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25/12/2007 L'altro Natale, segni di speranza del Medio Oriente
(Mattia Bianchi, http://www.korazym.org)
La gioia del
Natale, nonostrante il dolore e la sofferenza di tante realtà. Sono le
contraddizioni di un mondo che sembra aver perso l’orientamento, a
cominciare dal Medio Oriente, dove tuttavia non mancano segni di
speranza. E' il caso dell'Iraq dove quest'anno, per la prima volta il 25
dicembre è festa nazionale. Una giornata di festa che rientra nel più
ampio riconoscimento, voluto dall'esecutivo di Al Maliki, di una intera
settimana di festività in cui tutto il Paese si asterra' dal lavoro. La
decisione è dovuta alla concomitanza di festività osservate dai sunniti,
che dal 19 al 22 celebrano l'Aid al Adha, dagli sciiti, che a loro volta
celebrano tra il 21 e il 24, e dai cristiani che festeggiano il Natale
il 25. ''La decisione del governo è un forte segnale positivo per i
cristiani iracheni'', ha detto mons.Shlemon Warduni, vescovo ausiliare
di Baghdad dei Caldei.
''Proprio in questi giorni - racconta l'arcivescovo - una nostra
delegazione con in testa il patriarca Emmanuel III Delly, da poco creato
cardinale da papa Benedetto XVI, è andata a ringraziare il primo
ministro Nuri al Maliki e a esprimere tutta la nostra gioia. Adesso ci
concentreremo sulla preghiera e sulla meditazione in vista del Natale''.
"Purtroppo - spiega Warduni - per ragioni di sicurezza, dal momento che
non sono cessati ancora attentati terroristici e rapimenti, i riti del
Natale sono sempre piuttosto 'blindati'. Ad esempio la celebrazione
della santa messa che tradizionalmente si svolge a mezzanotte per tutti
i cristiani del mondo, noi la celebreremo nelle prime ore del
pomeriggio". I cristiani iracheni non potranno scambiarsi nemmeno le
visite tra parenti e amici, perché "purtroppo da noi rimangono molti
pericoli e lunga è ancora la strada per arrivare a ciò che come fedeli
desideriamo di più: poter liberamente e pacificamente festeggiare le
nostre ricorrenze religiose''. Nonostante tutto, conclude Warduni,
"continuiamo a pregare e a sperare".
E' lo stesso atteggiamento dei cristiani di Terra Santa, in cerca,
spiega il patriarca di Gerusalemme, monsignor Michel Sabbah, "di una
pace che sembra impossibile". "Ma per arrivare alla pace - dice il
vescovo - occorre credere che israeliani e palestinesi sono in tutto
eguali, con i medesimi diritti e gli stessi doveri e che occorre infine
intraprendere le vie di Dio, che non sono quelle della violenza, sia
essa di Stato o generata dall’estremismo". "I capi religiosi e politici
devono cominciare a comprendere la vocazione universale di questa terra
[…] e sapere che la sua santità consiste non nella esclusione dell’una o
dell’altra religione, ma nella capacità di ogni religione, con tutte le
differenze, di accogliere, rispettare e amare tutti coloro che abitano
questa terra". Il patriarca ricorda inoltre che "tutta la regione è in
scompiglio a causa del conflitto in Terra Santa. In Libano e in Iraq,
come qui, sembra che le forze del male si siano scatenate, decise a
proseguire la marcia sulle vie della morte, della esclusione e della
dominazione. Nonostante ciò, crediamo che Dio non ci ha abbandonati:
tutto questo è anzi un appello a ogni uomo e donna di buona volontà per
tornare sulle strade di Dio al fine di instaurare il regno del bene fra
gli uomini, il senso e il rispetto per ogni persona".
Un messaggio di speranza arriva anche dalla Turchia con la condanna
pubblica del premier Recep Erdogan, sugli attacchi ai cristiani. ''Io
celebro il Natale celebrato da tutti i nostri cittadini cristiani'', ha
affermato il premier turco, citato dall'agenzia semiufficiale turca
Anadolu. Erdogan osserva nel suo messaggio che la festa cristiana del
Natale, quella ebraica dell'Hanukkah e quella islamica dell' Eid al-Adha
vengono celebrate negli stessi giorni. ''Possano queste feste rafforzare
la nostra unità e la solidarietà. Questo giorno celebrato dal mondo
crstiano come la nascita di Gesù Cristo porterà affezione,
rispetto,comprensione e tolleranza. Mi auguro che esso sia anche
un'importante opportunità per i nostri sforzi per costruire un mondo in
cui tutti noi possiamo vivere insieme nella pace''. Parole che stridono
con la legislazione ancora presente in Turchia, ma le parole a volte
possono tradursi anche in gesti concreti.
http://www.korazym.org
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