Minacce.
Vere, reali. Tanto forti e decise da far sembrare tutte le
pressioni esercitate in precedenza dal Vaticano sulle
scelte etiche del governo italiano solo esercizi
dialettici e prese di posizione puramente simboliche. Il
quotidiano della Cei, L'Avvenire, alla vigilia di
un dibattito politico forse risolutivo sulla questione dei
Pacs e incentrato sulle aperture contenute nel ddl
Bindi-Pollastrini, ha gettato alle ortiche ogni residuale
prudenza e ha posto un veto assoluto al varo della legge.Parole
dure, nette, dal sapore dell'avvertimento pesante e in
odore di ricatto. Se, in buona sostanza, il governo
decidesse di scegliere una formula più aperta di un'altra,
nella definizione delle coppie di fatto, questo non potrà
che rappresentare uno spartiacque “che inevitabilmente –
si legge nel fondo firmato dal direttore della testata,
Dino Boffo – peserà sul futuro della politica italiana”.
E, quasi a voler ritrovare le antiche radici di un potere
di interdizione a cui la Chiesa non ha mai rinunciato e
che oggi supera ogni limite di decenza, il quotidiano dei
vescovi ha rispolverato una frase latina con cui Pio IX
respinse con risolutezza ogni possibile mediazione con lo
Stato unitario dopo la breccia di Porta Pia: non
possumus.
Così disse l'ultimo Papa Re che considerava l'unificazione
dell'Italia un'usurpazione di territori e di potere. Oggi
lo ripetono con forza i vescovi che vedono nei Pacs un
atto di uguale sostanza, inaccettabile al pari di allora
per chi pretende di continuare a dettare l'agenda politica
del Paese e vede nella laicità dello Stato un nemico da
abbattere.
E' una fotografia grottesca quella che rimanda
all'immagine della Chiesa di oggi, decisa a voler aprire
con forza un fronte religioso nella battaglia politica
italiana. E' la prima volta in assoluto nella storia
recente, un inedito preoccupante: la Chiesa che getta la
maschera e si fa partito, diventa area politica di
riferimento perchè considera inaffidabili, ai propri fini
egemonici, anche quei parlamentari Teodem che non appena
eletti hanno derubricato ogni dignità di mandato
elettorale al servilismo più indecente: troppo pochi e
inaffidabili per garantire, come un tempo la Democrazia
Cristiana, quella sponda capace di tenere politicamente a
freno il sopravvento della laicità dello Stato sui valori
di riferimento cristiani. Così, la Chiesa ha deciso di
scendere autonomamente in campo, minacciando direttamente
il governo e ponendolo davanti a un bivio: se Prodi,
insomma, si azzarda a varare la legge sulle coppie di
fatto, sarà guerra totale. Come non è dato sapere, ma lo
si può facilmente immaginare. E per una maggioranza così
precaria e vessata dai continui tentativi di cambiamento
di assetti, anche le farneticanti parole del cardinal
Poletto di Torino sulla comprovata influenza del “diavolo”
nella legislatura possono creare fibrillazione e far
emergere timori di un ben altro inferno.
Dovrebbe essere il contrario. Malgrado i numeri, i
trasformismi di alcuni e le fragilità di molti altri, il
governo Prodi e la maggioranza che lo sostiene dovrebbero
rispondere a questa offensiva cattolica con una sferzata
di dignità e di orgoglio laico, costringendo prima di
tutto i propri parlamentari di centro ad uscire
dall'ambiguità e dichiarare (a partire da Rutelli) a quale
sovranità si riferiscono, se a quella delle sacrestie o a
quella scolpita nella Costituzione. Sarebbe un primo passo
per cominciare a uscire dalle nebbie dei veti e dei
ricatti incrociati, dall'essere ostaggio quotidiano dei
poteri forti su ogni seppur minima scelta; da
Confindustria sull'economia, dagli Americani sulla
politica estera, dal Vaticano – appunto – sulle scelte
etiche e sociali. Invece, è caduta nel vuoto la
rivendicazione, da parte del Premier, dell'autonomia del
governo e della maggioranza da pressioni esterne,
soprattutto sui temi che riguardano i diritti delle
persone: Mastella e i Teodem, fedeli sempre più alla
Chiesa che alla Costituzione della Repubblica, hanno già
annunciato il loro “no” deciso a qualsivoglia legge che
certifichi l'esistenza di un'unione familiare diversa da
quella sancita dal matrimonio. Val la pena di ricordare
sia a Mastella che a Rutelli il loro recente giuramento da
ministro o addirittura da Vicepresidente del Consiglio su
una Costituzione che in alcun modo riconosce il primato
etico dello Stato Vaticano a fronte, invece, di un
richiamo forte alla sovranità del popolo. Un dettaglio non
da poco che l'ala "moderata" della Margherita, guidata da
Dario Franceschini, ha voluto ribadire con forza prendendo
le distanze dall'oltranzismo Teodem: "Riconosciamo la
libertà della Chiesa - si legge in un documento firmato da
60 parlamentari - ma chiediamo che non si metta in dubbio
la laicità delle istituzioni e la nostra responsabilità di
essere i legislatori di tutti".
I Pacs, dunque, diventano un banco di prova più alto
rispetto ad altre emergenze che questo governo è chiamato
a superare. E non perché la politica estera o quella
economica siano aspetti secondari, tutt’altro: ma perché
lo sviluppo e la modernizzazione di un paese non può non
tener conto delle libertà collettive, che mai come ora
risultano la somma di tutte le libertà individuali. La
posta in gioco è la natura dello Stato e la conseguente o
meno libertà dei cittadini. Se nella politica estera o in
quella economica le ricette e gli schieramenti possono
giustificarsi con le culture politiche di riferimento, sul
terreno dei diritti civili la scelta è solo tra libertà o
divieti, premessa fondamentale del dibattito tra tutte le
culture. Per questo le pressioni vaticane, reazionarie ed
inaccettabili, vanno respinte con forza.
E' in gioco la sovranità dello Stato e la sua libertà
legislativa rispetto alle richieste pressanti di
cambiamento che arrivano dalla società civile. Alle anime
profondamente laiche della sinistra italiana non dovrebbe
sfuggire questa classifica di priorità. Che dovrebbe
imporre, prima di altro, una compattezza granitica per
rispondere con forza all'offensiva di chi tenta di
affermare i propri valori come validi per tutti e per
legge; ne va della crescita culturale del paese, della
qualità dei diritti dei cittadini. E della dignità laica
delle istituzioni, una priorità assoluta che ognuno, in
questo momento, è chiamato a fare la propria parte per
difendere con convinzione. Soprattutto a sinistra.
08/02/2007 Il decreto legge sui Pacs agita la Margherita (http://www.canisciolti.info)
Pacs in primo piano nel dibattito politico, anche se il
provvedimento non e' all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Il
ministro della Famiglia, Rosy Bindi, prima dell'inizio del Cdm, rispondendo ai
giornalisti, ha detto laconica: "Non credo lo esamineremo oggi, mi pare di no".
Ma non e' esclusa la possibilita' che si possa discutere
'fuori sacco' della questione e, se non si entrera' nel merito, quanto meno che
si decida quando metterlo in calendario. L'eventuale slittamento del ddl non
piace pero' al verde Angelo Bonelli: "E' un rinvio molto preoccupante" dice,
ricordando che proprio ieri "il vertice dell'Unione ha stabilito il primato del
programma ed e' evidente che questo principio non puo' valere solo nella
politica estera. I veti dei cosiddetti Teodem e dei centristi conservatori -
osserva Bonelli - sono inaccettabili e, se dovessero persistere, si aprirebbe un
problema politico che necessiterebbe di un hiarimento". Se il ddl governativo
Bindi-Pollastrini sulle unioni civili non sara' esaminato oggi, sara' varato al
piu' tardi tra una decina di giorni, dopo il 16 febbraio, quando Prodi tornera'
dalla sua visita in India.
Intanto oggi i Teodem della Margherita sono tornati all'attacco per ribadire il
loro No alle "parafamiglie" e a un "catalogo di diritti simili a quelli
familiari". Con Paola Binetti che dice senza mezzi termini: "Vogliamo piu'
famiglia e meno pacs". Ed Enzo Carra che avverte: "Se il testo non sara'
equilibrato, molti dei nostri parlamentari si sentirebbero in diritto di votare
No". La partita e' aperta e nella Margherita, in particolare, sembrano esserci
due 'anime', tanto che oggi 60 parlamentari dei Dl hanno presentato un documento
in difesa della laicita' della politica e delle istituzioni.
Ma nel dibattito spinoso si inserisce l'autorevole intervento del presidente del
Senato, Franco Marini: "Sulle unioni civili c'e' un dibattito molto acceso.
Pero' e' caricaturale questa rappresentazione che si da' sulla Margherita ancora
organizzata sui gruppi che si fusero cinque anni fa. Non e' cosi". E ancora: "Io
non vedo queste divisioni, non riesco proprio a vederle, sempre con il limite
che io seguo di meno le cose ma da Rutelli a tutto il gruppo parlamentare, anche
i senatori, c'e' una posizione unica dentro la Margherita su questo problema
delle unioni civili. C'e' disponibilita' a fissare bene, a definire i diritti
dei conviventi ma sempre con riferimento al quadro preciso alla centralita'
della famiglia fissato dall'art. 29 della Costituzione".
E a gettare acqua sul fuoco arriva, alla fine della giornata, la dichiarazione
di Dario Franceschini, al termine dell'ufficio di presidenza dei Dl: "Sul tema
delle unioni civili pare che la Margherita sia convinta che la legge vada fatta
e ha apprezzato e sostenuto il lavoro fatto dal ministro Bindi, un'ottima base
per trovare una necessaria intesa nella coalizione".
Archivio PACS e DICO
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