Anche la saggezza proverbiale sa che "prendere
due piccioni con una fava" è un esito di per sé non impossibile,
ma comunque affidato a circostanze fortuite e fortunate.
La teoria economica - le cui proposizioni, come sostenne molti
anni fa Paul Samuelson, poche volte trascendono l'ovvio (benché
si muovano entro i suoi confini con grande eleganza) - avverte i
responsabili della politica economica che non è cosa buona
impiegare strumenti in numero inferiore agli obiettivi che si
perseguono.
È naturale aggiungere: tanto meno lo è, se si possono avere a
disposizione strumenti in quantità maggiore, e più acconci.
Le banche, la concorrenza e la stabilità
La relazione tra strumenti e obiettivi mette a fuoco un
profilo importante di cui si è occupato l'Antitrust, il
29 gennaio scorso, davanti alla commissione bilaterale per
un'indagine conoscitiva sulla tutela del risparmio, intervenendo
in merito alla vexata quaestio su concorrenza e stabilità
nel settore bancario.
Secondo la normativa vigente, l'acquisizione di una banca deve
essere autorizzata sia dall'Autorità di concorrenza, la quale
accerta che non si crei una "posizione dominante" nel mercato
(articolo 20 della legge 287/90), sia dall'Autorità di
vigilanza, la quale accerta che ricorrano le condizioni di una
"gestione sana e prudente" della banca (articolo 19, comma 5,
del
Testo unico bancario).
Oggi, la Banca d'Italia è il soggetto che applica entrambe le
norme. Si discute dell'opportunità di ripartire le competenze
per "funzioni": la concorrenza all'Antitrust, la stabilità alla
Banca d'Italia.
Ma molte delle difficoltà all'origine della discussione
potrebbero mantenersi immodificate, anche dopo una
ripartizione delle competenze, fintanto che al perseguimento
di due finalità distinte resta allocato un unico strumento
"strutturale", il controllo delle concentrazioni.
Circostanze e soluzioni diverse
Dinanzi alla commissione bilaterale, il governatore Antonio
Fazio ha sostenuto la sinergia tra obiettivi di
concorrenza e di stabilità. Ma tale sinergia sembra nascere dal
ricorso allo stesso strumento, più che da una congruenza tra le
due finalità.
Il divieto di una concentrazione che crea una posizione
dominante potrebbe, infatti, porre problemi di stabilità se, per
esempio, la banca acquisita dovesse essere a rischio di
fallimento, con effetti di destabilizzazione del sistema dei
crediti e dei debiti, nonché di una ampia dissipazione del
capitale informativo incastonato nelle relazioni di clientela.
Specularmente, la crescita esterna di una banca, anche se non
dà luogo a posizione dominante, potrebbe mettere a rischio la
stabilità, se si realizza in forme che ne indeboliscono la "sana
e prudente gestione".
Il
Testo unico paventa tale possibilità, non solo per la
modifica del controllo, ma anche per la partecipazione di
minoranza qualificata nel capitale di una banca.
È opportuno, allora, distinguere tra diverse
circostanze. Nel caso di una concentrazione che crea una
posizione dominante, ma può favorire la stabilità (per esempio,
quando una grande banca ne acquisisce un'altra in difficoltà),
l'Antitrust ha suggerito una soluzione semplice: l'Autorità di
concorrenza potrebbe autorizzare l'operazione se, con parere
motivato, l'Autorità di vigilanza mostra che essa è strettamente
necessaria alla stabilità.
Questo schema di soluzione è ben conosciuto dal diritto
antitrust (si veda il caso di autorizzazione di intese
vietate) ed esiste una consolidata giurisprudenza sulla
condizione di stretta necessità.
L'autorizzazione, inoltre, accenderebbe un riflettore su
possibili comportamenti abusivi della banca in posizione
dominante.
L'articolo 19
Diverso è il caso in cui la "gestione sana e prudente" della
banca fosse messa a repentaglio da una modifica del controllo, o
della sola partecipazione al capitale, di una banca, senza
effetti negativi sulle condizioni di concorrenza nel mercato.
A ben vedere, l'articolo 19 del
Testo unico, nel farsi carico di questa circostanza, tiene
conto di due distinte preoccupazioni. Quando l'acquirente è un'impresa
non bancaria è in gioco il principio di separazione tra
banca e industria. L'intervento "strutturale" – autorizzare o
vietare l'acquisizione – può essere uno strumento
appropriato all'obiettivo di stabilità. Lo stesso strumento è
irrilevante per la concorrenza, giacché acquirente e acquisita
operano in mercati diversi. Quando l'acquirente è un'altra
banca, assegnare all'obiettivo della "sana e prudente
gestione" uno strumento "strutturale", come fa il
Testo unico, potrebbe, invece, condurre a un contrasto tra
finalità di stabilità e finalità di concorrenza.
Nella legislazione antitrust, il principio che la banca è
sottoposta, come ogni altra impresa, alle regole del mercato, si
è consolidato quando è maturato il convincimento che, ai fini di
stabilità, il ricorso a strumenti di regolazione prudenziale
è preferibile alla regolazione strutturale.
Regolazione prudenziale significa che una banca deve
soddisfare requisiti oggettivi e predeterminati di
solidità patrimoniale e di integrità dei soggetti che
partecipano al suo capitale. Ma tali requisiti devono essere
verificati in ogni momento del processo evolutivo di una banca,
e tutte le banche possono e devono essere, pertanto, ugualmente
e costantemente vigilate, secondo i criteri della regolazione
prudenziale, indipendentemente dal fatto che sia in gioco una
fattispecie di concentrazione, che è invece tipicamente soggetta
alla verifica di concorrenza.
È, allora, necessario fare risolutivamente i conti con
l'articolo 19 del
Testo unico bancario: per evitare che l'assegnazione di
strumenti di regolazione strutturale (e non prudenziale) a fini
di stabilità ostacoli il ridisegno dell'architettura dei
controlli secondo un efficiente criterio di ripartizione delle
competenze per funzioni. Il tempo delle regole - Indice Generale dell' Articolo
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