Qualche tempo fa, su
lavoce.info abbiamo presentato uno strumento di interrogazione on line di un
campione longitudinale degli attivi e dei pensionati, Clap,
la nuova banca dati longitudinale sul mercato del lavoro, tratta dagli archivi
amministrativi dell’Inps. L’iniziativa era però stata da taluni
criticata. Erano critiche forse ingenerose, ma è senz’altro vero che
quell’iniziativa ancora non affrontava il problema dell’accesso ai
microdati. Proprio alla specifica soluzione di questo problema è oggi
rivolto l’ulteriore data-set messo a disposizione dei ricercatori. E che
contiene, oltre a quelle già sfruttate dall’applicazione on line (tipo di
situazione occupazionale, età, sesso, sede di lavoro), anche altre
variabili di estremo interesse, quali la retribuzione, il
numero di giornate retribuite, il tipo di orario (full-time vs part-time) e, in
relazione agli ultimi anni, anche il tipo di contratto (tempo determinato vs
tempo indeterminato).
Il quadro
normativo
Il problema dell’accesso ai
microdati non era di facile soluzione per la necessità di contemperare le
esigenze della ricerca – “culturalmente” spesso trascurate dal nostro
legislatore, come più volte sottolineato su queste colonne da Andrea
Ichino – con quelle di tutela della privacy. Che di un
contemperamento si debba trattare, è stato già con forza evidenziato, sempre su
queste colonne, da Ugo
Trivellato. Inoltre, è evidente che l’iniziativa predisposta, quali che
siano le opinioni degli scriventi, non poteva che muoversi nell’ambito definito
dalla normativa vigente. E in particolare dal nuovo “Codice in materia di
protezione dei dati personali”, approvato nel 2003, che dedica un intero titolo
(il settimo) al trattamento dei dati per scopi storici, statistici o
scientifici. In materia di analisi statistica, tuttavia, il codice della
privacy, ma soprattutto i codici di deontologia e di buona condotta che ne
specificano il contenuto, ripropongono l’antica dicotomia tra enti facenti parte
del Sistema nazionale di statistica (Sistan) e altri enti.
(1) Mentre la comunicazione dei dati all’interno di ciascuno
dei due “mondi” appare piuttosto libera, quella dall’uno all’altro è sottoposta
a regole alquanto stringenti. (2) Il mantenimento d’un
certo privilegio in capo al mondo Sistan non è privo di ragioni (si tenga conto
che tra l’altro per le rilevazioni incluse nel Piano statistico nazionale vige
il principio dell’obbligo di risposta). Il rischio è però quello di creare due
ambienti poco permeabili e di non valorizzare le informazioni più sistematiche e
significative, derivanti da indagini campionarie o di derivazione
amministrativa, che sono proprie del mondo Sistan. Il paradosso è che la
difficoltà di utilizzo delle informazioni ufficiali finisca per incentivare
l’uso alquanto approssimativo della statistica, con fonti improprie e spesso
assolutamente prive di significatività statistica, nel dibattito politico e
culturale. (3)
La procedura per
l’accesso ai microdati
Di fatto, i collegamenti tra
mondo Sistan e altri enti si restringono a due sole ipotesi. La prima,
peraltro non sempre molto pratica, prevede che l’accesso ai dati avvenga
all’interno di uno specifico laboratorio, predisposto dall’ente Sistan: è la
soluzione adottata dall’Istat con il cosiddetto laboratorio Adele. Una
soluzione alternativa passa invece per la definizione di un
progetto congiunto (tra ente Sistan, detentore dei dati, e
soggetto promotore di una ricerca, anche esterno al Sistan). Quest’ultima è la
procedura predisposta dal ministero per consentire un più ampio utilizzo
scientifico dei dati del Clap. I soggetti interessati
dovranno presentare un’istanza, corredata da uno specifico progetto di ricerca
(connesso con i fini istituzionali del ministero) e da un protocollo con cui i
ricercatori si impegnano al rispetto della normativa sulla privacy. Il ministero
potrà rifiutare la comunicazione dei dati soltanto ove il progetto persegua
scopi non coerenti con quelli istituzionali del ministero stesso, ovvero appaia
manifestamente inidoneo a perseguire gli obiettivi prefissati. Fine della
procedura non è quello di indirizzare le ricerche su specifici argomenti (fatto
salvo il riferimento all’ampio ambito del mercato del lavoro e delle tematiche
sociali e previdenziali) o di appropriarsi delle stesse. Pur trattandosi di un
progetto congiunto, il ministero rinuncia infatti a ogni diritto riguardante la
proprietà intellettuale della ricerca, richiedendo solo di essere informato
preventivamente su qualsiasi pubblicazione o evento che sfrutti i risultati
della ricerca stessa.
Perché il Clap sia
sempre più utilizzato
Tenuto conto delle lamentele
che il mondo della ricerca ha spesso sollevato rispetto alla carenza di
informazioni e di microdati, ci aspettiamo che l’iniziativa susciti un certo
interesse e che l’uso di Clap possa divenire una prassi diffusa. Peraltro, allo
scopo di ulteriormente incentivare la conoscenza e lo sfruttamento del nuovo
archivio statistico, il ministero ha bandito, in questa prima occasione di
apertura all’esterno del Clap, una gara volta a premiare le tre
ricerche giudicate più riuscite e più rispondenti agli obiettivi istituzionali
del ministero e alla attualità del dibattito scientifico. Previo espletamento
della procedura di richiesta dei dati, le ricerche dovranno essere presentate
entro il 28 febbraio 2006, per essere poi vagliate da una commissione
scientifica. (4) I premi sono di importo modesto, perché si
immagina che il mondo della ricerca sia comunque già sufficientemente stimolato
dalla guadagnata disponibilità dei microdati. Le peraltro piuttosto limitate
risorse disponibili saranno perciò impiegate in prevalenza nel migliorare,
d’intesa con l’Inps, la portata e la significatività del Clap in quanto tale: da
una parte con l’incremento delle informazioni disponibili, e
dall’altra con il miglioramento della procedura di consultazione
on-line. Sul primo punto, oltre all’impegno nel ridurre il gap
temporale, i prossimi passi sono quelli di includere informazioni relative ai
co.co.co, alle pensioni non Inps, ai contributi versati prima dell’inizio del
periodo di osservazione (il 1985), nonché informazioni relative al datore di
lavoro. Quanto alle interrogazioni on-line, si punta a rendere più agile e
flessibile il filtro iniziale che identifica la sottopopolazione della quale si
indaga la situazione prima e dopo di una certa data, nonché a inserire
importanti informazioni come la retribuzione e a calcolare misure “pesate”di
presenza in un certo status relativamente a un certo intervallo temporale.
L’auspicio è che strumenti
come Clap, pur nell’assenza delle definizioni relative al monitoraggio previste
dalla legge (in particolare dall’articolo 17 del decreto legislativo 276 del
2003, tuttora inattuato), possano contribuire a rendere più informato il
dibattito sulle politiche del lavoro, superando le molte
facilonerie e manicheismi intorno alla cosiddetta legge Biagi. In
prospettiva, è tra l’altro da tener presente che la struttura di Clap ben si
presterà a cogliere le opportunità che derivano dagli sviluppi previsti di
taluni sistemi informativi, in particolare per quanto attiene il costituendo
casellario degli attivi da cui Clap dovrà a regime poter essere
fatto discendere.
(1) Il
codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti effettuati
nell’ambito del Sistan, adottato con provvedimento del Garante n. 13 del 31
luglio 2002 (Gu 16 agosto 1999, n. 191), è riportato in appendice al Dlgs
196/2003; il codice di deontologia per gli enti non Sistan, posteriore
all’adozione del codice della privacy, è stato approvato con provvedimento del
Garante del 16 giugno 2004 (in Gu n. 190 del 14 agosto 2004).
(2) Per quanto
riguarda la comunicazione tra enti Sistan si veda, oltre al già citato codice
deontologico, la recentissima direttiva 9/2004 del comitato di indirizzo e
coordinamento dell’informazione statistica (Comstat), recante “Criteri e
modalità per la comunicazione dei dati personali nell’ambito del Sistema
statistico nazionale”, in Gazzetta ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2004.
(3) Un esempio
tra tutti è quello relativo alle collaborazioni coordinate e continuative. Il
persistere della carenza di dati sul fenomeno all’interno dei quadri
occupazionali abitualmente prodotti dall’Istat consente tuttora taluni
commentatori di parlare di più di due milioni e mezzo di cococo (ritenuti poi, a
seconda dei punti di vista, precari sfruttati o posizioni lavorative poste a
rischio dalla legge Biagi).
(4) I dettagli
per la partecipazione al bando si trovano sul sito http://stat.welfare.gov.it
Archivio Codice Deontologico
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