Le attuali norme elettorali prevedono i vincoli costituzionali di 25 e 40 anni
per poter essere eletti rispettivamente alla Camera e al Senato, e di 25 anni
per poter votare al Senato. Grazie alle dinamiche demografiche e all'inerzia
nel riadattare e rivedere le regole del gioco della partecipazione
democratica, i giovani italiani sono tra quelli con minor peso politico nel
mondo occidentale. Tutto ciò ha evidentemente ricadute penalizzanti sia in
termini di politiche destinate alle giovani generazioni che di loro presenza
nelle posizioni di prestigio e potere.
La crisi di governo porta il paese a elezioni anticipate.
Il Parlamento non è stato in grado di approvare una riforma elettorale
in questi due anni, e sarà dunque probabilmente rinnovato con la legge
Calderoli. Su questo sito sono già state presentate e commentate le più
interessanti
proposte di riforma della legge elettorale sul tavolo. In questi
giorni molte sono le voci del mondo imprenditoriale, del sindacato,
della società civile che si sono alzate per chiedere di non andare
subito al voto con l'attuale legge, per non parlare poi della richiesta
di referendum, sottoscritta da più di 800mila elettori.
Ma ancora più alta dovrebbe alzarsi la voce di una parte importante
della popolazione, quella più svantaggiata dall'attuale sistema
elettorale e istituzionale: i giovani. I motivi sono
vari. VINCOLI COSTITUZIONALI
Se si torna al voto con le regole attuali rimangono in vigore le "quote
grigie", ovvero i vincoli di 25 e 40 anni per poter essere
eletti rispettivamente alla Camera e al Senato, e di 25 anni per poter
votare al Senato. Da notare che i limiti di età sono ancora quelli
fissati nel lontano 1948, inseriti espressamente nella
Costituzione, agli articoli 56 e 58. L'unico vincolo
relativamente meno rigido, che non richiede cioè una riforma
costituzionale per essere ritoccato, è quello generico della "maggiore
età" (articolo 48) per votare alla Camera dei deputati.
Può essere interessante, nonché istruttivo, capire la genesi di queste
soglie anagrafiche. (1)
Il limite di venticinque anni alla Camera fu imposto non senza
polemiche: il dibattito fece emergere proprio l'iniquità di una norma
che escludeva dalla possibilità di essere eletti tutti i cittadini tra i
ventuno e i venticinque anni (la maggiore età fu abbassata a diciotto
anni solo nel 1975). La posizione della commissione fu però quella di
uniformarsi al criterio diffuso, perlomeno a quei tempi, di una
differenza tra le età di elettorato attivo e passivo. Discorso analogo
per il Senato, cui si aggiunse l'esigenza che questa camera fosse
composta "di elementi che, anche per la loro età, [dessero] garanzia di
serenità, di obiettività e soprattutto di maggior ponderatezza".
Indicazione che appare drammaticamente ironica alla luce degli ultimi
avvenimenti.
L'IMPORTANZA CRUCIALE DEL SENATO
Si tratta di vincoli, come ampiamente riconosciuto, che risultano
oramai anacronistici, ma che soprattutto non trovano
eguale in nessun altro paese occidentale. (2) Limiti di
età che sarebbero eccessivi con qualsiasi sistema elettorale e con
qualsiasi condizione demografica, ma che sono ancor più insostenibili
nel caso italiano.
L'attuale legge elettorale rende infatti cruciale la configurazione che
si crea al Senato, sulla quale non possono incidere in alcun modo gli
under 25 e che non prevede la presenza di alcun under 40. Il
"bicameralismo perfetto" pone poi di fatto ciascuna camera in posizione
di esprimere un veto su ogni legge e su ogni riforma.
Questo significa che il Senato (la "camera grigia") ha gli stessi poteri
della Camera pur essendo evidentemente, e drammaticamente, meno
rappresentativa della prima. Se quindi ci fosse, teoricamente, qualche
legge auspicata dagli under 40 e invisa alle generazioni più anziane,
avrebbe difficoltà a passare. Se, poi, è soprattutto il Senato a essere
cruciale per la sopravvivenza dei governi, ne consegue che di fatto il
voto dell'elettorato under 25 non vale nulla e il ruolo di
condizionamento degli under 40 sulle scelte politiche è in pratica
irrilevante.
Non è tutto. Le "liste bloccate" penalizzano ulteriormente il ricambio
generazionale. L'unica possibilità per un giovane che voglia farsi
strada, entrando alla Camera, è quella di essere cooptato per decisione
di chi detiene già il potere all'interno dei partiti.
LA PERDITA DI PESO DELLA CAMERA
Va considerato, poi, che agli under 25 non solo è preclusa la
possibilità di essere eletti alla Camera e di votare per il Senato, ma
il loro peso elettorale è andato drammaticamente
diminuendo dalle elezioni del 1992 in avanti, come conseguenza delle
dinamiche demografiche. Semplicemente l'aver lasciato inalterati i
vincoli di età esistenti dal 1948, non solo non ha permesso di aumentare
le prerogative delle generazioni più giovani, adeguandole a quelle dei
coetanei degli altri paesi, ma le ha di fatto peggiorate, data
l'accentuata diminuzione della loro consistenza demografica.
La figura 1 lo evidenzia in modo eclatante. Alle elezioni politiche del
1992 (le ultime della "Prima Repubblica") gli under 25 costituivano
ancora il 14 per cento dell'elettorato. Da allora si è
assistito a una continua contrazione fino agli attuali valori di poco
superiori all'8 per cento. Il peso dei più giovani, già
eccessivamente limitato dai vincoli dell'attuale sistema elettorale, si
è ridotto di quasi il 40 per cento negli ultimi quindici anni.
Grazie alle dinamiche demografiche e all'inerzia nel riadattare e
rivedere le regole del gioco della partecipazione democratica, i giovani
italiani sono tra quelli, nel mondo occidentale, con minor peso
politico. Tutto ciò ha evidentemente ricadute penalizzanti, come ben
documentabile nel confronto con gli altri paesi, sia in termini di
politiche per i giovani che di presenza delle giovani generazioni nelle
posizioni di prestigio e potere.
E SE I GIOVANI NON VOTASSERO (PER PROTESTA)?
Difficile pensare che prima delle prossime elezioni ci sia ancora la
possibilità di una riforma costituzionale che consenta di rivedere le
"quote grigie". (3) Stando così le cose, vista
l'inconsistenza del peso elettorale degli under 40 (e ancor più degli
under 25), potrebbe trovare humus favorevole l'idea, da parte delle più
giovani generazioni, di usare almeno il (non) voto come protesta. Ciò
nella convinzione che un gesto simbolico eclatante possa valere più di
un voto inconsistente come pressione per l'abbattimento definitivo delle
"quote grigie" e la revisione delle regole del gioco della
partecipazione democratica.
Percentuale di under 25 sul totale dell'elettorato italiano.
Elezioni politiche dal 1992 al 2008
(1) Vedi "La Costituzione della Repubblica italiana
illustrata con i lavori preparatori", a cura di V. Falzone, F. Palermo e
F. Casentino, Mondadori, 1976.
(2) Ne ha discusso recentemente F. Billari "Il blocco
generazionale della politica italiana", il Mulino, 5/2007.
(3) Una riforma più rapida, benché solo simbolica,
potrebbe essere l'abbassamento della maggiore età, almeno limitatamente
al diritto di voto, ai
16 anni come
già avvenuto in altri paesi.
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