Il punto sulla
situazione nazionale e internazionale, ma anche una nuova occasione per
ribadire la posizione dei vescovi rispetto a coppie di fatto, aborto ed
eutanasia. È questo il cuore della prolusione del cardinale Camillo
Ruini, che ieri pomeriggio ha aperto il Consiglio permanente della
conferenza episcopale italiana, in programma a Roma fino al 25 gennaio.
Un evento significativo per i vescovi, utile per definire il tema della
57ma assemblea generale di maggio, riflettere sul recente convegno
ecclesiale di Verona e programmare le tappe dei prossimi mesi, a
cominciare dall’agorà dei giovani, il grande incontro dei ragazzi
italiani con il papa, previsto a Loreto, l’1 e 2 settembre.
IL GRAZIE AL PAPA. Il discorso del cardinale è iniziato
con un ringraziamento a Benedetto XVI per la sua presenza al convegno di
Verona, che “ha offerto la piattaforma fondamentale per la vita e la
testimonianza delle nostre Chiese nei prossimi anni”, ma anche per gli
interventi degli ultimi mesi, come il Messaggio per la Giornata mondiale
della pace, specie per quanto riguarda la difesa del diritto alla vita e
alla libertà religiosa, o il discorso al Corpo Diplomatico, in cui è
stato denunciato lo “scandalo della fame”, “sempre più inaccettabile” in
un mondo "che dispone dei beni, delle conoscenze e dei mezzi per porvi
fine”.
IL CONVEGNO DI VERONA. Riflettendo sui contenuti emersi
dal Convegno di Verona, il card. Ruini ha notato anzitutto che
“l’articolazione in cinque ambiti di esercizio della testimonianza (vita
affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza, ndr)
ciascuno dei quali assai rilevante nell'esperienza umana e tutti insieme
confluenti nell'unità della persona e della sua coscienza, hanno
rappresentato una novità assai significativa e ricca di potenzialità per
la metodologia e l'impostazione complessiva della nostra pastorale”. Ha
poi notato che la stessa pastorale, “per l'attuale contesto sociale e
culturale, e più profondamente per corrispondere meglio all'indole
stessa dell'esperienza cristiana, deve essere caratterizzata da una
primaria attenzione alla persona e alla sua concreta situazione di vita,
con i rapporti, gli affetti, gli interessi, le attese, le difficoltà e
le preoccupazioni che la formano e la plasmano. Si tratta ora di
accompagnare e sostenere, con gradualità ma anche con convinzione,
l'affermarsi e il diffondersi a livello capillare di una tale
impostazione della pastorale, che sta già trovando da molte parti
un'accoglienza favorevole”.
LA SITUAZIONE ITALIANA. Spazio poi ai grandi temi socio
economici della vita del Paese, dove si registrano “ulteriori e
significativi risultati positivi sul fronte dell'occupazione, sebbene
purtroppo la percentuale dei senza lavoro sia ancora tripla nel
Mezzogiorno rispetto al Settentrione”. In un contesto simile, diventa
importante una politica familiare, “che si potrebbe ottenere, ad
esempio, attraverso l'adozione del quoziente familiare”. Circa la realtà
dell’immigrazione, il cardinale richiama l’invito del papa a non
considerare gli immigrati “soltanto come un problema ma anche e
soprattutto come una grande risorsa per il cammino dell’umanità”. E a
proposito di criminalità, impossibile dimenticare Napoli e il Sud, con
l’auspicio che “l'impegno per por fine a questa aberrante realtà sia
costante e sappia andare alle radici”.
UNIONI DI FATTO E FAMIGLIA. Ruini è tornato anche a
difendere la famiglia fondata sul matrimonio, spiegando la contrarietà
dei vescovi al riconoscimento delle unioni di fatto. “Quelle tra persone
di sesso diverso sono certamente in aumento, - ha detto - sebbene
restino a livelli assai più contenuti che in altri Paesi, ma la grande
maggioranza di loro vive nella previsione di un futuro possibile
matrimonio, oppure preferisce restare in una posizione di anonimato e di
assenza di vincoli”. Per quanto riguarda, invece, “le assai meno
numerose coppie omosessuali – ha detto - in buona parte vogliono a loro
volta rimanere un fatto esclusivamente privato e riservato; altre invece
sembrano costituire il principale motore della pressione per il
riconoscimento legale delle unioni di fatto, con cui intenderebbero
aprire, se possibile, anche la strada per il matrimonio”. “Nel pieno e
doveroso rispetto per la dignità e i diritti di ogni persona, - è il
ragionamento di Ruini - va però osservato che una simile rivendicazione
contrasta con fondamentali dati antropologici e in particolare con la
non esistenza del bene della generazione dei figli, che è la ragione
specifica del riconoscimento sociale del matrimonio”. Da qui, la
sottolineatura del ruolo sociale della famiglia che la politica deve
sostenere, rimuovendo “tutti quegli ostacoli di ordine pratico (a
proposito dell'alloggio, del lavoro giovanile e della sua stabilità,
delle strutture di accoglienza per i bambini più piccoli...), o anche
giuridico e fiscale, che dissuadono le giovani coppie dal contrarre
matrimonio e dal generare dei figli, senza per questo forzare in alcun
modo la libertà delle scelte personali di ciascuno”.
EUTANASIA E DIFESA DELLA VITA. Dal presidente della Cei
è arrivata poi una riflessione sui temi della vita, con la premessa che
“è legittimo rifiutare l'accanimento terapeutico, cioè il ricorso a
procedure mediche straordinarie che risultino troppo onerose o
pericolose per il paziente e sproporzionate rispetto ai risultati
attesi”. Tuttavia, “la rinuncia all'accanimento terapeutico non può
giungere però al punto di legittimare forme più o meno mascherate di
eutanasia e in particolare quell'abbandono terapeutico che priva il
paziente del necessario sostegno vitale”. Ruini ha citato a questo punto
il caso Welby, affermando che “la sofferta decisione di non concedere il
funerale religioso nasce dal fatto che il defunto, fino alla fine, ha
perseverato lucidamente e consapevolmente nella volontà di porre termine
alla propria vita: in quelle condizioni una decisione diversa sarebbe
stata infatti per la Chiesa impossibile e contraddittoria, perché
avrebbe legittimato un atteggiamento contrario alla legge di Dio”. Dopo
alcuni riferimenti alla situazione internazionale (compreso il caso
Wielgus della Polonia), il presidente della Cei ha ricordato don Andrea
Santoro, don Bruno Baldacci e suor Leonella Sgorbati, i tre italiani dei
24 martiri che nell’anno 2006 “hanno versato il loro sangue in terra di
missione”.
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