Una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che un bambino di nove
anni potra' mantenere il cognome della madre anche dopo la richiesta del
padre naturale, che all'epoca della nascita non aveva riconosciuto il
figlio, di sostituirlo con il proprio. Questa sentenza e' stata accolta
quasi all'unanimita' come rivoluzionaria e portatrice di una nuova era non
piu' all'insegna della famiglia patriarcale, una vittoria importate per il
femminismo che da tempo si batte su questa questione (parola delle deputate
del Prc).
Evviva il femminismo nostrano, che ha la grande qualita' di accontentarsi
di poco, di veramente poco. In realta' questa sentenza non cambia molto,
in quanto su questo parla gia' chiaro l'articolo 262 del codice civile, che
stabilisce come il figlio naturale debba portare il cognome del genitore che
lo riconosce prima. E allora, alle femministe in festa vorrei raccontare
la storia di mia figlia.
Il giorno dopo la sua nascita a New Haven (Usa) nel 2005, un infermiere ci
chiese di compilare un modulo in cui, oltre ai dati anagrafici di noi
genitori, dovevamo scrivere il nome e cognome di nostra figlia. Se avevamo
gia' parlato a lungo del nome, quale cognome era possibile dare a nostra
figlia? L'infermiere ci disse che era accettabile ogni combinazione del
cognome paterno e/o quello materno. Ovvero: Yates Moretti, Moretti Yates,
Yates-Moretti, Moretti-Yates, Yates, e Moretti. Abbiamo quindi optato per
Elena Yates Moretti.
Essendo mia figlia cittadina italiana, oltre che statunitense, abbiamo
portato il suo certificato al consolato italiano di New York. Dopo tre o
quattro mesi il consolato riesce con apparente fatica a far pervenire una
traduzione del certificato allo stato civile del mio comune di residenza. Ed
ecco che Elena Yates Moretti, come recita il suo passaporto americano, e'
divenuta semplicemente Elena Moretti. Il consolato ha depennato il cognome
della madre addirittura in sede di traduzione del certificato di nascita.
Mia figlia ha oggi due identita', due passaporti con cognomi diversi, uno
voluto dai genitori, l'altro imposto dal piu' grande dei patres familias, lo
Stato italiano.
Oggi, quindi, io non festeggio.
Mi pongo solo il problema di spiegare in futuro a mia figlia perche' l'ho
portata in un Paese il cui primo atto di benvenuto e' quello di imporgli il
cognome del padre. Insieme a questo dovro' spiegarle che l'Italia e'
oggi un Paese in cui le persone del suo medesimo sesso sono praticamente
assenti in Parlamento, al Governo, alla guida delle piu' importati aziende e
societa' private. Dovro' spiegarle che, almeno da quanto apparirebbe in Tv,
l'aspirazione delle ragazze italiane e' quella di sorridere beotamente in
costume da bagno accanto ad un sempiterno conduttore in giacca e cravatta.
Dovro' anche spiegarle che in Italia e' quasi impossibile partorire con
anestesia epidurale, o abortire farmacologicamente, o preservare il cordone
ombelicale del proprio figlio per uso autologo.
Sveglia donne, sveglia.
Archivio Famiglia
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