Da quando sono stati resi pubblici i dati sul
fabbisogno del settore statale nel 2006, due domande sono
ricorrenti.
"Di chi è il merito di questo andamento migliore del previsto dei
nostri conti pubblici? Del governo (uscente) di centrodestra o di quello
(in carica) di centrosinistra?"
"Cosa implica tutto questo per le scelte di politica economica da fare
nel 2007? Ci sono margini per spendere di più (o ridurre il prelievo)
rispetto a quanto contemplato dalla Finanziaria?"
Una terza domanda è, invece, passata in secondo piano, ma è la
più importante. Da lì bisogna partire per rispondere alle prime due.
"Come è possibile che si facciano errori previsivi di questa entità
su di un arco di tempo così ristretto?"
In aprile, l’ultima Relazione Trimestrale di Cassa (RTC) di Tremonti
aveva previsto un fabbisogno di 66,5 miliardi, il
Dpef di luglio lo aveva abbassato a 59 miliardi e la Relazione
previsionale e programmatica di inizio ottobre lo aveva portato a 48
miliardi. Alla fine il fabbisogno si è attestato a 35 miliardi,
poco più della metà di quanto previsto soli cinque mesi prima, due punti
di Pil in meno.
Un errore senza precedenti
In media negli ultimi dieci anni gli errori di previsione di saldi di
bilancio sull’Italia della
Commissione europea sono stati di circa 1/20. Questo significa che
su di un deficit mediamente del 2,7 per cento del Pil, l’errore compiuto
tra le previsioni di primavera e quelle d’autunno è stato di circa lo
0,1 per cento del Pil. A prezzi 2006, sarebbe un errore dell’ordine di 1
miliardo e mezzo. Nel 2006 l’errore compiuto nelle stime del governo è
stato di 14 miliardi in autunno, in primavera addirittura di 31
miliardi. In media, dunque, 22,5 miliardi di errore, 15 volte quanto è
avvenuto in media negli ultimi 10 anni.

Il grafico qui sopra illustra l’andamento mensile del
fabbisogno del settore statale nel 2005 e nel 2006. Il divario si è
aperto pressoché interamente nel secondo trimestre. Da luglio in
poi, le due linee si muovono quasi in parallelo. Come dire che
tracciando una linea sul 2006 che seguisse lo stesso andamento del 2005,
si sarebbe potuto stimare "col righello" un fabbisogno a fine anno di 40
miliardi.
Ma i dati sul fabbisogno divengono disponibili solo circa 40 giorni
dopo. Ai tempi della RTC di aprile, si avevano solo i dati di marzo, in
cui lo scostamento fra 2005 e 2006 era di 1 miliardo appena. Usando il
"metodo del righello" si sarebbe arrivati a una stima di 59 miliardi per
fine anno, 7,5 miliardi in meno della stima della RTC. Ai tempi del
Dpef di luglio, si avevano i dati di maggio, che documentavano una
riduzione del fabbisogno rispetto allo stesso mese del 2005 di circa 7
miliardi. Il metodo del righello avrebbe portato a stimare un fabbisogno
a 53 miliardi, contro il 60 del
Dpef, lo stesso scarto che tre mesi prima. La forbice fra il metodo
del righello e le stime è aumentata con la RPP di ottobre. Nei dati
disponibili (agosto) il divario fra 2005 e 2006 nel fabbisogno era
salito a 22 miliardi, dunque col metodo del righello si sarebbe dovuto
scendere a 38 miliardi, mentre la RPP ne stimava 10 in più, 48 miliardi.
Perché si è ritenuto, prima, che le cose sarebbero dovute andare peggio
che nel 2005 nonostante il miglioramento della congiuntura e, poi, che
ci sarebbe stato un netto peggioramento nell’andamento del fabbisogno
negli ultimi mesi del 2006, nonostante le previsioni sulla crescita del
Pil nel 2006 fossero migliorate (passando dall’1,3 all’1,6 per cento)?
Ma che metodo si segue?
Ovviamente si può fare molto di meglio che applicare
il metodo del righello. Chi esegue le stime sul fabbisogno ha a
disposizione molte altre informazioni rispetto al fabbisogno degli anni
precedenti, a partire dalla relazione fra fabbisogno e pil negli anni
precedenti e dalle previsioni sull’andamento del pil. Di qui il quesito
legittimo che dovrebbe essere posto: come (con quali modelli) vengono
utilizzate le informazioni? E che ipotesi vengono fatte sulle altre
variabili che entrano nell’orizzonte previsivo?
Singolare che in Parlamento non siano state richieste delucidazioni su
di un errore così macroscopico. In qualsiasi democrazia avanzata si
sarebbero levate molte voci per chiedere chiarimenti su metodi
previstivi, dati e ipotesi e magari invocare l’affidamento del
monitoraggio dei conti pubblici ad un’autorità indipendente. Da noi
tutto tace. E’ un silenzio che finisce per svilire anche il difficile
lavoro di chi svolge le previsioni, perché alimenta il sospetto che
siano numeri forniti senza alcun metodo scientifico.
Di chi è il merito?
In attesa di sapere come vengono fatte le stime del
fabbisogno, è possibile solo fare delle congetture sul perché il
fabbisogno sia andato molto meglio del previsto.
Non è certo merito della manovra correttiva (peraltro di modesta
entità, attorno allo 0,1 per cento del Pil) varata dal governo in carica
a luglio: il miglioramento rispetto al 2005 è intervenuto ben prima, nel
periodo di transizione tra i due governi.
Non sembra neanche merito dei cosiddetti dodicesimi, i tetti
mensili alle spese delle amministrazioni centrali dello Stato. Avrebbero
portato a spalmare le spese sull'intero anno evitando la solita
impennata di dicembre. Ma il miglioramento del fabbisogno è intervenuto
ben prima di dicembre. Da ottobre in poi, il divario rispetto al 2005 si
è ridotto. Dunque, non sembra essere neanche merito delle misure di
"rigoroso controllo operativo della spesa effettuate a partire
dal giugno 2006", richiamate nel comunicato del ministero dell’Economia
e delle finanze a commento dei dati del fabbisogno.
Non è invece possibile escludere che ci sia stato un effetto Visco,
vale a dire una minore evasione fiscale dovuta all’annuncio
credibile della fine dell’era dei condoni. Basta guardare l’andamento
del gettito Iva, l’imposta che aveva subito una più forte
contrazione del gettito in rapporto all’andamento dell’economia nella
stagione dei condoni e il cui gettito non è stato influenzato da misure
una tantum, che hanno riguardato invece il gettito Irpeg-Ires e Irpef.
In genere, il gettito Iva dovrebbe crescere in linea col Pil,
l’incremento rispetto al 2005 (+ 8 miliardi) è stato invece più di due
volte superiore alla crescita del prodotto interno lordo e alla stessa
crescita dei consumi delle famiglie, mentre negli anni precedenti era
aumentato meno del Pil. Questo forte incremento della cosiddetta
"elasticità apparente" del gettito Iva rispetto al pil è pero
intervenuto nel secondo trimestre, per poi attenuarsi leggermente nel
terzo trimestre. Quindi l’effetto Visco avrebbe dovuto manifestarsi già
prima dell’entrata in carica di questo governo. Era già allora credibile
la minaccia di controlli più serrati?
Un’altra spiegazione, soprattutto degli errori di pessimismo commessi in
aprile, sotto il governo precedente risiede nelle una tantum. Ci
riferiamo alla rivalutazione dei beni aziendali e alle ritenute da
lavoro dipendente sugli arretrati, il cui gettito si è materializzato
nel secondo trimestre: 4,3 miliardi per la prima posta, 1,5 per le
seconde, più elevato che nel 2005, quando i beni aziendali avevano reso
solo 1 miliardo, e delle previsioni. Se negli esercizi precedenti se ne
era sovrastimato il gettito, questa volta lo si è sottostimato. E’ stata
la vendetta delle una tantum, forse imputabile al miglioramento della
congiuntura. Le imprese possono essere maggiormente invogliate ad
approfittare delle opzioni loro offerte quando gli affari vanno meglio.
Quali margini per il 2007
Vista la dimensione dell’errore, è comprensibile che
adesso si vogliano rimettere in discussione alcuni obiettivi di
finanza pubblica fissati in base a previsioni rivelatesi poi troppo
pessimistiche.
Ma è bene chiarire due cose.
Primo, il dato rilevante ai fini della procedura di disavanzo
eccessivo non è il fabbisogno del settore statale, quanto l’indebitamento
netto delle amministrazioni pubbliche. Gli italiani saranno
sorpresi ad aprile quando leggeranno dati dell’indebitamento vicini al
5 per cento, il dato peggiore dopo l’ingresso nell’euro. Il fatto
è che nel 2005 ci sono state una tantum negative (la sentenza della
Corte di giustizia europea sulla limitazione della detraibilità dell’Iva
sulle auto aziendali e Ispa). Inoltre il fabbisogno delle
amministrazioni pubbliche nei primi tre trimestri di quest’anno è
migliorato molto meno di quello del solo settore statale. Non sono
ancora disponibili i dati dell’ultimo trimestre. Se dovessero avere lo
stesso andamento di quelli del settore statale, il fabbisogno delle
amministrazioni pubbliche si attesterebbe a circa 55 miliardi, attorno
al 3,6% del pil.
Secondo, ai fini del rientro dal disavanzo eccessivo contano le
grandezze al netto del ciclo. E dato il miglioramento del ciclo
economico nel 2006, l’aggiustamento che ci viene richiesto è superiore a
quello chiesto nel 2005. Proprio quando l’economia va meglio bisogna
ridurre di più il debito pubblico e portare il disavanzo ben sotto il
3%.
Quindi il miglioramento c’è stato, ma siamo ancora lontani dal rientrare
dal disavanzo eccessivo.
Guardando in avanti, sin quando non si capirà a fondo la natura
dell’errore commesso nello stimare il fabbisogno del 2006, non sarà
possibile stabilire se il 2006 è stato un anno eccezionalmente positivo
oppure il 2005 un anno eccezionalmente negativo. In ogni caso, il
migliore gettito delle una tantum nel 2006, per definizione, non
si ripeterà negli esercizi futuri. Quanto agli eventuali
progressi nel ridurre l'evasione, segnalano comunque un incremento della
pressione fiscale, mentre le stime di Banca d’Italia indicano un
record storico della spesa corrente nel 2006. Se il miglioramento
delle entrate dovesse confermarsi nel 2007, per poter consolidare e
rafforzare i progressi raggiunti nel risanamento dei conti pubblici,
sarà allora fondamentale ridurre le tasse. Si eviterà così di
soffocare la crescita e di far sì che, come spesso accade, un maggiore
gettito induca più spese, anzichè migliorare i conti pubblici.
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