Bombardati da un fascio ininterrotto di elettroni sparati dal tubo catodico,
i pixel del mio PC mi propinano generosi approfondimenti intellettuali con
parole e immagini che arrivano da punti virtualmente infiniti del mondo.
Permettendomi di collegarmi a Internet quando voglio, il computer è la mia
finestra sul mondo e il portale che posso usare per rovesciare i miei
scritti sulle ignare vittime.
Agl'inizi della settimana, mentre curiosavo nel cyber-spazio attraverso la
mia apertura a senso unico, sono finito su un'immagine che il mio
indottrinamento imperialista mi aveva condizionato a scartare o ignorare
automaticamente. Sono però diventato sempre più resistente al "richiamo"
patologicamente deludente della superiorità, invulnerabilità, impunità e
diritto alla decadenza del popolo statunitense. Qualcosa in questo
particolare assemblaggio di scintillanti pixel mi ha catapultato in un
violento turbine di emozioni. E mentre cercavo di dominare il tumultuoso
sentimento che mi nasceva in petto, ho preso la deliberata decisione di
dimenticare lo stile di vita americano di oblio e distrazione, e ho scelto
invece di collegarmi e guardare.
Dallo schermo mi fissava la tragica immagine di un bambino keniota
condannato all'abbietta sofferenza della morte per denutrizione. Un pianto
dirotto sottolineava la profondità della sua miseria, anche se gli occhi
angelici brillavano ancora con la forza della loro vitalità. Nemmeno il
brutale assalto della fame poteva soffocare la persistente fiamma dello
spirito umano.

Fatuma Hillow viene pesato mentre sua nonna, Batula Guhat (a sinistra),
aspetta vicino. Foto per Chronicle di Michael Macor. Nota
dell'autore: la foto sopra non è lo specifico soggetto del mio saggio
In stridente contrasto col fuoco tenace del suo essere interiore,
l'involucro corporeo appariva avvizzito in macabra sincronia con le piante,
oramai distrutte dalla siccità, che lo circondavano. Nonostante la
temporanea scarsità di cibo nella sua regione, questo rinsecchito
spauracchio continuava ad esistere in un mondo ricco di alimenti non
destinati a lui. Con la pelle simile a cuoio tesa su uno scheletro bene in
evidenza, la più leggera brezza lo avrebbe sicuramente fatto frusciare come
una pannocchia di granturco secca. E mentre cercavo inutilmente d'immaginare
la sua sofferenza, il sangue defluiva dal cuore.
Nonostante fossi quasi sopraffatto dalla commozione, sono rimasto
concentrato per cercare di capire meglio i profondi patimenti di questo
essere innocente.
Fino a qualche secondo prima, la fame era un concetto astratto tanto
profondamente rimosso dalla mia coscienza da non averlo praticamente mai
analizzato. Ma è bastato un istante di commozione perché gli anni di lotta
personale, il lavoro degli ultimi otto mesi con i senzatetto, e la decisione
di analizzare a fondo la sofferenza umana racchiusa in quella semplice
immagine JPEG forgiassero la mia determinazione di esaminare, esplorare, e
capire uno squallido aspetto dell'esistenza umana.
La fame è un duro percorso...
Negare al corpo un adeguato nutrimento per un periodo prolungato porta ad un
progressivo deterioramento fisico in tre fasi: una lunga serie di sintomi
perniciosi, innumerevoli sofferenze atroci, e infine la morte.
Nella fase iniziale, il corpo consuma quantità enormi di glicogeno per
produrre l'energia di cui ha bisogno. In meno di 24 ore le riserve di
glicogeno sono in genere finite e i grassi diventano la fonte principale di
energia per il corpo. Una volta finiti anche i grassi, vengono metabolizzate
le preziose proteine che formano i muscoli. Questa terza fase provoca un
rapido deterioramento dei muscoli e porta infine alla scheletrica magrezza
dell'affamato ragazzo keniota, la cui immagine è ora profondamente incisa
nel mio cervello.
Un essere denutrito mostra apatia, fatica, eruzioni cutanee, estrema
irritabilità, e un sistema immunitario significativamente compromesso.
Aggiungete all'insieme diarrea, scorbuto, edema (rigonfiamento) addominale,
scompensi cardiaci e avrete un quadro globale dell'angoscia umana. Forse è
una benedizione il fatto che la maggior parte dei sofferenti soccombano alle
malattie o alle infezioni prima che la denutrizione arrivi al termine del
suo percorso.
Carestia e Morte atroce... una partita giocata all'inferno...
Andando più a fondo, sono rimasto sbigottito nello scoprire fino a che punto
fame e carestia sono diffuse sul nostro pianeta, soprattutto nei "paesi in
via di sviluppo".
Indice
Parte I
Parte II
Parte III
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