Il miglior tributo a Domenico Siniscalco
è che la sua testa è stata fortemente voluta da quegli esponenti della
coalizione di governo che ora si apprestano ad assaltare la diligenza
della Finanziaria. La scusa è sempre la stessa: i tecnici non sono in
grado di comprendere le variegate esigenze della società, per questo ci
vuole la sensibilità di un politico. Traduzione: in tempi di elezioni
vogliamo avere le mani libere.
L’ uscita di Siniscalco è legata alla vicenda della Banca d’ Italia, su
cui il suo operato ha attraversato due fasi. Dopo le dimissioni di
Tremonti non era realistico pensare che il suo successore avrebbe subito
ingaggiato una battaglia con Via Nazionale; ma anche tenuto conto di
questo, l’ atteggiamento di Siniscalco fu forse eccessivamente
accomodante. Alla fine però gli va riconosciuto il merito di aver rotto
per primo gli indugi all’ interno di un governo paralizzato dai ricatti
di una componente irresponsabile e dalla paura di accendere un cerino in
prossimità delle elezioni.
Alcune delle cose migliori fatte da questo governo nel campo della
politica economica hanno l’ impronta di Siniscalco: per esempio, certe
parti del decreto sulla competitività, che invece di promettere soldi a
tutti cercavano di stimolare l’ economia riducendo la burocrazia e la
regolamentazione, e cercando di riformando meccanismi macchinosi e
obsoleti quali le procedure fallimentari.
Nel campo della finanza pubblica, una valutazione complessiva oggettiva
è difficile, perché i conti pubblici del 2004 sono influenzati in gran
parte dall’ ultima finanziaria di Tremonti, mentre gli effetti dell’
unica Finanziaria di Siniscalco devono ancora dispiegarsi interamente. A
consuntivo, nel 2004 il disavanzo di bilancio e la spesa delle
Amministrazioni Pubbliche erano allo stesso livello del 2001. Le
prospettive per il 2005 ed il 2006 sono ben peggiori, in parte a causa
di un fattore che spesso viene dimenticato, il peggioramento
congiunturale.
Ma ovviamente non è solo un problema di congiuntura. Poteva fare meglio?
La risposta dipende ovviamente dai vincoli che fronteggiava, e quindi
non la conosceremo mai. Soprattutto all’ inizio Siniscalco avrebbe forse
potuto permettersi qualche strappo, eppure la manovra approvata nel 2004
continuò sulla strada della finanza creativa, con l’ uscita di Anas dal
perimetro di Maastricht, i pedaggi ombra, le dismissioni di immobili, le
anticipazioni di imposta. A sua difesa, non si può dimenticare che
Siniscalco si ritrovò a dover preparare in poche settimane una
Finanziaria ancora sottoposta ai vincoli (poi di fatto rilassati) di
Maastricht.
Più recentemente, a Siniscalco si può forse imputare di avere insistito
su una presentazione reticente degli scenari della finanza pubblica per
il 2005 e il 2006, quando una operazione di trasparenza avrebbe
inchiodato il governo alle sue responsabilità di fronte al paese ed ai
mercati.
Ma anche in questo caso, se l’ avesse fatto, avrebbe probabilmente
dovuto dimettersi parecchi mesi fa. Allo stesso modo, è probabile che
molte delle azioni peggiori di questo governo Siniscalco le abbia
semplicemente subite: per esempio, i fiumi di denaro promessi per
finanziare opere pubbliche in gran parte senza alcuna logica economica;
un rinnovo dei contratti pubblici ben più generoso degli impegni
iniziali; e l’ annacquamento, fino a renderlo quasi irriconoscibile, del
decreto competitività.
E qui si pone la seconda domanda: perché non si è dimesso prima, quando
era diventato evidente che la finanza pubblica di questo governo andava
in direzione contraria alla sua filosofia? Per molti, tra i quali chi
scrive in un appello su queste pagine dei redattori de la voce.info,
rimanendo Siniscalco avvallava queste azioni. Ma questa critica fu
probabilmente sbagliata, per un motivo banale: in tutti i paesi del
mondo i ministri dell’ economia devono accettare compromessi. È
perfettamente possibile che rimanendo Siniscalco abbia evitato al Paese
guai peggiori. E di questi tempi non è un merito da poco.
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