L’Europa non pesa molto sulle
tasche dei cittadini. Ma anche un punto del
PIL può essere eccessivo se viene sprecato. Per giudicare veramente il
budget dell’UE bisogna guardare più da vicino la spesa. E qui si entra
subito nel vivo del dibattito politico: la voce di spesa più importante
dell’UE é quella dedicata all’agricoltura, o per essere più precisi, spesa
destinata a sostenere il reddito degli agricoltori. Non si vede la ragione
per cui l’Europa dovrebbe farsi carico attraverso la cosidetta PAC (ossia
Political Agricola Commune) la difesa dei redditi nel settore agricolo. 50
anni fa, quando parte dell’Europa pativa ancora la fame poteva avere un
senso sostenere la produzione di latte e cereali. Ma oggi la PAC finanzia
soprattutto le grande tenute semi-industrializzate, che ricevono la maggior
parte dei sussidi agricoli. I piccoli contadini, spesso poveri, sopratutto
nei nuovi paesi membri, ricevono poco dalla PAC, che concede di più a chi
possiede più ettari.
La prima proposta è pertanto semplice: abolire la PAC e lasciare
la scelta ai singoli paesi di decidere se e come aiutare i contadini poveri.
Abolire sostanzialmente la PAC avrebbe il vantaggio immediato di eliminare
il problema inglese. Il governo britannico infatti sostiene con ragione che
merita uno "sconto" speciale visto che beneficia poco della PAC perché, in
Inghilterra, l’agricoltura è stata completamente liberalizzata già da un
secolo. Più di 20 anni fa Margaret Thatcher utilizzò questo argomento per
guadagnare per l’Inghilterra una riduzione sostanziale del suo contributo al
budget europeo, chiamato dagli adetti al lavoro "UK rebate". L’esempio
inglese ha naturalmente fatto scuola: molti paesi chiedono oggi un
trattamento speciale per le più svariate ragioni con il risultato che ogni
paese diventa un caso speciale che si batte, al momento dei negoziati,
soltanto per ridurre il suo contributo.
Senza la PAC non c’é piu bisogno del UK rebate. Ciò rende possibile la
seconda proposta, di un sistema di finanziamento Europeo molto semplice
e trasparente: L’UE si potrebbe finanziare con una perentuale dell’IVA. La
base sulla quale viene riscossa l’IVA (cioé il valore aggiunto, non il
consumo come molti credono) é già largamente armonizzata ed è correlata con
il reddito nazionale. Basterebbe infatti dedicare più o meno 2 punti
percentuali dell’IVA, già esistente in tutti i paese membri, per ricavare
quel un percento del
PIL che l’UE riceve oggi in un modo poco trasparente attraverso
contributi dai budget nazionali. Infatti la parte dell’IVA che va all’Europa
non costituirebbe un imposta nuova visto che sostituirebbe soltanto i
contributi nazionali esistenti. Ma l’aliquota dell’IVA che va all’UE
indicherebbe molto chiaramente ai cittadini quanto pagano per l’Europa.
Senza la PAC le spese dell’UE potrebbero anche diminuire. Altri diranno che
dovrebbe aumentare perché ci sono tanti campi dove conviene spendere di più
a livello Europeo. Viene in mente la spesa per la ricerca, la sicurezza
esterna ed interna per citare solo gli esempi più importanti. Quanto
costerebbe un’Europa che faccia veramente avanzare la ricerca e garantisca
la nostra sicurezza contro minacce esterne?
La ricerca sui meccanismi che regolano il comportamento dei sistemi politicy
ci insegna che è più importante stabilire regole del gioco chiare che non
fornire una cifra precisa. Quanto varrà spendere per l’Europa non è
possibile deciderlo oggi perché varierà nel tempo. Ma già da oggi si
dovrebbe stabilire un sistema chiaro di regole.
Parte così la terza proposta: dividere i compiti tra entrate ed
uscite.
La spesa europea si giustifica se esiste un bene pubblico europeo da
difendere (per esempio la sicurezza esterna ed interna). Tra le due
istitutuzioni che dovrebbere difendere gli interessi dell’Europa, la
commissione ed il parlamento europeo, soltanto la seconda ha legittimità
democratica. Dovrebbe dunque spettare al parlamento europeo il compito di
decidere la ripartizione del budget dell’Unione tra i vari capitoli di spesa
(ricerca, sicurezza, aiuto ai paesi poveri, etc.). Ma il parlamento europeo
avrebbe sempre la tendenza di proporre più spesa a livello europeo. Ci vuole
un contrappeso: dovrebbe spettare al consiglio europeo (che riunisce i capi
di governo nazionali) di decidere quanto i cittadini europei sono disposti
ad affidare all’Unione, magari semplicemente attraverso un tetto sulla
percentuale IVA da dedicare all’Europa. Ma il consiglio non avrebbe più il
potere di intervenire in ogni capitolo di spesa per soddisfare tutte le
esigenze politiche che si fanno sentire all’interno dei paese membri.
Il budget dell’Europa è cresciuto nei primi 50 anni di storia "unitaria" al
filo di decisioni politiche che sembravano opportune al momento, ma senza
una regia e senza regole del gioco chiare. Una delle condizioni per dare
nuovamente vigore all’impresa europea sarà cambiare questo aspetto, dando
all’Unione un processo decisionale democratico e trasparente anche per
quanto riguarda il suo budget.
Archivio Europa
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