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il momento cruciale dell’”evangelizzazione”, la campagna
elettorale, la più brutta degli ultimi quindici anni, è
finita. Di messaggi ne abbiamo ricevuti abbastanza. Dal
biblico “Rialzati Italia!” di Berlusconi, al profetico
“Yes we can!” di Veltroni, passando per la “Scelta di
parte” auspicata da Bertinotti, o per la lezione morale
di Casini, secondo il quale “i veri valori non sono in
vendita”. Senza dimenticare, poi, il pedagogico Ferrara
che, folgorato sulla via di Damasco, s’improvvisa
cavaliere pontificio, al grido di: “Aborto? No grazie!”.
Ve ne sarebbero anche degli altri, ma nonostante la
grande varietà di slogan ad effetto e l’altrettanto
variegato parterre di candidati premier, il dibattito ha
finito per concentrarsi sul duo Veltroni-Berlusconi.
Dopo aver macinato centinaia di chilometri ed accumulato
promesse su promesse, gli “anfitrioni” dell’ormai
conclusa campagna elettorale, si sono scontrati
un’ultima volta, sempre debitamente a distanza, nel
corso della trasmissione televisiva “Matrix”. Sei
milioni di italiani incollati al televisore. Il pulpito
ideale per un’ultima arringa.
“Io sono ottimista!” è il messaggio di fondo di un
Veltroni pronto a “giocarsela sino in fondo”. Berlusconi
invece cerca una chiusura col botto. Come con Prodi due
anni fa, con il suo “avete capito bene”, in perfetto
stile reclame, sfoderato in “zona Cesarini”. Quest’anno
anziché l’ICI, ci promette di eliminare il bollo auto.
“Il conto è preciso: 3,1 miliardi di Euro” annuncia il
cavaliere, che confessa d’aver studiato la fattibilità
di questa proposta con Tremonti, “per l’intera
settimana.”
Al termine della trasmissione, le maggiori testate
giornalistiche straniere giocano le loro scommesse e si
lanciano in previsioni e consigli. Il più duro è il
Times di Londra: “Una vittoria di Berlusconi
sarebbe sicuramente più divertente, ma non garantirebbe
al Paese i miglioramenti di cui ha bisogno. Gli Italiani
farebbero bene a votare Veltroni, il diavolo che non
conoscono, piuttosto di uno che hanno già sperimentato.”
Anche all'estero è poca l'attenzione ai piccoli,
nell'ottica di una politica ridotta ai minimi termini in
cui il voto è "utile", mai "politico".
Le urne sono aperte. Nell’arco delle prossime ore,
l’annunciata baruffa per assicurare regolarità al voto
ed il consueto bombardamento di aggiornamenti dalle
altrettanto consuete “regioni in bilico”. Stiano
tranquilli però, gli italiani. Sul “referendum”
vigileranno i ministri dell’interno delle ultime
legislature. Amato, Maroni, Scajola, Pisanu, Enzo
Bianco, tutti insieme appassionatamente, per rassicurare
gli animi degli elettori. “Ci tengo per me, per i miei
predecessori e per i miei successori che non venga messa
in dubbio la qualità del Viminale come casa di vetro,
dove si lavora secondo il principio di legalità”
precisa, infatti, Giuliano Amato.
Nell’attesa di entrare in cabina riesce difficile non
riflettere su quanto è accaduto negli ultimi mesi. Un
confronto politico inesistente, una campagna elettorale
all’insegna di riprovevoli trovate pubblicitarie, accuse
e denunce da ambo le parti, ed anche se il dibattito è
stato caratterizzato da un certo fair play, non può
certo dirsi che questa tornata elettorale possa
garantire l’agognato rinnovamento. Ma ha ragione
Mariuccia Ciotta, ieri su il Manifesto: “E’
troppo facile accusare la scheda elettorale di non
contenere i nostri sogni”, e rinunciare al voto vuol
dire arrendersi agli eventi. Nell’ambito della più
grande violazione ai dettami della nostra Costituzione,
siamo chiamati a confermare un Parlamento
preconfezionato, ad esprimere con una “x” un parere su
una questione pressoché archiviata.
Quel “pressoché” però, può fare una grande differenza,
giacché, nel bene e nel male, chi governerà il nostro
Paese sarà chiamato a fare scelte importanti per la
nostra vita quotidiana e anche per il nostro futuro. E
alla luce del fatto che, nella passata legislatura, la
maggioranza fu determinata da uno scarto di circa 24.000
voti, prendere parte ad un momento così importante nella
vita del Paese diviene un obbligo morale. Non tanto
perchè chiamati a scegliere l'uno o l'altro
schieramento, quanto per esprimere secondo coscienza la
propria idea della politica. Non si può restare in casa.
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