Il dato diffuso ieri dall’Istat sul prodotto interno nel
secondo trimestre del 2005 – che evidenzia un aumento dello 0,7% rispetto al
trimestre precedente e dello 0,1% rispetto allo stesso trimestre del 2004 –
rappresenta, dopo tante cattive sorprese, una buona notizia, per molti versi
inattesa, sulla situazione congiunturale dell’economia italiana. La crescita
in Italia si colloca su un livello pressoché doppio rispetto all’
Unione europea. Dopo parecchi trimestri, l’Italia fornisce quindi un
contributo positivo e significativo alla dinamica della crescita a livello
europeo.
Interrogativi su un dato inatteso
Il primo interrogativo riguarda i fattori sottendenti la crescita
economica. Purtroppo, il dato flash dell’Istat fornisce
informazioni troppo scarne per un’analisi approfondita. Bisognerà
aspettare l’inizio di settembre per conoscere quali componenti della domanda
hanno contribuito alla crescita del trimestre. Per ora è possibile solamente
ragionare sulle informazioni, piuttosto parziali, di fonte sia Istat sia
Isae. Cominciamo dai consumi. I segnali disponibili non sono particolarmente
incoraggianti. Nei primi cinque mesi dell’anno le vendite al dettaglio sono
diminuite, in termini nominali, rispetto allo stesso periodo del 2004
dello 0,6%. In termini reali la diminuzione rischia quindi essere piuttosto
significativa, prossima al 3%. Non a caso, l’indicatore di fiducia dei
consumatori compilato dall’ISAE registra un calo continuo durante tutto il
secondo trimestre dell’anno. Sembra quindi difficile pensare che i consumi
privati abbiano fornito un contributo di rilievo alla crescita del secondo
trimestre. Analogamente gli scambi con l’estero, sempre nei primi
cinque mesi del 2005, hanno registrato un forte deterioramento, con un saldo
negativo in forte crescita, dallo 0,2% del
PIL nei primi cinque mesi del 2004 a quasi lo 0,5% del
PIL nello stesso periodo del 2005. Anche da questa componente è
difficile quindi che sia venuta la spinta in questo scorcio d’anno.
Rimangono quindi gli investimenti (il dato della fiducia delle imprese è
salito soprattutto per questa fascia di imprese), i consumi pubblici (a
livello locale?) e le scorte. Ovviamente non sarebbe rassicurante se
fosse soprattutto questa ultima componente ad avere contribuito in maniera
significativa alla crescita del
PIL. A un accumulo di scorte in un dato periodo corrisponde infatti, in
maniera quasi meccanica, un tentativo delle imprese di alleggerire i propri
magazzini riducendo la produzione nel periodo successivo. Dal lato
dell’offerta abbiamo qualche informazione in più. L’Istat ci informa che
a trascinare il
PIL sono stati sia l’industria sia i servizi. Il contributo positivo
dell’industria potrebbe sembrare sorprendente, alla luce del crollo della
produzione industriale negli ultimi due mesi del secondo trimestre. Bisogna
però ricordare che la produzione industriale registrò un forte aumento nel
mese di Aprile, sufficiente a mantenere relativamente elevato il livello di
attività nel secondo trimestre, rispetto al primo.
Prospettive
L’ultimo, e più importante interrogativo, riguarda le prospettive sia
di breve che di medio periodo. Riguardo alle prime, vi sono fondati motivi
di preoccupazione. In primo luogo, il calo della produzione industriale a
Maggio e Giugno fa sì che nel terzo trimestre difficilmente l’industria
riuscirà a fornire un contributo di rilievo alla crescita trimestrale del
PIL: anche una crescita sostenuta dell’indice ci riporterebbe
semplicemente al livello di Aprile. In aggiunta, l’Isae non è
particolarmente ottimista sulle prospettive della produzione industriale dei
prossimi mesi: l’indice è previsto diminuire nel terzo trimestre rispetto al
secondo. Se a questo dato aggiungiamo il livello tuttora depresso
della fiducia dei consumatori e la possibilità (confermata anche dalle
indagini dell’Isae) che le scorte abbiano contribuito in maniera non
trascurabile alla crescita del secondo trimestre è difficile condividere
l‘ottimismo espresso in queste ore sulla solidità della ripresa
dell’economia italiana. Non dimentichiamo poi che, malgrado la forte
crescita del secondo trimestre, il
PIL rimane ancora attestato su livelli inferiori a quelli registrati nel
terzo trimestre del 2004. Inoltre, va sottolineato che, se anche la ripresa
si consolidasse e l’economia italiana crescesse in linea con il suo
potenziale nei prossimi due trimestri, la crescita in media d’anno non
sarebbe superiore allo 0,3%, ben al di sotto quindi della media europea.
Rimangono soprattutto irrisolti i nodi strutturali dell’economia
italiana. Le istituzioni internazionali accreditano l’Italia di una crescita
potenziale che non supera l’1,5%, un valore assai più basso di quello della
maggior parte dei paesi industrializzati. Resta solo da sperare che le buone
notizie sul fronte della congiuntura non inducano l’esecutivo a rinviare
ulteriormente l’avvio di una politica di riforme di struttura, politicamente
costose, ma nondimeno indispensabili, volte ad incrementare tale potenziale.
E’ questa la vera sfida per la politica economica.
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