Le polemiche di questi giorni sui protagonisti della scalata ad Antonveneta
sembrano sempre più improntate (anche da parte dell’opposizione) a criticare
le intercettazioni telefoniche e la diffusione dei loro contenuti. La
seconda carica del Paese ha addirittura affermato che non rinveniva in esse
elementi di carattere penale o deontologico. Il punto non è affatto questo:
le intercettazioni sono solo la forma colorita di una sostanza grave, già
emersa negli atti di accertamento Consob e nel decreto di sequestro delle
azioni. Questi documenti dimostrano che la scalata è avvenuta violando tutte
le regole possibili di funzionamento del mercato finanziario e bancario e
che il Governatore della Banca d’Italia ha avallato e sostenuto violazioni
così gravi.
Il depistaggio avvallato
La delibera Consob di maggio aveva confermato che la Banca Popolare
di Lodi e i suoi alleati avevano diffuso comunicazioni false al mercato
sulle azioni Antonveneta possedute, avevano mancato di rivelare l’esistenza
di un patto di sindacato, avevano usato a piene mani società di comodo.
Tutto ciò ha alterato gravemente il quadro informativo e ha impedito agli
azionisti di Antonveneta di prendere una decisione consapevole sulle offerte
in corso. Si tratta di una violazione gravissima delle regole che
presidiano le offerte pubbliche e in genere il mercato del controllo
societario. Non a caso Luigi Zingales ha ricordato che uno dei protagonisti
negativi del capitalismo rampante degli anni ’80 era stato condannato perché
nel corso di una scalata aveva intestato dei pacchetti azionari a società di
comodo.
Se qualcuno ha ancora qualche dubbio sulla gravità del depistaggio
sistematico che è stato realizzato, si legga il seguente passo del decreto
di sequestro delle azioni Antonveneta.
"Diffondevano (i soggetti indagati) le seguenti false notizie al mercato:
a) di non possedere né direttamente né indirettamente altre
partecipazioni nel capitale sociale di Banca Antonveneta oltre a quelle
specificamente indicate alle autorità e al mercato" (comunicati bpl del
9 e 16 marzo e del 6 aprile 2005);
b) che la "determinazione (di collocarsi fra gli azionisti stabili di
Antonveneta) sarà assunta previa valutazione dei prezzi e delle
quantità, compatibili con l’esigenza di non creare turbative al mercato.
Tutto ciò ovviamente nell’ambito delle prescritte autorizzazioni"
(comunicato del 12 aprile 2005);
c) che "l’attività di intermediazione per conto terzi sul titolo Bav
svolta da Bpl nel rispetto formale e sostanziale delle vigenti
disposizioni non ha alcun nesso con la partecipazione detenuta né tanto
meno con pretesi accordi con gli attuali azionisti di Bav (comunicato
del 16 marzo e del 6 aprile);
d) che non sono stati "stipulati accordi (opzioni, contratti
preliminari, a termine o condizionati, accordi per gli acquisti o per il
voto) aventi per oggetto le azioni Bav e di non aver concluso – in forma
scritta o in altra forma – patti parasociali con azionisti della
medesima banca (comunicati Bpl del 16 marzo e 6 aprile);
e) che secondo quanto deliberato dal cda di Bpl, "l’eventuale
acquisto non dovrà comunque superare il 30%" (comunicato Bpl del 16
aprile);
f) che il gruppo facente capo all’imprenditore Ricucci definiva come
destituita di ogni fondamento la notizia di stampa secondo cui il Gruppo
avrebbe ricevuto da istituti bancari una finanziamento finalizzato
all’acquisto di azioni Bav, ribadendo che l’acquisto era stato eseguito
con mezzi propri;
così inducendo il mercato, nella convinzione che Bpl non avesse
acquistato titoli (direttamente o per interposta persona) in quantità
superiore al quella di volta in volta comunicata, che non intendesse
superare la soglia di cui all’art. 106 tuf e che non esistesse un "concerto"
come poi accertato da Consob con delibere del 10.5 e 22.7".
Gli interventi della magistratura, in particolare quelli del 25 luglio,
dimostrano che vi sono ipotesi di violazioni ben più gravi e di rilievo
penale. Ma anche qui da tempo sulla stampa si era parlato di ipotesi
di insider trading e di aggiotaggio informativo e manipolativo. E’ vero che
in questo caso (ma non in quello precedente) dobbiamo aspettare di conoscere
di più prima di esprimere un giudizio, ma un conto è il garantismo, uno è il
giudizio che è possibile esprimere fin d’ora sulla disponibilità di Fiorani
e soci di rispettare le regole di funzionamento del mercato. Orbene, sempre
sulla base di quanto accertato dalla Consob fin da maggio, la Banca Popolare
di Lodi ha messo a segno una manovra in tre stadi:
a) ha concesso 1,1 miliardi di euro di finanziamenti a condizioni di
favore (a tassi anche nulli) per comprare azioni Antonveneta, senza
garanzia alcuna a 38 soggetti "amici" fin dal mese di novembre 2004; ha
utilizzato largamente società di comodo ubicate nel regno dell’opacità
societaria;
b) ha realizzato il trasferimento di azioni da quei soggetti a Bpl e
soci nel mese di aprile, consentendo ai fortunati acquirenti di
incassare plusvalenze milionarie;
c) ha controllato l’assemblea di aprile di Antonveneta con le azioni
così possedute.
Anche qui leggetevi il decreto di sequestro preventivo delle azioni.
p.2
avendo [bpl] organizzato il rastrellamento di azioni Antonveneta:
· Mediante l’utilizzazione in prima battuta di diversi soggetti,
persone fisiche, persone giuridiche,, e società offshore, sempre ed
integralmente finanziati dalla bpl, con tassi inferiori a quelli
normalmente praticati e non richiedendo nella maggioranza dei casi alcuna
garanzia per l’apertura di credito;
· Occultando la reale motivazione della concessione dei
finanziamenti ed in taluni casi anche il reale destinatario degli stessi,
all’uopo avvalendosi di società off-shore e tra queste Garlsson Real
Estate SA (riconducibile a Ricucci) cui veniva erogato da Bpl Suisse e con
fideiussione di Bpl Scarl, un credito di 100 milioni di euro,
fittiziamente destinato a finanziare un’inesistente operazione
immobiliare, invece impiegato per l’acquisto di azioni Antonveneta;
· Interponendo per l’acquisto di azioni antonveneta fondi di
investimento offshore tra i quali Generation Fund, finanziati direttamente
anche tramite Bpl Suisse.
Tutto questo già dimostra che Bpl aveva violato regole di sana e prudente
gestione, cioè l’essenza stessa della vigilanza di stabilità affidata
alla Banca d’Italia. Non è né sano né prudente concedere in pochi giorni 1,1
miliardi di euro di finanziamenti a tasso molto basso e senza garanzie per
investire in un’operazione rischiosa come una scalata societaria; i
controlli interni della banca (la base della sana e prudente gestione come
recitano le istruzioni di vigilanza) escono a pezzi da questo episodio; non
è sano né prudente interporre schermi societari, per di più finanziati dalla
banca; non è sano né prudente tacere al mercato operazioni che sono
sicuramente effettuate con parti correlate.
Un danno incalcolabile
Questo è il prezzo pagato per sostenere l’italianità del sistema
bancario, l’obiettivo dichiarato dal Governatore e avallato dall’esecutivo
almeno a partire dallo sciagurato "pranzo dello Sciacchetrà" di gennaio
scorso (non a caso quando la scalata era già partita). Un mito che, come ha
detto Ferruccio de Bortoli, si è infranto nel dedalo degli interessi anche
personali di un gruppo di amici finanziati da Fiorani per acquistare titoli
dell’istituto padovano.
E’ possibile che il Governatore abbia appoggiato la scalata senza sapere
delle violazioni normative che Fiorani e soci stavano commettendo. Ma è
gravissimo che una volta accertato questo aspetto fondamentale (cioè da
maggio, si ripete) egli abbia continuato ad appoggiarne il disegno fino alla
autorizzazione decisiva (non a caso quella che ha lacerato la Banca d’Italia
al suo interno) alla assunzione del controllo.
Che Fiorani abbia ricevuto un trattamento privilegiato è quindi nella
vicenda stessa. Ed è anche questo un fatto grave, perché già prima che
iniziasse la scalata ad Antonveneta si poteva stigmatizzare che un banchiere
venisse presentato come il "pupillo di Fazio" o come l’autore di una
crescita "sponsorizzata" da via Nazionale. Eppure queste sono le espressioni
ricorrenti nella stampa da molti anni e ovviamente sempre più frequenti nel
corso della scalata. Il danno che ne è derivato all’indipendenza
della Banca d’Italia e alla sua capacità di essere super partes rispetto ai
soggetti vigilati è incalcolabile, anche solo sulla base di questi aspetti.
E’ inaudito che la seconda carica dello Stato affermi di non trovare nulla
di "moralmente censurabile" nelle intercettazioni che hanno dato ulteriore
evidenza a tutti questi fatti.
Come se non bastasse, qui si apre il capitolo più scottante e cioè se nel
corso della vicenda la Banca Popolare di Lodi abbia sempre rispettato i
principi di sana e prudente gestione e in particolare i coefficienti
patrimoniali che sono la base fondamentale della vigilanza prudenziale.
Qui il giudizio è ancora sospeso, ma basterà mettere in evidenza almeno i
seguenti aspetti.
a) la complessità della struttura di controllo e il frequente ricorso
a strumenti di finanza derivata avevano indotto molti analisti
indipendenti a formulare da molto tempo dubbi sulla consistenza
patrimoniale effettiva di Bpl;
b) le acquisizioni passate avevano comportato emissioni
obbligazionarie cospicue: la struttura del passivo di Bpl è molto
diversa da quella del sistema bancario e tale, secondo Alessandro
Penati, a farla assomigliare più ad un hedge fund che a una banca;
c) la ricapitalizzazione di marzo aveva comportato emissione di
titoli ibridi che il mercato aveva accolto imponendo spread da junk bond;
d) la cessione di quote di minoranza delle società del gruppo Bpl a
banche estere appare sempre più sospetta e tale da comportare un
(oneroso) impegno di riacquisto da parte della banca;
e) è stato utilizzato uno schermo societario (Earchimede)
inizialmente taciuto al mercato e poi rivelatosi riconducibile ad uno
dei componenti la cordata;
f) Moody’s ha declassato al livello D+ (cioè un gradino sopra il
minimo assoluto) il suo giudizio sulla solidità finanziaria della banca
e della controllata Efibanca.
Era sulla base di queste considerazioni che ben due capiservizio della
Banca d’Italia ritenevano opportuno negare a Bpl l’autorizzazione ad
assumere il controllo di Antonveneta. Per superare questa opposizione, Fazio
ha usato una procedura anomala e irrituale. Anche in questo caso, il
problema non è se la procedura sia difendibile sul piano strettamente
formale, ma il vulnus che ne deriva per la credibilità esterna della Banca e
per l’armonia del suo funzionamento interno.
Commenti presenti
Data: 12-08-2005
Nome: Massimo GIANNINI Oggetto: Regole violate e politica Messaggio:
Quello che non capisco é perché in Italia di fronte a
regole violate la politica riesce sempre a negare l'evidenza...Troppo
spesso e facilmente l'evidenza dei fatti é spazzata via da discorsi
fumosi. E come diceva un sociologo "la realta diventa pura apparenza
perché é il giudizio degli altri a dargli consistenza". E il problema
del contenuto delle intercettazioni diventa il problema delle
intercettazioni. Possibile che quando un politico parla, di destra o
sinistra, anche se alta carica dello Stato, é sempre senza
contraddittorio? Non gli viene mai chiesto un briciolo di "supporting
evidence" per quello che sta dicendo e l'opinione pubblica, che
approfondisce poco, rimane con l'ultima "voce", la più alta? Come si
puo' arrivare ad un più alto rispetto delle regole in Italia? Mi viene
in mente lo sketch di Verdone che mostrando la pistola e alla domanda
chi te l'ha data quella mostrava un semplice porto d'armi: semplice "supporting
document" appunto...una regola.
10-08-2005 09:58:00 Nome: AR
Oggetto: quali regole? Messaggio:
Chiar mo Prof Onado,
il suo articolo chiarisce, se mai ce ne fosse bisogno, il disprezzo che
i nuovi imprenditori rampanti, la futura classe dirigenziale, abbiano
avuto per le regole di mercato e le forme di tutela delle stesse.
Dispiace anche dover evidenziare il ruolo quantomeno sospetto, volendosi
mantenere estremamente cauti, del governatore Fazio. Quello che ormai
non suscita più scalpore è l'attegiamento della famigerata seconda
carica dello stato, che candidamente sostiene di non rinvenire alcuna
procedura non conforme alle regole. La tragedia purtroppo è che il
nostro Primo Ministro è sincero nell'esprimere la sua vicinanza, anzi
addirittura l'intenzione di tutelare i diritti lesi dei "concertisti".
D'altra parte in veste di ex-collega (ex?) di questa nuova classe
imprenditoriale, avendo avuto via libera per anni ad operazioni
altrettanto avventurose, auspica che lo stesso possa accadere ancora ai
suoi avventurosi amici.
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