Energia elettrica, telecomunicazioni, servizi
finanziari e distribuzione commerciale: le liberalizzazioni, a
regime, potrebbero produrre "una riduzione del livello dei prezzi al consumo
dell'1.7 per cento e un incremento del livello del Pil della stessa misura
dell'1.7 per cento". La riduzione dei prezzi al consumo interesserebbe
soprattutto beni alimentari e prodotti energetici. È quanto sostiene la
ricerca "Concorrenza in Italia: benefici per famiglie e imprese. Una
simulazione", realizzata da Prometeia per Indicod-Ecr, associazione di
categoria che raggruppa aziende industriali e distributive che operano nel
settore dei beni di largo consumo. La ricerca è stata presentata oggi a
Milano nell'ambito del convegno "Concorrenza come motore della crescita".
La ricerca simula dunque gli effetti di una maggiore
liberalizzazione dei mercati dell'energia elettrica, delle
telecomunicazioni, dei servizi finanziari e della distribuzione commerciale
e dei carburanti sull'economia italiana. Il tutto a partire da un assunto:
"in Italia i mercati dei beni e servizi si sono mossi nella direzione di una
riduzione degli ostacoli alla concorrenza, ma con un passo più lento e
quindi con un ritardo che diventa sempre più evidente. Lo scopo di questo
lavoro è di misurare i costi per l'economia italiana di questo ritardo.
Costi che vengono sopportati direttamente dai consumatori, per i quali il
potere d'acquisto è compresso da un livello dei prezzi più elevato di quanto
potrebbe essere, e costi che sopportano le imprese, direttamente, a causa di
maggiori oneri per gli input materiali (energia e servizi alle imprese), e,
indirettamente, per maggiori salari conseguenti al più elevato costo della
vita. Infine, costi di tipo macroeconomico che conseguono alla minore
capacità di penetrazione delle nostre esportazioni sui mercati esteri e alla
minore sollecitazione agli investimenti in capacità produttiva e innovazione
tecnologica, che un ambiente più concorrenziale determinerebbe".
L'effetto a regime delle liberalizzazioni, rileva dunque
la ricerca, avrebbe un impatto positivo sul Pil, sui consumi, sugli
investimenti. Complessivamente, le liberalizzazioni potrebbero produrre a
regime "una riduzione del livello dei prezzi al consumo dell'1.7 per cento e
un incremento del livello del Pil della stessa misura dell'1.7 per cento -
si legge nella ricerca - Il maggiore livello del Pil è spiegato per più
della metà dall'incremento del livello dei consumi e per il rimanente quasi
totalmente dal maggiore livello degli investimenti (un piccolo contributo
viene anche dalle maggiori esportazioni, che risultano più competitive)". La
riduzione finale dei prezzi al consumo, aggiunge la ricerca, si
concentrerebbe soprattutto sui beni alimentari e sui prodotti energetici.
"Il più alto potere d'acquisto delle famiglie e i maggiori investimenti
stimolano un aumento del livello di occupazione dello 0.6 per cento e un
livello di salario nominale di circa otto decimi di punto più basso, ma più
elevato di nove decimi in termini reali rispetto all'ipotesi di assenza
delle liberalizzazioni".
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