Nel corso della storia le crisi finanziarie, grandi o piccole che siano, sono
sempre stati utili, anche se a volte tragici e costosissimi, stimoli per
legislatori sonnolenti a occuparsi con più attenzione della tutela dei
risparmiatori.
Il rischio è invece quello che l'incredibile gravità delle vicende sulle quali
sta indagando la magistratura generi il classico polverone mediatico, utilizzato
per far passare scelte confuse e affrettate, imposte più dai "bisogni" della
politica che dalla reale consapevolezza dei possibili effetti sul funzionamento
dei mercati e sulla prevenzione dei fenomeni di patologia.
Il dibattito sulle competenze delle autorità di controllo è
emblematico di questo rischio-opportunità.
Da tempo, in molti paesi europei ed extraeuropei è in corso un processo di
revisione delle competenze di vigilanza, fondato sulla sacrosanta convinzione
della assoluta inadeguatezza degli attuali assetti istituzionali nel
fronteggiare i rischi di instabilità degli intermediari e nel garantire
condizioni di trasparenza sui mercati.
È un processo profondo, basato su una attenta e ponderata valutazione dei costi
e dei benefici delle diverse soluzioni possibili. Ad esempio, sul tanto
celebrato caso inglese, nessuno ha ricordato che l'ipotesi del "single regulator"
era stata sottoposta agli elettori già nel programma del 1997 del Labour Party,
e che il Financial Sevices and Markets Act è stato emanato nel 2000 dopo una
fase di consultazione avviata nel 1998, che ha coinvolto tutti i soggetti
interessati (studiosi, rappresentanti delle associazioni di categoria, esponenti
politici eccetera). Fase di consultazione giustificata proprio dall'esigenza di
dare un salutare, ma ben meditato ed efficiente, scossone a un sistema che aveva
creato negli anni Novanta più di una preoccupazione e qualche doloroso salasso
ai sudditi di Sua Maestà.
Un analogo percorso è stato seguito anche in altri ordinamenti che però sono
giunti a risultati diversi.
Una volta superato il tradizionale modello settoriale, e cioè una
suddivisione delle competenze della vigilanza per soggetti, poco funzionale in
mercati finanziari sviluppati con intermediari multi-prodotto, la scelta è stata
tra il regolatore unico e la suddivisione dei poteri di controllo sulla
stabilità e sulla trasparenza tra due distinte autorità.
Un recente studio comparato della
Banca centrale europea mette in evidenza come gli Stati
Parlamento europeo, il Consiglio dell’
Unione europea, la
Commissione europea, la Corte di giustizia e la ...... [continua]',
FGCOLOR, '#EEEEEE', BGCOLOR, '#000000', TEXTCOLOR, '#000000', WIDTH, 200, HEIGHT,
120);" onMouseOut="nd();" >Ue si siano indirizzati verso queste due soluzioni,
mentre il modello settoriale prevale ancora nei nuovi aderenti alla Comunità. Lo
stesso studio richiama però anche un significativo, e troppo spesso
sottovalutato, dato "trasversale": in tutti i sistemi (compresi quelli con il
"single regulator") permane comunque, anche se con diverse modalità, un forte
coinvolgimento della banche centrali nella vigilanza sugli intermediari. (1)
Un sistema né carne né pesce
Il nostro apparato dei controlli non è né carne né pesce, perché in parte
conserva una vocazione settoriale (si pensi ai controlli sulle assicurazioni) e
in parte presenta una suddivisione per obiettivi, che però riguarda soltanto
alcune attività di intermediazione. Si tratta, in sostanza di una "ibridazione"
non certo efficiente, con molte aree grigie dove si possono annidare fenomeni
elusivi.
La riforma, quindi, è un esigenza reale che deve essere soddisfatta
tenendo conto delle peculiarità e della storia del nostro contesto
istituzionale, delle caratteristiche dei mercati e dell'intermediazione. Finora,
i numerosi studi compiuti e le prime rilevazioni sulle esperienze già avviate,
non danno risultati definitivi sul modello ottimale di integrazione delle
competenze di vigilanza.
Il "single regulator" può interloquire con maggiore incisività con i
grandi operatori polifunzionali e ha il vantaggio di consentire maggiori
economie di scala nell'attività di supervisione, prevenendo le difficoltà di
coordinamento tra più autorità, e la nostra esperienza dimostra quanto siano
rilevanti. Il rischio però è che una eccessiva concentrazione di poteri in un
unico, nuovo soggetto solleciti gli appetiti della politica che potrebbe
condizionarne l'autonomia e l'indipendenza. Inoltre, svolgere contemporaneamente
missioni diverse con diverse metodologie di intervento può generare conflitti e
non indifferenti problemi di governance interna (recentemente l'Fsa
inglese ha rivisto la propria struttura organizzativa).
Il modello incardinato su due autorità presenta il vantaggio di una
maggiore specificazione delle singole "missioni", evitando la creazione di
mega-strutture con tutti i relativi rischi di gigantismo burocratico.
La strada migliore
Per il nostro paese, è innegabilmente questa la strada più facilmente
percorribile in tempi ragionevoli, perché in parte è già disegnata dalle norme
del
Testo unico della finanza: consentirebbe perciò una più rapida
razionalizzazione del sistema, accorpando i controlli di stabilità nella Banca
d'Italia, quelli relativi alla trasparenza nella Consob, e attribuendo nel
contempo all'Antitrust tutte le competenze in materia di concorrenza.
Ma non sarebbe sufficiente: per rafforzare i presidi alla tutela del
risparmio bisogna anche occuparsi di altri, forse più spinosi, aspetti della
operatività dei controllori.
Una riforma che abbia l'ambizione di essere tale non può rinunciare a un
ampliamento dei poteri di intervento e sanzionatori delle autorità, al quale
deve però corrispondere una adeguata accountability, e soprattutto una più forte
trasparenza dei processi decisionali e delle strutture di amministrazione e
governo.
Occorre, in sostanza, creare gli strumenti per valutare le performance delle
autorità, perché una vigilanza inefficiente rappresenta un costo, sia per i
vigilati che per la collettività.
Naturalmente, qualsiasi intervento presuppone la condivisione di un valore
comune, senza il quale ogni tentativo di riforma sarebbe oltre che inutile,
pericoloso. Le autorità devono essere responsabili (e pagare quando
sbagliano), ma libere da interferenze politiche, altrimenti non funzionano e
perdono autorevolezza.
Può apparire un concetto ovvio, ma non è affatto scontato: un legislatore che,
al di là dei proclami, volesse dare un segnale concreto in questa direzione,
dovrebbe abolire del tutto organismi come il Cicr nei quali i rischi di
interferenze sono fin troppo evidenti. Lo testimoniano proprio le ultime vicende
nostrane.
(1) European Central Bank, Developments in National Supervisory
Structures, June, 2003
Il tempo delle regole - Indice Generale dell' Articolo
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29/07/2005 Settore Bancario, la Miglior Difesa è l'Attacco Il dibattito sui futuri assetti del settore bancario in Italia e sulla gli orientamenti in materia della Banca d’Italia è attualmente focalizzato sull’apertura del nostro mercato ai gruppi esteri. Minore attenzione viene data a quale debba essere il modello di specializzazione delle nostre banche, soprattutto quelle maggiori. Eppure, si tratta di una questione cruciale, tanto più in una fase in cui l’economia italiana soffre per la scarsa capacità competitiva...
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29/07/2005 Risposte lente e sbagliate Come negli Stati Uniti dopo Enron, la politica si è subito attivata per dare una risposta legislativa allo scandalo Parmalat. Non si può certo dire che alla velocità di reazione iniziale abbiano fatto seguito risultati altrettanto rapidi. Il rischio di far ancora peggio
29/07/2005 Tre punti critici e un Ddl L'esame del disegno di legge per la tutela del risparmio inciampa di nuovo, con le dimissioni del relatore di maggioranza, in un clima rarefatto nel quale le truppe dei sostenitori sembrano ogni giorno assottigliarsi.
Eppure, il provvedimento resta necessario e urgente. Sul fronte internazionale...
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29/07/2005 Gli obiettivi e gli strumenti Anche la saggezza proverbiale sa che "prendere due piccioni con una fava" è un esito di per sé non impossibile, ma comunque affidato a circostanze fortuite e fortunate...
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29/07/2005 Autorità indipendenti: hanno ballato una sola estate Sta avvicinandosi per le Autorità Indipendenti la fase del declino, dopo il ruolo di primo piano giocato negli anni Novanta? O siamo invece in una fase di utile ripensamento per riordinare e razionalizzare il quadro delle Agenzie oggi operanti in Italia? I segnali
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