Dopo il fallimento del comune di Taranto di qualche mese fa, le
difficoltà finanziarie in cui si dibattono enti locali e Regioni
sono appena state riportate agli onori della cronaca dalla vicenda della
Regione Lazio.
Quando non si affrontano i problemi
A pochi mesi dal suo insediamento, la giunta Marrazzo si è rivolta al
governo per chiedere aiuto di fronte a una situazione finanziaria
giudicata insostenibile.
È vero che i casi di Taranto e del Lazio sono fra loro
molto diversi. Mentre il primo origina esclusivamente da un grave
mismanagement di bilancio, il secondo è anche il prodotto di un
malfunzionamento dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni. (1)
Le due storie condividono tuttavia un capitolo: il ricorso al mercato
finanziario per mascherare e rimandare nel tempo problemi che andavano
affrontati. Invece di risanare il bilancio, nel 2004 Taranto aveva
emesso un bond per procurarsi altre risorse. Invece di rivolgersi
per tempo al governo, nello stesso periodo il Lazio aveva preferito
ricorrere alla finanza creativa, cartolarizzando i crediti vantati dai
fornitori delle Asl.
Ma come è stato possibile che il mercato abbia accettato di
finanziare a costi contenuti soggetti con assai precaria situazione di
bilancio e quindi di problematica solvibilità?
In situazioni normali, il premio per il rischio (e quindi il rendimento)
richiesto dagli investitori è funzione inversa della solvibilità attesa
del debitore; a sua volta, la solvibilità coincide con l’aspettativa di
un avanzo di parte corrente tale da permettere il finanziamento
del debito in scadenza. Soggetti con dinamiche di bilancio assai
precarie come Taranto e la Regione Lazio avrebbero dovuto quindi trovare
enormi difficoltà nell’accesso al mercato.
Invece sono riusciti a reperire risorse anche ingenti, e a costi
contenuti. Come è stato possibile? La risposta a questa domanda è in una
particolarità giuridica tutta italiana: la delegazione di pagamento.
La delegazione di pagamento
La legge prevede infatti che l’indebitamento degli enti territoriali
sia assistito da rilascio di delegazione di pagamento: in pratica un
ordine impartito al tesoriere che consente di "segregare" le somme
necessarie a far fronte al servizio del debito.
Con la delegazione, la solvibilità del debitore non richiede quindi
surplus di bilancio. Dato lo status privilegiato del creditore mutuante,
è sufficiente che le entrate del comune siano tali da assicurare
almeno il pagamento del servizio del debito.
Ovviamente, un buon numero di enti locali è in grado di soddisfare
questa meno stringente condizione di solvibilità, e può quindi accedere
al mercato a condizioni non troppo dissimili da quelle che spuntano enti
autenticamente virtuosi. Nell’ambito del dissesto finanziario del
comune di Taranto, la decisione di utilizzare i fondi originariamente
accantonati con la delegazione al fine di pagare gli stipendi dei
dipendenti ha peraltro generato sconcerto su mercati che avevano sempre
ritenuto solida la garanzia rappresentata dalla delegazione stessa.
(2)
La delegazione costituisce quindi un elemento distorsivo che,
appiattendo artificialmente la curva del credito, riduce indebitamente
la disciplina del mercato e genera anche robusti disincentivi al
risanamento. Un esempio degli effetti distorsivi è illustrato in
appendice.
È vero che la delegazione di pagamento può mitigare l’impatto di alcuni
"fallimenti del mercato". Per i comuni più piccoli, per i quali non è
efficiente dotarsi un rating, la Ddp può ad esempio rappresentare uno
strumento che riduce l’effetto di problemi informativi del
mercato, il connesso premio per il rischio e quindi il costo del debito.
Per Regioni e comuni più grandi, ad esempio quelli capoluogo di
provincia, l’istituto della delegazione di pagamento andrebbe invece
seriamente ripensato. Ceteris paribus, è chiaro che, ove si
arrivasse alla sua abolizione, alcuni enti verrebbero espulsi dal
mercato; altri sarebbero invece "prezzati" a costi crescenti, e si
ridurrebbe la loro propensione all’indebitamento. In complesso,
l’effetto positivo di contenimento dello stock del debito
pubblico potrebbe comunque essere tale da compensare il modesto aumento
del costo dell’indebitamento ipotizzabile per gli enti virtuosi .
Lo Stato come l’Fmi
In un contesto di questo tipo, vi sarebbe tuttavia anche un
importante ruolo potenziale per lo Stato, che potrebbe prendere spunto
proprio dalla vicenda della Regione Lazio.
Al termine di un lungo negoziato, il ministero dell’Economia ha
infatti concesso la sua disponibilità a farsi carico del problema. Per
quanto riguarda l’operatività finanziaria, l’episodio è caratterizzato
da una iniziativa senza precedenti. Si prevede infatti che, al fine di
rimborsare anticipatamente circa 5 miliardi di passività a breve/medio
termine originate dai crediti sanitari dei fornitori delle Asl, la
Regione contragga un debito trentennale a "prezzo di costo" nei
confronti del Tesoro. Quest’ultimo assume quindi un ruolo molto simile a
quello tipico del Fondo monetario internazionale: un "prestatore di
ultima istanza" che interviene in presenza di precise garanzie sul
risanamento dei conti del debitore.
Come alternativa al ricorso al mercato, l’ipotesi da sviluppare potrebbe
quindi essere quella di prevedere un’analoga operatività nei confronti
di quelli fra i cento comuni capoluogo di provincia e le venti Regioni
che, registrando crescenti difficoltà nell’indebitarsi senza lo "scudo"
della delegazione, volessero ricorrere al "pacchetto ministero". Al fine
di assicurare la trasparenza delle operazioni, il relativo servizio del
debito dovrebbe ovviamente essere contabilizzato separatamente e non a
scomputo dei trasferimenti statali.
Si risolverebbe anche una parte importante dei problemi della Cassa
depositi e prestiti.
Uno dei punti da chiarire è il suo status, pubblico o privato?
Riassorbendo nel ministero dell’Economia quella che è l’attuale
"gestione separata" (mutui agli enti locali all’attivo e raccolta
postale al passivo) la Cassa taglierebbe il nodo gordiano che le
impedisce di orientarsi verso una diversa e più chiara mission,
quale ad esempio quella di "investitore sociale", sul modello della
Caisse Depot francese.
Ne deriverebbero fra l’altro risparmi per lo Stato. Attraverso i buoni
postali la Cassa, soggetto esterno alla Pa, si finanzia infatti a costi
di molto inferiori all’Euribor. I proventi di questa raccolta vengono
poi versati su un conto corrente con il Tesoro (circa 62 miliardi a fine
2005, quasi la metà dell’attivo della Cassa), che garantisce alla Cdp un
rendimento molto superiore. Il Tesoro potrebbe invece risparmiare
gestendo direttamente la raccolta postale, così come fa ad
esempio il suo omologo inglese attraverso National Savings. In
tal modo ad una maggiore trasparenza a livello locale si accompagnerebbe
un significativo recupero di efficienza del centro del sistema.
(1) Anche Campania, Sicilia, Abruzzo e Liguria stanno
negoziando un piano di rientro con il ministero dell’Economia.
(2) Non appena revocata la delegazione, l’agenzia Fitch ha
immediatamente ridotto a CC il rating di Taranto e ha annunciato
l’intenzione di riesaminare il merito di credito dei comuni maggiormente
indebitati. Per prevenire questa e altre ripercussioni negative sul
sistema, il governo ha introdotto in Finanziaria un emendamento che
almeno esclude le operazioni di indebitamento dalle procedure di riparto
connesse con le situazioni di dissesto.
Appendice
Ipotizziamo vi siano due comuni: A, con il bilancio in ordine, e B,
con dinamiche di bilancio insostenibili nel medio-lungo termine. Come
impatterà la delegazione sul costo del debito di A e B?
Dall’evidenza disponibile è ipotizzabile che la riduzione dello
spread sull’Euribor connessa con la delegazione sia pari a circa al
50 per cento, mentre è stimata in circa il 30 per cento per i crediti
migliori. In termini di punti base si ha quindi una riduzione
asimmetrica - maggiore per gli emittenti meno virtuosi - del premio per
il rischio richiesto dagli investitori (nel grafico la riduzione per un
prestito a 10 anni è di circa 40 punti base per il comune B, e solo di 5
per il comune A) .
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