Presentato ieri sera il disegno di legge
Bindi-Pollastrini sulle unioni di fatto. Diritti, ma senza dichiarazione
congiunta delle coppie di fronte all'ufficiale dell'anagrafe. Politica
divisa, mentre i vescovi esprimono la loro perplessità.
Quattordici
articoli in quattro pagine per disciplinare i "diritti e i doveri delle
persone stabilmente conviventi". Dopo mesi di dibattito acceso, il
governo ha partorito ieri sera il disegno di legge sulle coppie di
fatto: una proposta da discutere in Parlamento che introduce
nell’ordinamento i cosiddetti “Dico”, ovvero i diritti dei conviventi e
la prima possibilità per le coppie omosessuali di vedersi riconosciuti
diritti, in virtù del loro legame affettivo. Nessun ricorso ai Pacs o
all’ufficializzazione vera e propria delle coppie (almeno secondo le
intenzioni dei promotori): soluzione che accende il dibattito e riceve
il giudizio negativo dei vescovi, pur con la massima cautela in attesa
di conoscere meglio i dettagli. Ma entriamo nel dettaglio della
proposta, a cominciare dai soggetti coinvolti. I Dico - si legge nel
testo approvato dal Cdm - possono essere stipulati solo da "due persone
maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci
vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e
solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio,
parentela in linea retta entro il secondo grado, affinità in linea retta
entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o
amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e
delle facoltà stabiliti dalla presente legge".
Il provvedimento riconosce alle coppie di conviventi, anche omosessuali,
alcuni diritti oggi riservati esclusivamente agli sposati: assistenza
sanitaria, pensione di reversibilità, alimenti. Non ci sarà, però, la
dichiarazione congiunta delle coppie di fronte all'ufficiale
dell'anagrafe: una scelta compiuta per evitare di dare l'idea di un rito
para-matrimoniale. In concreto, il Dico riconosce la possibilità di
assistere il convivente, ma anche il diritto ad avere voce sulle
decisioni in caso di malattia e di morte, come la donazione degli
organi. Previsti, inoltre, il “permesso di soggiorno per convivenza”, se
uno dei due conviventi è straniero; la successione nel contratto di
locazione, “purché la convivenza perduri da almeno tre anni o vi siano
figli comuni”; tutele lavorative in materia di trasferimenti e
assegnazioni di sede; diritto alla successione in campo ereditario e
agli alimenti (in caso di annullamento del Dico), i quali saranno
versati per un periodo proporzionalmente alla durata della convivenza.
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Il testo integrale del ddl
LE REAZIONI POLITICHE. Via libera dall'Ulivo, totale
contrarietà da parte dell’Udeur, bocciatura netta dell’opposizione. Sono
queste le posizioni in campo, sebbene non manchino sfumature diverse
anche all’interno degli stessi schieramenti. Ecco così che Rifondazione
Comunista, con Vladimir Luxuria, spiega che il disegno di legge, privo
della dichiarazione congiunta, rappresenta ''un compromesso al ribasso'',
mentre il ministro Paolo Ferrero chiede di diminuire gli anni di
convivenza necessari per accedere ai diritti previsti dalla legge.
Moderatamente soddisfatto Franco Grillini, deputato dei Ds e presidente
onorario di Arcigay: ''Si poteva fare meglio, ma è un primo passo
rilevante”. E se Rutelli parla di intesa equilibrata, il centrodestra
non sembra intenzionato a spostarsi dalla linea del no. I colonnelli di
Fi, An e Udc preannunciano che in Parlamento ci sarà battaglia, anche se
qualcuno spera che Berlusconi lasci davvero libertà di coscienza.
I VESCOVI: UNA SCELTA SBAGLIATA. In attesa di
approfondire il ddl del governo e di esprimere una posizione comune come
Conferenza episcopale, non si sono fatti attendere i commenti di alcuni
vescovi, a cominciare da monsignor Giuseppe Anfossi, presidente della
Commissione Famiglia della Cei, timoroso per i contraccolpi che potrebbe
avere in futuro questa legge sulle nuove generazioni. "La legge è da non
farsi – ha detto - perché in gioco c'é una gioventù che va verso una
famiglia non più così attraente dal punto di vista della convenienza,
dell'ideale, e della protezione da dare ai figli". Chiarissimo anche
monsignor Alessandro Maggiolini: “Sapevo che prima o poi l'avrebbero
approvato, non c'erano dubbi. Spero che al Senato, si possa assistere ad
una prova di discernimento. Mi auguro che lì ragionino un po’ di più,
discutano un po’ di meno, e vedano le cose per quello che sono e cioè
che la famiglia è importante, che un padre deve fare il padre e una
madre la madre, che il matrimonio e una cosa seria da preservare”.
“Siamo in discesa libera”, rincara mons. Filippo Strofaldi, vescovo di
Ischia, mentre mons. Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola, si appella alle
nuove generazioni e spiega che i giovani devono avere ''il coraggio di
sposarsi''.
Archivio PACS
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