Una ricerca tutta italiana, pubblicata su Nature, potrebbe dare, nel
futuro, ai malati di distrofia muscolare nuove speranze terapeutiche.
La ricerca condotta da Giulio Cossu, Direttore Istituto di ricerca
sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano e coordinatore del gruppo
dei ricercatori, in collaborazione con la scuola veterinaria francese di
Maison-Alfort , l'Università di Pavia ed altri istituti ed università
italiane, avrebbe dimostrato l'efficacia di particolari cellule staminali,
chiamate "mesoangioblasti" nella cura della Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD).
La DMD è una malattia genetica degenerativa a carico dei muscoli,
particolarmente grave, perché la degenerazione colpisce anche i muscoli
respiratori e il cuore, specialmente negli ultimi anni di vita. Insieme alla
sua variante, la distrofia di Becker, rappresentano il 50% di tutte le
distrofie muscolari.
La malattia fu descritta per la prima volta centocinquanta anni fa da
Duchenne, ma solo 20 anni fa è stata chiarita esattamente la sua base
molecolare. La malattia sarebbe causata da un'alterazione di un gene che si
trova sul cromosoma X e che esprime la proteina distrofina, indispensabile per
la funzione delle fibre muscolari e che è assente nelle cellule malate.
La DMD, colpisce, quindi, tranne rarissime eccezioni, esclusivamente maschi
con un solo cromosoma X ed ha un'incidenza di un bambino ogni 35.000 nati. I
primi sintomi si manifestano intorno ai tre anni, mentre l'aspettativa di vita
non supera in media i 25-30 anni di età.
Secondo quanto viene riferito su Nature, Giulio Cossu e colleghi avrebbero
prelevato cellule staminali dai vasi sanguigni (mesoangioblasti) di cani sani
che poi sarebbero state iniettate, nelle arterie delle zampe di un modello
animale ammalato di DMD, cani Golden Retriever colpiti da distrofia muscolare
(GRMD), già sottoposti ad un trattamento di immuno-soppressione a base di
ciclosporina per evitare il rigetto delle cellule del donatore.
I cani trattati, viene sottolineato nella ricerca, avevano ereditato il
gene alterato dalla madre, come accade nei pazienti umani e, si è visto che,
dopo essere stati iniettati per via arteriosa, i mesoangioblasti hanno
cominciato a produrre la distrofina non solo nelle zampe, ma anche nel
diaframma, un particolare importante perché i muscoli della respirazione,
anch'essi colpiti dalla malattia, sono difficili da raggiungere con
un'iniezione .
Dopo cinque iniezioni quattro su cinque dei cani distrofici hanno mantenuto
o migliorato la deambulazione e una discreta forza muscolare; inoltre, una
percentuale delle loro fibre muscolari, variabile tra il 10 e il 70%, ha
prodotto la versione normale della distrofina. I risultati di questi
esperimenti indicano che i mesoangioblasti sono in grado di migliorare la
struttura e la funzione muscolare dei cani distrofici.
In studi precedenti, fatti su topi, si era già constatato che anche
mesoangioblasti isolati da topi distrofici si sono dimostrati ugualmente
capaci di migliorare la funzionalità dei muscoli malati, a condizione che
prima di essere iniettati venissero geneticamente curati in vitro con una
copia sana del gene mutato.
"Questo studio -spiega Giulio Cossu- è il frutto di 15 anni di lavoro,
finanziati da Telethon e di precedenti risultati incoraggianti ottenuti su
topi. Prima però di passare alla sperimentazione clinica abbiamo ripetuto la
sperimentazione sui cani. Questi animali hanno, infatti, tutti i segni della
distrofia muscolare di Duchenne presenti nell'uomo e rappresentano, quindi, un
modello migliore dei topi per verificare gli effetti di una terapia. I
risultati pubblicati oggi su Nature ci confermano che eravamo sulla strada
giusta e ci permettono di iniziare a pianificare la sperimentazione sull'uomo.
Ma è importante che anche se il cane malato di DMD rappresenta il modello
animale più vicino alla malattia umana, il passaggio alla sperimentazione
clinica richiede tempi lunghi e molta cautela. Noi speriamo di poter iniziare
un trial clinico in un futuro prossimo; nel frattempo, raccomandiamo ai
pazienti di continuare a rimanere in cura presso i loro specialisti che
saranno costantemente informati dei progressi della ricerca e di una sua
applicazione clinica".
Oltre a questo studio sono in programma altre sperimentazioni cliniche,
mentre altre sono già in corso con nuovi vettori virali (terapia genica) o con
nuovi farmaci che agiscono sia a livello dell'espressione della distrofina,
che indirettamente sui muscoli, inducendo la loro ipertrofia e rallentando,
quindi, il decorso della distrofia. Ma secondo Cossu, nelle prossime
sperimentazioni potrebbero essere utilizzati anche fattori di crescita.
Ma è probabile che, nel tempo, una combinazione di diverse terapie possa
portare finalmente a risultati risolutivi per una cura della distrofia
muscolare.
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