Abbiamo in questo momento tre obblighi elettorali: elezioni europee,
amministrative, referendum sulla legge elettorale. Il buon senso suggerisce
di accorparle in un'unica scadenza. Ma il Governo ha deciso di abbinare in
un'unica data soltanto le prime due consultazioni. E appare intenzionato a
far tenere in data separata il voto referendario. Votare un altro giorno
comporta un costo per la collettività di circa 400 milioni di euro. In tempi
difficili come questi sarebbe bene utilizzare tali risorse per altri scopi.
Il Governo ha deciso di abbinare elezioni amministrative ed elezioni
europee in un’unica data, il 6-7 giugno 2009. Ma appare intenzionato a
far tenere in data separata il voto sul referendum
sulla legge elettorale. Dato che molti partiti sono contrari al
referendum e si propongono di farlo fallire, è molto probabile che
alla fine non verrà permesso ai cittadini di recarsi una sola volta
alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento
Europeo, negli enti locali interessati dal voto e per
esprimersi sul quesito referendario. ALCUNE STIME
Qui sotto forniamo una stima dei costi del mancato abbinamento
delle diverse consultazioni. Come si vedrà, si tratta di un costo
ingente. I costi diretti si aggirano attorno ai 200 milioni, quasi il
costo della social card. Aggiungendo a questi anche i costi indiretti
sopportati dai cittadini, si arriva ad un costo complessivo
di circa 400 milioni. In tempi di bassa crescita e di stringenti
vincoli di bilancio è un’opzione che proprio non possiamo permetterci.
Chi è contro al referendum non deve imporre alla collettività un costo
così alto. Meglio che spieghi ai cittadini le sue ragioni invece di
imporre a tutti una tassa così alta.
Ma vediamo come si arriva a questa cifra.
Tra i costi diretti abbiamo considerato:
1. La remunerazione dei presidenti di seggio e
scrutatori delle 61.212 sezioni presenti in Italia e delle 1.309
sezioni presenti all’estero.
2. Il costo del trasporto delle schede.
3. I costi del personale di sicurezza per
garantire il regolare svolgimento delle elezioni.
Tra i costi indiretti abbiamo invece preso in considerazione:
1. Il valore del tempo impiegato per recarsi ai
seggi due volte anziché una.
2. Il costo a carico delle famiglie con figli che
frequentano scuole statali elementari o medie inferiori chiuse il
lunedì successivo alle elezioni.
3. La perdita di un giorno lavorato per il personale
impegnato nelle operazioni di voto.
Nel nostro calcolo non considereremo quei costi fissi (come la
produzione delle schede) che verrebbero comunque sostenuti anche
tenendo in un’unica data tutte le consultazioni e altri costi di
difficile quantificazione, come l’utilizzazione di scuole e
edifici pubblici nonché la pulizia e il riassetto dei locali.
COSTI DIRETTI
Partiamo dai costi diretti. I referendum tenutisi nel periodo
2003-2006 sono costati mediamente 315 milioni ciascuno. Abbinandoli ad
altra elezione ovviamente non si potrebbe risparmiare integralmente
questa cifra, perché alcune spese (ad esempio la stampa delle schede
referendarie) devono essere sostenute comunque.
Per avere una prima stima dei risparmi nei costi diretti raggiungibili
tenendo tutte le consultazioni in un’unica data si possono utilizzare
le stime sui risparmi conseguibili abbinando europee ed
amministrative. La Relazione Tecnica che accompagna il decreto-legge
27 gennaio 2009, n. 3, quantifica i risparmi legati
ai soli trasferimenti ai Comuni in 100 milioni di euro. Il Ministro
Maroni nella conferenza stampa dello scorso dicembre aveva
quantificato i risparmi complessivi legati all’abbinamento di
amministrative ed europee in 150 milioni. I risparmi sono ovviamente
crescenti nelle dimensioni dell’elettorato dato che il grosso dei
costi, come spiegato nella stessa relazione tecnica, consiste
nell’allestimento dei seggi, nella remunerazione di
presidenti di seggio e scrutatori e nei costi del personale addetto
alla sicurezza. Le amministrative del giugno 2009 riguardano un
elettorato potenziale di circa due terzi di quello interessato dal
referendum. Facendo le dovute proporzioni si ottiene perciò un
risparmio di circa 225 milioni tenendo anche il referendum il 6-7
giugno.
Una seconda stima può essere ottenuta analizzando in dettaglio le
singole voci di spesa che potrebbero essere evitate tenendo il
referendum assieme alle altre consultazioni.
Il primo costo è quello di presidenti di seggio e scrutatori. Li
possiamo stimare a partire dai costi sostenuti nel referendum
del 2006 (Decreto Ministeriale n. 91517/2006), rivalutati
sulla base dell’andamento dell’inflazione. Si tratta di 74,5 milioni
di euro di remunerazione per 375.126 addetti. Il secondo costo è
quello del personale di pubblica sicurezza. Mantenendo immutato il
numero delle forze disposte sul territorio per lo svolgimento del
referendum del 2006, la spesa si aggira intorno ai 63,5 milioni di
euro. Infine ci sono i costi degli straordinari per il personale dei
vari Ministeri coinvolti (Esteri, Interni, Economia e Finanze e
Giustizia) (13,4 milioni), quelli per il trasporto delle schede (3,8
milioni), quelli di cancelleria per le sezioni (2,1 milioni), il
noleggio delle strutture di voto e l’organizzazione dell’apparato (7,2
milioni), missioni all’estero. Questo porta ad un totale di circa 165
milioni. Ma vi sono diverse voci del decreto ministeriale che sono
difficilmente interpretabili. Quindi si tratta sicuramente di una
sottostima.
I risparmi potenziali sono un valore intermedio tra le due stime di
cui sopra che, in media, comportano una riduzione di costi di 195
milioni di euro nel caso in cui il referendum fosse anch’esso tenuto
il 6-7 giugno assieme alle altre consultazioni.
I COSTI INDIRETTI
Aggiungiamo ora ai costi diretti per le casse dello stato i costi
sopportati dai cittadini senza mediazione dello Stato.
Il tempo medio impiegato per andare a votare può
essere stimato in circa 30 minuti. Nel caso in cui si tenesse una sola
consultazione, i votanti risparmierebbe dunque circa 30 minuti di
tempo libero. Il valore del tempo libero può essere valutato a partire
dal salario di riserva (il salario minimo che compensa il valore del
tempo libero cui si deve rinunciare per lavorare) medio dichiarato
nell’ambito delle Indagini sulle Forze Lavoro. Si tratta di un salario
orario di 6,3 euro all’ora, ovvero di 3,15 euro per 30 minuti. Certo
non tutti i potenziali votanti andranno a votare. Moltiplicando questo
valore unitario per il numero dei votanti alle elezioni politiche del
2008, otteniamo un costo totale che si aggira intorno ai 127 milioni
di euro.
Consideriamo ora il costo sostenuto dalle famiglie per la chiusura
delle scuole il lunedì, dopo lo svolgimento del referendum. Sono più
di 3 milioni le famiglie che hanno almeno un figlio
nelle scuole pubbliche elementari o medie. Di queste, il 33% non ha
nonni a casa ed entrambi i genitori sono occupati, e quindi con ogni
probabilità dovranno far ricorso ad un aiuto esterno per la cura dei
figli. Il costo medio di una prestazione di 4 ore nei servizi alla
famiglia secondo i dati Istat è di 35 euro lordi; dunque i costi
sostenuti dalle famiglie nell’affidamento dei figli in un giorno di
chiusura delle scuole possono essere stimati in circa 37 milioni di
euro.
Infine, consideriamo il valore della giornata lavorativa persa da
presidenti di seggio e scrutatori. Prendendo come riferimento le
retribuzioni medie di fatto e dividendole per il numero di giorni medi
lavorati in un mese si ottiene una stima della produttività media
giornaliera di circa 102 euro. Moltiplicato per il numero di
presidenti di seggio e scrutatori questo ci porta a 37 milioni di
euro. Ora, molti scrutinatori sono studenti e quindi per loro il costo
è più legato alla mancata possibilità di frequentare corsi o di
studiare. Questo costo può essere inferiore alla produttività media
giornaliera. Tuttavia, il personale coinvolto nelle operazioni di voto
ha generalmente una produttività più alta della media, quindi le due
fonti di distorsione tendono a compensarsi.
Si giunge così ad una stima dei costi indiretti pari a circa 201
milioni di euro. Tra costi diretti e indiretti si giunge così a un
costo complessivo per la collettività di circa 400 milioni di
euro.
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