.... il 12 febbraio 1981
scrissi la lettera che avrebbe portato nel luglio dello stesso anno al
"divorzio".
Così scrive Nino Andreatta
10 anni dopo (1).
La lettera la inviò al Governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi.
La medesima toglieva l'obbligo alla Banca d'Italia di acquistare, emettendo
valuta, i titoli del debito pubblico non collocati sul mercato.
La Banca
d'Italia non fù del tutto
estranea a questa iniziativa del ministro.
Vediamo i fatti descritti dagli stessi protagonisti.
Carlo Azeglio Ciampi: “La
mia azione di Governatore si è svolta in un arco temporale che ha visto a lungo
il tasso d'inflazione viaggiare al ritmo di due cifre, anche oltre il 20 per
cento annuo.
Nelle mie prime Considerazioni finali, nel maggio del 1980, osservavo che "a
provocare l'alto livello d'inflazione hanno concorso la spesa pubblica e le sue
forme di finanziamento".
L'inflazione era in quegli anni il "male sottile" che consumava la nostra
economia, mentre il disavanzo del settore pubblico premeva sulle risorse
disponibili; non potevo allora che concludere amaramente che le "misure
monetarie.... possono rallentare l'involuzione, attutirne alcuni effetti, ma non
possono da sole invertirne il corso perché la natura dei mali è essenzialmente
'reale"' (CF 31 maggio 1980). "L'inflazione -aggiungevo - oltre a provocare
ingenti e ciechi spostamenti di ricchezza e tutte le inefficienze dovute
all'incertezza e alla volatilità dei prezzi relativi, altera l'essenza stessa
della moneta, svuotandola in gran parte della sua funzione di riserva di
valore".
Un anno dopo, il 30 maggio 1981, riprendevo il filo di questo discorso in modo
più propositivo. Se il processo inflazionistico è, come allora era, in corso da
anni "non è - affermavo - con l'attrito di una liquidità scarsa o di un cambio
non accomodante che si ripristina l'equilibrio monetario. Il ritorno a una
moneta stabile - proseguivo - richiede un vero cambiamento di
costituzione monetaria, che coinvolge la funzione di banca centrale, le
procedure per le decisioni di spesa e quelle per la distribuzione del
reddito". (CF 30 maggio 1981).
Considero questo passaggio
delle Considerazioni finali del maggio 1981 il presupposto per l'affermazione di
quella che avrei poi chiamato sinteticamente "cultura della stabilità".
Tale presupposto era costituito da tre punti basilari:
a) autonomia piena della banca centrale,
b) rafforzamento delle procedure di bilancio,
c) codice della contrattazione collettiva" (CF 30 maggio 1981).”(2)
Nino Andreatta: “I tempi
non erano maturi per affrontare questi aspetti e
la Banca d'
Italia preferì procedere solo sul nuovo regolamento della sua presenza nelle
aste. Facendo queste proposte era mia intenzione drammatizzare la separazione
tra Banca e Tesoro per operare una disinflazione meno cruenta in termini di
perdita di occupazione e di produzione, sostenuta dalla maggiore credibilità
dell'istituto di emissione una volta che esso fosse liberato dalla funzione di
banchiere del Tesoro. Accarezzai anche l' ipotesi di un rebasement della lira
che avrebbe potuto essere sostituita da uno scudo italiano, con parità uno a uno
con l' Ecu, e con l' impegno unilaterale di mantenere nel tempo questa parità e
approfondii l' argomento in numerose conversazioni con Ortoli, allora
vicepresidente della Commissione di Bruxelles. Il filo conduttore era lo stesso
che ispirò il divorzio, quello, cioè , di facilitare la politica di
stabilizzazione favorendo il formarsi di aspettative favorevoli da parte degli
operatori che avrebbero agevolato la trasmissione sui prezzi della politica
monetaria, minimizzando gli effetti negativi sui volumi.
Senza presunzioni
eccessive, questa lettera ha segnato davvero una svolta e il divorzio, assieme
all'adesione allo Sme (di cui era un' inevitabile conseguenza), ha dominato la
vita economica degli anni 80, permettendo un processo di disinflazione
relativamente indolore, senza che i problemi della ristrutturazione industriale
venissero ulteriormente complicati da una pesante recessione da stabilizzazione.
Naturalmente la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse
positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema
per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l' escalation
della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale.
Da quel momento in avanti
la vita dei ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro
operato era sottoposto al giudizio del mercato. Il bilancio di competenza del
1982 é la dimostrazione di questa nuova situazione: riuscii in pratica ad
azzerare i fondi globali, cosa che non era successa prima ne' successe dopo. Il
saldo netto da finanziare del bilancio preventivo e il fabbisogno del consuntivo
furono del 10% inferiore agli analoghi aggregati dell'anno precedente, anche se
poi
la Tesoreria
, caricata nel recente passato, provocò un volume eccezionalmente elevato di
indebitamento.
Bisognava continuare a
stringere le spese di competenza e nella preparazione del bilancio ' 83 si
chiese al Parlamento una delega amplissima per affrontare con decreti delegati i
nodi che il Parlamento stesso si dimostrava riluttante a sciogliere. Queste
deleghe furono nell'autunno rifiutate e, nel mezzo del turbamento che ne seguì
sui mercati finanziari, il collega Formica propose di rimborsare una quota
soltanto del debito del Tesoro con una specie di concordato extragiudiziale.
Risposi a rime baciate per sdrammatizzare il panico che ne sarebbe potuto
seguire; e subito fu l'affare delle comari. Pochi mesi più tardi, in analoghe
circostanze, Jacques Delors riuscì a sbarcare cinque ministri che avevano
sostenuto - privatamente - la convenienza per
la Francia di
uscire dallo Sme. La stampa e i politici di casa nostra sembravano invece
ignorare il baratro che avevamo sfiorato e ipocritamente si scandalizzarono per
la forma delle mie risposte. Il divorzio aveva fatto la sua prima vittima ed era
il suo autore; ma aveva dimostrato di funzionare. Negli anni successivi non
divenne certo popolare nei palazzi della politica, ma continuò ad assicurare
legami fra la politica italiana e quella dell'Europa.” (1)
Il colpo di mano è talmente
ben riuscito che non solo i protagonisti ne vanno orgogliosi, ma non si leva più
neppure una voce dell'establishment a contestarlo. Al massimo ci si limita a
qualche puntura di zanzara.
Gian Battista Bozzo:
“Andreatta era laureato non in economia ma in giurisprudenza, all’università di
Padova. Poi aveva studiato economia alla Cattolica di Milano ed era stato a
Cambridge come visiting professor.”
“Andreatta
probabilmente non è stato un grande economista, nonostante fosse divenuto
ordinario a soli 34 anni. ...”
(3)
Risulta ben più corposo il
coro degli estimatori; ecco un esempio.
Enrico Letta: “Grazie al divorzio, nel 1981, tra Tesoro e Banca d’Italia,
vero spartiacque della politica economica italiana, l’allora ministro Andreatta
e il governatore Ciampi definiscono, infatti, il nuovo campo da gioco delle
politiche dei conti pubblici proprio quando la presenza italiana nello Sme è in
pericolo. Con il divorzio è rotto definitivamente il meccanismo perverso della
sottoscrizione da parte di Bankitalia dei titoli del debito pubblico non
collocati sul mercato.” (4)
Dal punto di vista del Paese
questa scelta fu tragica.
Il TUS elevatissimo portò il debito pubblico fuori controllo e ci allontanò
dagli altri paesi europei quali
la Francia e
la Germania ,
nonostante che il nostro know how fosse, allora, di buon livello; per questo gli
stessi protagonisti si affrettarono pochi anni dopo ad effettuare le famigerate
privatizzazioni, che ci trasformarono da paese produttore di tecnologia a paese
produttore di servizi. (5, 6, 7)
Si noti che svendendo il
sistema bancario dell'IRI e
la Cariplo si
sono ottenuti i seguenti risultati:
a)
la Banca
d'Italia da pubblica è diventata privata senza alcun introito da parte dello
Stato o delle province lombarde (per Cariplo), con l'effetto tragicomico di
questi giorni che non sappiamo neanche più con certezza di chi sia l'oro che
detiene bankitalia; lo pone nello Stato Patrimoniale, ma secondo alcuni è di
bankitalia, mentre secondo altri è dello Stato;
b) gli introiti bancari legati ai titoli di Stato non sono più circoscritti
all'orbita pubblica, attraverso le banche pubbliche (che sono diventate
private), ma a quella privata ed anche estera.
Ma volendo evitare
l'antipatica via dei complotti, volendo ammettere la buona fede di quasi tutti i
protagonisti, qual'è la ratio di queste scelte scellerate?
Perché questi personaggi, alcuni dei quali si ritengono perfino “cattolici”,
fanno scelte così pesantemente lesive degli interessi di interi popoli? (8)
Si noti che gli Stati Uniti, che hanno effettuato il “divorzio” nel 1951, sono
nella nostra stessa condizione, ben peggiore di quella del '29, perché anche
loro si sono disinvoltamente “liberati” del loro know how per trasferirlo nei
paesi con costo della mano d'opera largamente inferiore (Nel '29 invece avevano
ancora completamente intatto il loro ingente apparato produttivo).
Non contento del maiuscolo lavoretto delle privatizzazioni il Presidente Ciampi
si è sperticato più volte nell'invitare gli imprenditori italiani ad investire
in Cina ed in India.
Qual è quindi il motivo?
Il motivo è legato al concetto che il mercato è il giudice supremo dell'operato
economico di TUTTI. È il mercato che ci dice se un'azione economica è buona
oppure no. Non è assunto a divinità, ma poco ci manca.
Questa litania ci perseguita da ormai trent'anni.
È talmente vero che a Soros,
autore nei primi anni '90 di una grave azione di killeraggio nei confronti della
nostra economia, nell'ottobre '95 gli abbiamo dato, a Bologna, la laurea
honoris causa, esattamente come fanno le popolazioni “non civilizzate”
quando incontrano persone accessoriate di diavolerie tecnologiche: li
considerano esseri superiori e comunque dotati di poteri straordinari (meglio
tenerseli buoni! non si sa mai!).
Su queste cose sono stati scritti parecchi libri e quindi non è il caso di
approfondire ulteriormente.
La grave crisi borsistica
legata ai “mutui facili” USA dà lo spunto per risalire alle cause.
C'è chi dà la colpa a Greenspan (9) e chi si appella alla ciclicità degli
eventi.
A mio modesto avviso la “colpa” è proprio dei divorzi sopra descritti e di
coloro che confondono la ricchezza con la finanza; la ricchezza invece stà
proprio nell'apparato produttivo che assai saggiamente francesi e tedeschi non
si sono giocato passeggiando sul britannia.
Che fare ora?
Per prima cosa dobbiamo tutti renderci conto che il mercato non è un'”entità
superiore” ma uno strumento. Tutti coloro che, tuttora in sella, ritengono che
ciò non sia vero farebbero bene a correggere rapidamente il tiro, prima che ci
troviamo nella situazione argentina d'inizio XXI° secolo. La medicina c'è ed
ovviamente è opposta a quella usata finora: tornare alla moneta di Stato (10,
11).
Perché non è sufficiente il semplice annullamento del “divorzio”? Perché col
“matrimonio” si mitigano gli effetti ma permangono tutte le storture legate
all’indebitamento monetario, quale ad esempio la spirale dell’inflazione. Perché
dobbiamo indebitarci per qualcosa che è nostro?
Col “matrimonio” si
ottengono le inflazioni della repubblica di weimar e dell’america latina perché
quelle monete vanno pur sempre restituite. Ma se vanno restituite che razza di
monetizzazione abbiamo fatto? I biglietti di Stato, viceversa, non vanno
restituiti e quindi non devo MAI richiederne di nuovi per pagare gli interessi
maturati. (12)
Negli Stati Uniti c'è Ron Paul che porta avanti questa bandiera. E da noi?
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