Con
Obama nuovo inquilino della Casa Bianca, negli Usa si
pensa già ad una sorta di “check up” dell’economia, nel
tentativo disperato di sapere in anticipo cosa andrà
peggio nel prossimo futuro nel campo della finanza
internazionale. L’appuntamento è a Washington per il
prossimo 15 novembre. Qui le onoranze funebri per il
grande capitale internazionale saranno celebrate dall’(ex
ormai) presidente George Bush che, nonostante la scadenza
del suo mandato alla Casa Bianca, incontrerà Capi di stato
e di governo. Ci saranno i Paesi del G-20 (Argentina,
Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania,
India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud,
Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno
Unito, Stati Uniti e Unione Europea), i responsabili del
Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, il
segretario generale dell'Onu e il Presidente del Forum di
Stabilità Finanziaria.
Scopo del summit - precisa Dana Pierino portavoce della
Casa Bianca - sarà quello di “esaminare i progressi fatti
per fronteggiare la attuale crisi finanziaria,
approfondire una comprensione comune delle sue cause e
concordare una serie di principi per una riforma dei
regimi regolatori e istituzionali dei settori finanziari
mondiali”. Belle parole, ma tutte sospese nel vuoto di una
crisi che sconvolge il mondo capitalista in uno tsunami
annunciato da tempo. I punti centrali del vertice – dicono
poi i grandi medici della Casa Bianca - saranno
“sviluppati ulteriormente da gruppi di lavoro per essere
quindi esaminati in successivi vertici”. Una terapia tutta
a lungo raggio nel buco nero dell’economia mondiale.
Comunque sia, è chiaro che l’incontro di novembre dimostra
che l’Ovest (Usa in testa) non è in grado di risolvere il
problema economico. Si rivelano insufficienti le grandi
holding della geopolitica e della geoeconomia che
appoggiano il mondo economico statunitense: dalla Nato al
Fondo monetario sino ai maggiori mass media. La realtà
consiste nel fatto – lo scrivono a Mosca i maggiori
commentatori della vita economica mondiale - che la
potenza americana non riesce a controllare la “Grande
Depressione”.
In questo contesto si pone in primo piano la Cina che
annuncia orgogliosamente che le sue riserve d’oro arrivano
a 1,9 trilioni di dollari. Ed è un titolo d’onore che
rivela come il “dragone rosso” sia già riuscito ad
occupare un posto notevole nel futuro sistema finanziario
mondiale. E’ Pechino, infatti, che prima ha organizzato un
summit asiatico globale e poi un altro grande incontro tra
i paesi dell’Asia e dell’Europa. Tutto è avvenuto – e non
a caso – senza la presenza degli americani rivelando che
il sistema finanziario della Casa Bianca registra sempre
più colpi mortali. Ne consegue che Cina e Giappone vanno
in vantaggio e si trovano anche in una condizione
privilegiata. Di poter decidere se e come allungare i
tempi dei crediti, rivederli, oppure rifiutare i vari
compromessi.
In questo contesto di vantaggi Pechino chiede a Washington
non solo una presa di posizione a favore della soluzione
pro-cinese della vicenda di Taiwan, ma avanza soprattutto
la richiesta relativa alla liberalizzazione delle
proprietà statali americane. In parole povere questo vuol
dire che la Cina si candida a mettere le mani
nell’economia americana per acquisire proprietà di
rilievo.
Non solo, ma Pechino chiede che gli Usa rispettino gli
interessi cinesi in America Latina, nell’Asia del sud e in
Australia. Contemporaneamente Cina e Giappone fanno sapere
che hanno già avviato operazioni finanziarie di ordine
globale per creare una loro zona valutaria. Tutto questo
fa capire al mondo politico ed economico che il rapporto
della Cina con gli Usa è ancora una volta caratterizzato
da dissidi e da manifestazioni di aperta ostilità. Perchè
tra Pechino e Washington c’è stato sempre un clima di
sospetto (reciproco) evidenziato da valutazioni
discordanti sulle principali questioni di geopolitica.
Si arriva così, con questa mole di problemi e di
iniziative, al vertice di Washington che sarà dominato
dalla “questione cinese”. Con il premier Wen Jiabao che
annuncia che userà "ogni mezzo" per difendere il suo Paese
dai rischi della crisi economica. Intanto il Governatore
della Banca centrale, Zhou Xiaochuan - in un resoconto
alla quinta sessione del Comitato permanente del Congresso
del popolo – rende noto che l'economia cinese si sta
sviluppando secondo le attese, ma che le prospettive sono
complicate dal rallentamento della crescita economica
globale e da una possibile diminuzione delle esportazioni
da cui il Paese è altamente dipendente. Serve cautela –
precisa l’esponente cinese - nella scelta delle politiche
da attuare perché c'è sia il pericolo di un aumento dei
prezzi causato dal rialzo dei costi di produzione, sia
quello, opposto, di un crollo dei prezzi. La strada da
percorrere - conclude Xiaochuan - è quella di un
potenziamento dei sistemi di vigilanza e di controllo del
flusso di capitali.
Quanto alla presenza russa al summit di Washington, qui la
situazione è particolare; perchè per gli Usa il fatto che
tra Mosca e Pechino ci sia ora un periodo di grandi intese
rappresenta un vero e proprio colpo geostrategico. Ma
nello stesso tempo la Casa Bianca si impegna nel
diffondere notizie su una sorta di “contrasto” che
esisterebbe al vertice russo. Da un lato un Putin
impegnato (con i monetaristi Kudrin e Ignatiev) sulle
finanze globali, dall’altro un Medvedev più concentrato
sulla realtà economica, industriale e produttiva del
Paese.
Per la Russia - si dice a Mosca - il momento della verità
arriverà nella primavera del 2009. L’onda lunga dei
successi accumulati, infatti, dura ancora. Ma si è agli
sgoccioli. Tutto è, quindi, rimandato al dopo Washington
con i leader mondiali che avranno la possibilità di
incontrare anche il nuovo presidente. Quanto a Bush, il
ricevimento alla Casa Bianca in onore del summit sarà per
lui l’ultima cena.
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