Alla vigilia dell’appuntamento di San Giovanni il
portavoce Savino Pezzotta parla a Korazym.org: “Cogliere le aspirazioni
della piazza, cambiare strada per il futuro del paese”. Dal fisco ai
Dico, passando per piazza Navona…
ROMA – Ci siamo
quasi: la grande mobilitazione sociale a favore della famiglia è pronta
a convogliare in piazza San Giovanni dove domani alle 15 si ritroveranno
migliaia e migliaia di persone, madri padri e figli, per rivendicare
“più famiglia”, in una atmosfera voluta dagli organizzatori come di
festa e di spinta al mondo della politica per una maggiore attenzione
alle esigenze dei nuclei familiari. Del Family Day abbiamo parlato con
Savino Pezzotta, uno dei due portavoce dell’appuntamento del 12 maggio:
la centralità della famiglia, la costruzione di un nuovo modello di
welfare e la richiesta di un fisco amico della famiglia, i dubbi sul
quoziente familiare, il “no” ai Dico e la partecipazione dei politici
alla manifestazione.
Family day, ci siamo quasi: le famiglie in piazza per una festa
e per chiedere maggiore attenzione e aiuto. Sotto questo punto di vista,
quale è la priorità che può essere segnalata sulle altre?
"Bisogna ripensare l’intero Stato sociale, il welfare, e bisogna
inventare un vero welfare familiare: in sostanza tutto ciò che riguarda
il singolo lavoratore, la singola persona deve essere impostato tenendo
presente la famiglia, e non il singolo. E’ una strada obbligata perché è
l’unica strada per bloccare il declino del Paese: se non lo facciamo,
l’Italia non sarà capace di reggere alla sfida mondiale e diventeremo un
paese vecchio, stanco e senza neppure troppi stimoli. La battaglia per
la famiglia è in questo senso una grande battaglia per il futuro del
nostro paese".
Più aiuti fiscali dunque, e fra le modalità è sempre stata
segnalata la formula del quoziente familiare. Uno degli obiettivi è
quello che dà attenzione dal punto di vista fiscale al quoziente
familiare. Alcuni giorni fa sia il premier Prodi che il ministro Bindi
hanno sottolineato le controindicazioni di un sistema di questo genere
che sostanzialmente non aiuterebbe realmente le famiglie povere: pare di
capire che il governo pensi ad un altro genere di interventi piuttosto
che all’introduzione del quoziente familiare. Quale è la sua
impressione?
"Io non ho obiezioni al quoziente familiare, e sono aperto anche ad
altre soluzioni: non sono legato, come dire, all’ideologia del quoziente
familiare. Il problema è che serve un fisco e una disciplina tariffaria
che sia amica delle famiglie, perchè oggi specialmente le famiglie più
numerose sono quelle che pagano di più. E diciamolo: non va bene.
Chiarissimo l’esempio delle tariffe, che dopo un certo consumo aumentano
più che proporzionalmente: un danno rilevante per chi ha due, tre,
quattro figli. Noi chiediamo un fisco che sia amico delle famiglie: dopo
di che presentino pure tutte le soluzioni. A me quella del quoziente non
dispiaceva, ma non mi fossilizzo su un sistema o su un altro. Alla fine
conta il risultato, conta se la famiglia è tutelata, se la famiglia paga
meno tasse per allevare meglio i figli e in presenza di tariffe adeguate
alla consistenza numerica del nucleo familiare".
Il giorno in cui assunse il ruolo di portavoce sottolineò un
aspetto che poi è tornato in secondo piano, quello delle donne sole con
figli…
"E’ un problema grosso nel nostro paese e che nessuno solleva mai: si
tratta di donne che per contingenze varie si trovano un certo numero di
figli a carico. Non solo vedove, ma divorziate o donne nubili: mi è
personalmente capitato di incrociare situazioni davvero difficili, da
questo punto di vista. E mi pare paradossale che vi sia tanto clamore
sulla condizione di altri soggetti e quasi si siano dimenticate
situazioni di questo genere. Si, anche questo è un punto sul quale
occorre fare molto di più".
Potremo dire che la grande mobilitazione del 12 maggio avrà
avuto successo se…
"Io penso che la manifestazione un grande risultato lo abbia
già ottenuto: se fino a un mese fa si parlava solamente di coppie di
fatto oggi si parla invece della famiglia. Abbiamo cioè riportato la
famiglia al centro del dibattito politico e del dibattito pubblico. Un
altro, secondo risultato, sarà quello di poter dare voce alle famiglie
in piazza, poter mostrare cioè quanto i ceti popolari credono nella
famiglia, nel suo ruolo di sicurezza e amore: la sfida sarà quella di
cogliere davvero le aspirazioni di una piazza che chiede misure e
provvedimenti che siano davvero amici della famiglia".
In tutto questo, c’è anche il “no” ai Dico…
"Noi diciamo tanti si. Diciamo si alla centralità della
famiglia come prevede la Costituzione, diciamo si a una legge organica
sulla famiglia, che parta dalle esigenze dei giovani che vogliono
sposarsi e avere figli, e che quindi hanno bisogno di servizi, lavoro e
sostegno economico. Diciamo si a un fisco amico della famiglia e a un
sistema tariffario che non penalizzi le famiglie numerose. E diciamo si
anche al riconoscimento dei bisogni – attenzione, dico bisogni e non
diritti - delle persone conviventi attraverso il diritto comune. Poi, è
vero, diciamo un no, un no chiaro alla legge sui Dico. E’ un solo no fra
tanti sì".
Che ha in qualche modo “motivato” l’altra manifestazione, quella
di piazza Navona…
"Non ci adombriamo, né accusiamo nessuno: semplicemente ci sembrava e ci
sembra inopportuno, di cattivo gusto fare una contro-manifestazione: la
tradizione italiana ha sempre evitato una contro-manifestazione quando
qualcuno scende in piazza… Ma la libertà di ognuno non può che essere
salvaguardata. Diciamo che l’avessero fatta il giorno prima o il giorno
dopo non sarebbe accaduto nulla di grave, ma comunque dal nostro punto
di vista faremo tutto ciò che è possibile per evitare ogni tipo di
tensione e ogni presunta divisione fra mondo laico e mondo cattolico. Il
nostro è anzitutto un grande e forte si alla famiglia".
La partecipazione dei politici al Family day?
"A San Giovanni non dovranno esserci striscioni né bandiere di partito,
ma tutti potranno ovviamente partecipare o aderire al nostro manifesto
sottoscritto già da una settantina di parlamentari. La manifestazione
non è contro il governo: i politici che verranno in piazza saranno lì
per ascoltare ciò che dice il popolo, ciò che chiedono le famiglie. Non
saranno loro i protagonisti".
Quale differenza fra destra e sinistra? In alcune interviste è
sembrato che esprimesse stupore per il fatto che la cultura cui fa
riferimento la sinistra abbia in qualche modo smarrito la consapevolezza
dell’importanza e della centralità della famiglia…
"Non è del tutto esatto. Io continuo a sostenere che al di là
di sinistra e destra, centrosinistra e centrodestra c’è dentro la nostra
società – e nella società europea, non solo in quella italiana - un
confronto culturale (che ha poi dei risvolti esistenziali importanti)
fra una concezione di individualismo libertario che è tutto incentrato
sui diritti dell’individuo e che molte volte si nega alla dimensione
della relazione, e un personalismo sociale che invece è basato
sull’intreccio fra diritti, doveri e responsabilità. Ebbene, questo è lo
scontro vero che attraversa la dimensione europea e sulla quale occorre
decidersi, occorre scegliere. E’ mia convinzione che queste due
concezioni culturali siano trasversali, siano presenti sia nel
centrodestra sia nel centrosinistra, con accentuazioni magari diverse su
alcuni aspetti, ma che sono presenti in ambedue gli schieramenti. Ecco
perché occorre stare attenti a collocare solo nello schema politico le
questioni che abbiamo di fronte: sono questioni un po’ più profonde, che
scavano dentro la dimensione societaria e la modificano. Naturalmente la
politica ha un suo ruolo, ma è il punto fondamentale è che arrivato il
tempo di decidersi e scegliere fra i due opposti che ho indicato. Aut
aut, o questo o quello".
Archivio PACS e DICO
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