Fondamentale il ruolo di movimenti e associazioni
cattoliche per il successo della festa di sabato: un mondo vario, non un
monolite, che riesce però a trovare una sintesi comune tutt’altro che
scontata. Peccato che sull'altra piazza…
La cronaca del Family Day su Korazym.org

E’ stato un grande successo, il Family Day di sabato pomeriggio. Un
successo sperato e atteso dagli organizzatori, un successo costruito con
la fatica e la volontà di mobilitare tutte le associazioni e i movimenti
del mondo cattolico, alcune fasce del mondo cristiano evangelico, e
anche una fetta di quel mondo laico che guarda con simpatia alle istanze
portate avanti dalla Chiesa italiana. Portare in piazza centinaia di
migliaia di persone non era affatto scontato: un popolo che non
frequenta le piazze e che solitamente è troppo impegnato a portare
avanti la baracca per permettersi una giornata di festa e di
mobilitazione, magari pure un viaggio per/da Roma sulle spalle. Eppure,
con passeggini e pannolini, con figli da cullare o semplicemente da far
divertire, la scommessa è riuscita.
Il merito va ascritto anzitutto alla capacità di mobilitazione dei
movimenti e delle associazioni: il cattolicesimo italiano è sempre più
caratterizzato dalla varietà di esperienze e di iniziative, una
specificità che finora ha saputo trovare motivo di coesione anche
laddove le tensioni politiche (due anni fa e oggi) avrebbero potuto
esser fatali. L’unità non ha affatto cancellato le differenze, che ci
sono e sono evidenti, e affondano le loro motivazioni nella storia e nel
carisma di ogni movimento: non è un caso se la presenza massiccia del
Cammino Neocatecumenale ha fatto il paio con l’atteggiamento timido
della Comunità di Sant’Egidio, o se lo stupore per la presenza a dir
poco striminzita delle associazioni scout supera la positiva impressione
che hanno lasciato le Acli, la cui visibilità è stata per lo meno pari a
quella di altre associazioni o movimenti capaci di grandi numeri (Azione
Cattolica e Comunione e Liberazione su tutti). Quello che appare chiaro
è comunque, in definitiva, la capacità di mediazione raggiunta da queste
realtà, che nel loro insieme non costituiscono affatto un blocco
monolitico e che però hanno e mantengono viva la capacità di coesione
nei momenti che contano. Un tessuto che vive nelle parrocchie del centro
e della periferia del paese, che non è affatto vecchio e anziano, ma
straordinariamente giovane e vitale, e che si è manifestato con una
forza che in molti non si aspettavano: una positiva sorpresa anche per
le gerarchie ecclesiastiche, che sapevano di poter contare su un certo
grado di consenso ma che inevitabilmente non potevano essere certe del
risultato finale in termini di esposizione mediatica e impressione verso
il grande pubblico.
Non essendo un blocco monolitico, la gente che ha partecipato e avrebbe
voluto partecipare al Family Day non è classificabile con etichette
preconfezionate, e non è affatto appiattibile in scelte unidirezionali
dal punto di vista politico-partitico. Ha però vivo il senso della
chiarezza, e attenderà al varco la classe politica anche e soprattutto
sui sostegni concreti alla famiglia, ad iniziare da quella normativa
organica che il paese attende dal momento della nascita della
Repubblica.
In tutto questo, c’è una consolazione e una desolazione. Consola che
rispetto e attenzione al popolo di San Giovanni e alle loro richieste
sia stato manifestato – pur con alcuni distinguo - dai due partiti che
si andranno presto a fondere in quello che dovrebbe diventare uno degli
assi portanti della politica italiana, il futuro Partito Democratico.
Deprime una volta di più invece l’assoluta incapacità degli
organizzatori dell’appuntamento intitolato al “coraggio laico” – la
contro-manifestazione andata in scena in piazza Navona - di cogliere il
tempo che avanza, la rottura di meccanismi vetusti, la pachidermica
preistoria di discorsi che affondano in categorie logorate dalla storia
e dalla vita. Deprime il mediocre e desolante tentativo di chi non ha
saputo fare altro che parlare di “familismo” dei cattolici per svilire
la portata di un appuntamento che ha comunque segnato una svolta
importante. Deprime questa incapacità di una intera parte della classe
politica e di una ampissima fetta di “leader d’opinione” anche e
soprattutto perché la questione dei diritti delle coppie di fatto si
potrebbe e dovrebbe affrontare con sagacia e attenzione, senza
reciproche accuse e controproducenti diktat. Ma il tono delle parole
pronunciate a piazza Navona non fa ben sperare per il prossimo futuro.
Purtroppo.
Archivio PACS e DICO
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