Banca d’Italia di una struttura simile a quella della BCE,
con un funzionamento collegiale e con la previsione di analoghe norme per il
mandato dei membri del direttorio, e quindi con la revisione delle
caratteristiche della figura del governatore e delle sue competenze
monocratiche. Sebbene il Trattato non imponga ai paesi membri l’adozione di
un determinato modello organizzativo per la loro Banca Centrale, è
inevitabile che la BCE, come in parte emerge dal parere del 2001 sulla
riforma della Bundesbank, guardi con favore a questa
innovazione.
In questo caso vi sarebbe, quindi, una profonda modifica di tutta
l’organizzazione della Banca Centrale che giustifica, anche in un ottica
comunitaria, un periodo transitorio ridotto. Non ci si può certo nascondere
che su questa materia l’interpretazione delle norme si presta a qualche
ambiguità, d’altronde si tratta di trovare una soluzione equilibrata
che senza violare i principi del Trattato consenta una rapida ed
effettiva entrata in vigore della riforma, soprattutto quando questa mira a
risolvere con urgenza situazioni oggettivamente patologiche dove risultano
violati quei valori di indipendenza e imparzialità ai quali fanno esplicito
riferimento anche i codici di condotta interni alla stessa BCE.
Indipendenza, accountability e politica
E’ importante ricordare che nel suo parere la BCE
sottolineava altre novità contenute nel disegno di legge del 2004 per
incrementare la trasparenza dei processi decisionali e
garantire una adeguata accountabilitry, elementi intimamente connessi e
complementari alla indipendenza operativa delle autorità di vigilanza. E’
quindi evidente la necessità di intervenire con rapidità, organicità e
puntualità anche su questi aspetti, perché la tutela dell’indipendenza non
si trasformi in incentivo ad una pericolosa autoreferenzialità.
Vi è, infine, un ultimo profilo che la BCE prendeva in considerazione e che
si rivela cruciale per una riforma che voglia rispettare gli imprescindibili
presidi di autonomia dell’autorità di vigilanza.
Una prima versione del progetto di legge sulla tutela del risparmio del 2004
attribuiva al CICR penetranti competenze in materia di vigilanza con una
norma che sembrava recuperare i poteri di indirizzo politico previsti dalla
vecchia legislazione bancaria. Quella norma, dopo un autentica levata di
scudi, fu successivamente eliminata e la BCE esprimeva tutto il suo
compiacimento per il fatto che il legislatore aveva evitato di trasformare
la riforma delle autorità in un subdolo tentativo per sottoporle ad un
controllo politico. E’ un monito ancora valido e un utilissimo presidio
comunitario contro il rischio, sempre in agguato nel nostro paese, che
ritornino vecchi fantasmi.
Banca Centrale Europea - Codice di Condotta per i membri del Consiglio Direttivo versione pdf
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