DI
SELING S. HARRISON
MSNBC
È proprio Kim Jong Il a provocare una crisi regionale? Una considerazione
esclusiva di quello che Pyongyang veramente ricerca.
Il 19 settembre 2005, la Corea del Nord ha sottoscritto un accordo sulla
denuclearizzazione, ampiamente sbandierato, con Stati Uniti, Cina, Russia,
Giappone e Corea del Sud.
Pyongyang si impegnava ad “abbandonare qualsiasi armamento di tipo nucleare
e i programmi nucleari esistenti.” D'altro canto, Washington si impegnava
con la Corea del Nord a “rispettare in modo vicendevole la sovranità, la
coesistenza pacifica, e di compiere passi per normalizzare le loro
relazioni.” Quattro giorni dopo, il Ministero del Tesoro USA imponeva
indiscriminatamente sanzioni finanziarie contro la Corea del Nord destinate
a tagliar fuori questo paese dall'accesso al sistema bancario
internazionale, marchiandolo con l'accusa di “stato criminale” per
contraffazione e riciclaggio di denaro e per traffico di armi di distruzione
di massa (1)
A seguito, L'atomica coreana? E' un solo albero dentro la foresta del
riarmo nucleare dell'Asia e soprattutto del Giappone (Dossier a cura di
www.contropiano.org/); Un bagliore nel buio (Alex Lattanzio;
Bollettino Aurora)
L'amministrazione Bush affermava che questa successione di accadimenti era
una pura coincidenza. Qualsiasi sia la verità, ho potuto riscontrare in un
recente viaggio a Pyongyang che i dirigenti della Corea del Nord hanno
considerato le sanzioni finanziarie come la lama tagliente di un tentativo
calcolato di elementi dominanti nell'amministrazione per troncare alla base
gli accordi del 19 settembre, per schiacciare il regime di Kim Jong e in
conclusione provocare il suo collasso.
Le mie conversazioni hanno fatto chiarezza sul fatto che i test missilistici
Nord-Coreani di luglio e la minaccia dell'ultima settimana di condurre un
esperimento con esplosione nucleare in una data non specificata, “in
futuro”, sono stati direttamente provocati dalle sanzioni USA. Agli occhi
dei Nord-Coreani, questa pressione si deve accompagnare con la pressione per
mantenere l'onore nazionale e, se tutto va bene, per dare slancio a nuovi
negoziati bilaterali con Washington che possano alleggerire la stretta
finanziaria. Quando ho messo in guardia dai test nucleari, dichiarando che
questi avrebbero rafforzato a Washington gli oppositori ai negoziati,
diversi funzionari di alto grado mi hanno replicato che tattiche “soft”,
leggere, non avrebbero dato buon esito e che loro non avevano nulla da
perdere.
Non era un segreto per i giornalisti che avevano seguito i negoziati del
settembre 2005, o per i Nord-Coreani, che l'accordo era aspramente avversato
all'interno dell'amministrazione e che aveva rappresentato una vittoria per
i fautori di un avvicinamento alla Corea del Nord conciliante, rispetto ai
proponenti di “un cambiamento di regime” a Pyongyang. Il capo dei
negoziatori USA, Christopher Hill, doveva fronteggiare la dura opposizione
di membri chiave della sua stessa delegazione ad ogni passaggio della
trattativa.
In modo particolare veniva tormentato da Victor Cha, direttore per gli
Affari Asiatici presso il Consiglio per la Sicurezza Nazionale e da Richard
Lawless, sottosegretario alla Difesa, dato che Hill aveva convenuto di
condurre intense trattative bilaterali con la Corea del Nord a Beijing,
prima dei negoziati a sei (2). A loro modo di vedere, colloqui bilaterali
equivalevano ad un implicito riconoscimento diplomatico, e i “passaggi per
normalizzare le relazioni” previsti dagli accordi avrebbero legittimato un
regime canaglia. Quando Hill aveva offerto un pranzo in Beijing al capo
delegazione dei negoziatori Nord-Coreani, il Vice Ministro degli Esteri Kim
Gye Gwan, Cha e Lawless si rifiutarono di intervenire. Quando venne concluso
un accordo di massima, costoro tennero bloccato il documento finale per tre
giorni, cercando senza successo di indurre la Casa Bianca ad insistere per
termini più duri. La questione finalmente fu portata a risoluzione solo
quando la Cina aveva fatto insistenze per il rispetto dell'accordo
abbozzato.
Durante le sei ore di intensi scambi di opinione reciproci con Kim Gye Gwan,
nel suo ministero e in due colazioni di lavoro a confronto diretto con la
sola presenza di un interprete, egli continuava a ripetermi: “Come potete
aspettare che noi ritorniamo a negoziare, quando risulta chiaro che la
vostra amministrazione è paralizzata da divisioni tra coloro che ci hanno in
odio e coloro che desiderano trattare seriamente? L'anno scorso, nello
stesso momento in cui eravamo impegnati in una lunga trattativa di questo
tipo, la vostra parte stava progettando per le sanzioni. Cheney aveva fatto
questo per impedire ulteriormente il dialogo che ci avrebbe portato ad una
coesistenza pacifica. Anche molti dei vostri dirigenti, perfino il
Presidente, hanno manifestato il proposito di un cambiamento di regime. Noi
abbiamo concluso che la vostra amministrazione è disfunzionale!”
Ad un certo punto del nostro pranzo di commiato, il 22 settembre, Kim non
stava più nella pelle ed esprimeva un commento esplicito che chiaramente
prefigurava la minaccia del Ministero degli Esteri a portare avanti un test
nucleare. "Noi realmente desideriamo coesistere in pace con gli Stati
Uniti,” egli affermava, “ma voi dovete imparare a coesistere con una Corea
del Nord che possiede armi nucleari. Voi avete imparato a convivere con
altre potenze nucleari, e allora perché non con noi?” Io replicavo, “Quello
che non si fa sentire, è come voi siete effettivamente impegnati a
denuclearizzare.” “Lei mi fraintende,” mi rispondeva. “Noi, senza alcun
dubbio, siamo pronti ad adempiere agli accordi del 19 settembre,
gradualmente, ma non vogliamo smantellare completamente e in via definitiva
il nostro programma di armi nucleari, fin tanto che le nostre relazioni con
gli Stati Uniti non siano del tutto normalizzate. Questo avrà bisogno di
qualche tempo, e fino a che noi raggiungiamo l'obiettivo finale, dobbiamo
trovare un modo di coesistere.”
La Corea del Nord è divisa fra i falchi che preferiscono le armi nucleari e
i pragmatisti che stanno premendo per riforme economiche e per un accordo di
denuclearizzazione con gli Stati Uniti. Proprio come l'impegno politico
perseguito dall'amministrazione Clinton rafforzava i pragmatisti, così lo
slittamento di Bush verso una politica per un cambiamento di regime ha dato
vigore alle iniziative dei falchi.
Le sanzioni finanziarie sono veramente pesanti. In realtà, gli Stati Uniti
hanno chiesto a tutte le banche del mondo di non fare affari con la Corea
del Nord e di non occuparsi di alcuna transazione che vede coinvolto quel
paese. (3) L'amministrazione Bush afferma che questo è necessario per
rafforzare le leggi contro il riciclaggio e la falsificazione di denaro e
per cercare di mettere un freno a transazioni relative ad armi di
distruzione di massa. Ma dichiarazioni da parte di funzionari del Ministero
del Tesoro hanno sottolineato che l'obiettivo è quello di tagliar fuori la
Corea del Nord da qualsiasi rapporto finanziario con il resto del mondo.
Il 23 agosto, il sottosegretario al Tesoro Stuart Levey dichiarava al The
Wall Street Journal: “Gli USA continuano a raccomandare alle istituzioni
finanziarie di valutare con attenzione il rischio di tenere una qualsiasi
relazione con la Corea del Nord.”
Ho riscontrato sollecitazioni della Corea del Nord verso l'area dell'Euro,
“confermate da uomini di affari stranieri e da missioni diplomatiche
straniere di area Euro”, nelle quali importazioni legittime di attrezzature
per l'industria leggera per la produzione di beni di consumo erano state
bloccate, dato che le banche non volevano intervenire mettendo mano alle
transazioni. “Se gli USA non sono disposti ad abolire ogni sanzione
finanziaria,” ha affermato il Ministro degli Esteri Paik Nam Soon, “allora
ci devono mostrare in altre maniere che sono pronti a rinunciare alla
politica per il cambiamento di regime.”
Kim Gye Gwan spiegava chiaramente cosa Pyongyang aveva in mente, quando
invocava negoziati bilaterali senza precondizioni che portassero ad un
pacchetto di accordi che doveva essere seguito dalla ripresa dei colloqui a
sei. Ad esempio, egli indicava, gli USA avrebbero dovuto abolire alcune, se
non tutte, delle sanzioni in cambio di concessioni Nord-Coreane, come una
cessazione della produzione di plutonio nel reattore di Yongbyon, una
moratoria dei test missilistici o un impegno a non trasferire armamenti
nucleari o materiale fissile per conto terzi. Oppure Washington avrebbe
potuto offrire incentivi da negoziarsi, come aiuti energetici e la rimozione
della Corea del Nord dalla lista del Dipartimento di Stato dei paesi
terroristi in cambio di un compromesso Nord-Coreano sugli aspetti delle
sanzioni finanziarie.
Quanto danno producono le sanzioni? Secondo Pyongyang, queste stanno
ostacolando in modo pesante gli sforzi della Corea del Nord di mettere in
atto riforme economiche, visto che stanno bloccando il commercio e gli
investimenti con l'estero. Stanno rallentando la crescita economica. Ma non
vi sono segnali che le sanzioni stiano indebolendo il regime di Kim Jong Il.
La Corea del Nord è stabile e a Pyongyang vi è una crescente attività
economica, come non ho visto mai; più automobili e biciclette, gente meglio
vestita, più ristoranti, più piccoli empori a conduzione familiare, e
soprattutto più interesse a far denaro. Questo è il risultato di politiche
di riforma che danno più autonomia ed incentivano il profitto per le
attività economiche. Solo formalmente tutto è di proprietà dello stato, ma
le imprese sono dirette da managers che ritornano allo stato meno di quello
che hanno realizzato e possono trattenersi molto di più se fanno profitti.
In contrasto rispetto a Pyongyang, le campagne sono stagnanti e impoverite
in molte aree. Ma questo non influenza la stabilità politica del regime. Il
ritenere possibile il cambiamento di regime si è radicato nell'assunto che
la Corea del Nord sia un caso economico disperato. Ma invece, il paese
possiede importanti risorse naturali, come oro, minerali di ferro e riserve
potenziali di petrolio e gas nei fondali marini.
La Cina costituisce, a Pyongyang, un argomento da trattare con le pinze. I
sette funzionari che ho incontrato, compreso il Ministro degli Esteri Paik
Nam Soon e il Vice Presidente Kim Yong Dae, tutti hanno cambiato argomento
quando li ho interpellati sulle relazioni commerciali e sugli investimenti
con la Cina o se le pressioni a Beijing non avessero portato ad un test
nucleare. Comunque, in modo significativo, alcuni di loro, parlando non
registrati, sottolineavano la “posizione geopolitica strategica”della Corea
del Nord e mettevano in evidenza come Pyongyang desiderasse stringere legami
con gli Stati Uniti, una potenza lontana, per far fronte a pressioni
derivanti dai suoi vicini. Uno di loro mi ha detto: “Sarebbe cosa buona per
gli Stati Uniti considerarci come uno stato neutro cuscinetto in quest'area
densa di pericoli. Chissà, forse in qualche modo gli Stati Uniti possono
trarre vantaggio dai nostri porti e dal nostro sistema informativo, se noi
diventiamo amici.”
La Corea del Sud, come la Corea del Nord, considerano gli Stati Uniti un
contrappeso ai loro potenti vicini. A mio vedere, gli interessi strategici
di lungo periodo degli USA potrebbero essere agevolati da una fine della
politica delle sanzioni, dalla coesistenza con il regime di Kim Jong Il in
cambio della sua denuclearizzazione e dall'appoggio ad un avvicinamento
conciliatorio di Seoul a Pyongyang, come preludio ad una confederazione
Nord-Sud e, nel tempo, ad una Corea unificata.
Selig S. Harrison, che proprio adesso è ritornato dalla sua decima
visita nella Corea del Nord, è direttore del Programma Asia al Centro per le
Politiche Internazionali di Washington.
Selig S. Harrison
Fonte: http://msnbc.msn.com
Link: http://msnbc.msn.com/id/15175633/site/newsweek/
16.10.06
Scelto e Tradotto da CURZIO BETTIO di Soccorso Popolare di Padova
Note del taduttore:
1) Il Tesoro Statunitense aveva preso come pretesto il fatto che il Banco
Delta Asia, una banca cinese di Macao, avesse riciclato somme di denaro per
conto della Corea del Nord: un'accusa mai suffragata da alcuna inchiesta
internazionale. Intimidita da Washington, nel febbraio scorso la banca ha
congelato 24 milioni di dollari di attivi Nord-Coreani .
2) Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Russia).
3) Il 19 settembre 2006, Tokyo ha adottato nuove sanzioni finanziarie contro
la Corea del Nord, congelando i trasferimenti di denaro verso la Corea del
Nord da parte della comunità Nord-Coreana in Giappone, circa 300.000
persone.
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