Il varo del piano casa è imminente. Chi lo critica prospetta i rischi di una
cementificazione indiscriminata del paese, ma sembra dare per scontati gli
effetti positivi sull'economia. Che nel breve periodo ci sarebbero davvero:
il piano farebbe aumentare il Pil dell'1,4 per cento. Ma nel medio periodo i
benefici sarebbero annullati da un calo dei consumi dovuto alla diminuzione
della ricchezza delle famiglie. Perché la rimozione dei vincoli
amministrativi accrescerebbe l'offerta di abitazioni, facendo scendere di
conseguenza il loro prezzo.
Il governo è in procinto di approvare il cosiddetto
piano casa.
In estrema sintesi, il piano prevede la possibilità di aumentare il
volume delle case del 20 per cento (35 per cento in caso di
demolizione) senza richiedere permessi, ma con una semplice notifica e
una dichiarazione del progettista. Chi amplierà la prima casa otterrà
anche uno sconto del 50 per cento sul contributo per il Comune. Sono
fatti salvi i vincoli sulle aree non edificabili, gli immobili abusivi
e gli immobili privati sulle aree del demanio.
Il piano ha suscitato un acceso dibattito: i suoi critici ritengono
che prefiguri un’indiscriminata “licenza di costruire” che porterà
nuova cementificazione e degrado urbano.
Molte di queste critiche sembrano dare per scontato che, almeno sotto
lo stretto profilo economico, il piano avrà
effetti positivi
sull’economia. È proprio così?
LOGICA E CONSEGUENZE DEL PIANO
La logica economica che ispira il piano casa sembra essere la
seguente.
1. Il settore delle costruzioni soffre di asfissia
a causa di un eccesso di vincoli
amministrativi-burocratici-urbanistici-paesaggistici. Ciò comporta che
si costruisca troppo poco, e che il prezzo delle abitazioni sia troppo
alto. (1)
2. Basta allentare questi vincoli all’offerta (del 20
per cento) per dare slancio al mercato. (2)
Ammettiamo che questa impostazione sia corretta e che il piano
provochi un aumento del 20 per cento delle “cubature” delle
abitazioni. Quali sarebbero le implicazioni per l’economia? Per
rispondere si deve distinguere tra breve e medio termine.
Breve termine
Intanto osserviamo che il settore costruzioni contribuisce al
totale del valore aggiunto nazionale per circa il 5,3 per cento.
(3) Dunque, un aumento del 20 per cento di questo
settore equivarrebbe a uno shock di spesa dell’1 per cento circa del
Pil. Se ipotizziamo che per ogni euro di spesa addizionale, l’effetto
moltiplicativo sul reddito (nuovi consumi e effetto ”indotto”) faccia
aumentare il reddito nazionale di 1,4 euro, nel breve periodo il piano
casa farebbe aumentare il Pil dell’1,4 per cento,
ovvero di circa 22 miliardi di euro.
Medio termine
Poiché la rimozione dei vincoli amministrativi accresce l’offerta,
il prezzo delle abitazioni dovrà nel tempo scendere. Di quanto?
L’evidenza empirica suggerisce che un aumento dell’offerta abitativa
del 20 per cento riduce il prezzo di equilibrio delle abitazioni del
33-50 per cento. (4) Ne segue che il valore
delle abitazioni di proprietà delle famiglie calerà e l'effetto
ricchezza, negativo, tenderà a deprimere i consumi. I
dati di Banca d’Italia sul valore delle abitazioni nel 2007 e la
letteratura sul comportamento del consumo delle famiglie in Italia
suggeriscono che nell’arco dei prossimi due-tre anni i consumi delle
famiglie si ridurranno per questa via di 15 - 34 miliardi
di euro. (5)
In definitiva, il piano casa avrà un considerevole effetto di stimolo
nel breve termine (+1,4 per cento di Pil), ma questi effetti saranno
in seguito annullati, o più che compensati, dal calo dei consumi
indotto dalla riduzione dei prezzi delle case. Alla fine, otterremo (o
dovremo pagare) poco in cambio di città più brutte.
(1) Parliamo qui del mercato per i servizi abitativi,
ovvero delle locazioni. Se l’affitto rappresenta il pagamento per
usufruire del servizio abitativo (generato dalla proprietà di un
appartamento) il valore di quest’ultimo sarà dato dalla somma cumulata
degli affitti. Dunque, per un dato tasso di interesse, vi è una
corrispondenza diretta tra il “prezzo” di una locazione e il “prezzo”
di una casa.
(2) Per una rappresentazione grafica di queste idee
si può vedere la versione dell’articolo sul mio blog,
http://paolomanasse.blogspot.com/
(3) Si veda Istat, Conti economici trimestrali, IV
trimestre 2008, Tabella 4,
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/contitri/20090312_00/testointegrale20090312.pdf
(4) Le stime dell’elasticità della domanda di
abitazioni suggerite dalla letteratura sono comprese tra 0.4 e 0.6, si
veda ad esempio Hanushek, Quigley, “What is the elasticity if housing
demand?”, Review of Economic Studies (1980), o più
recentemente Ioannides e Zabel, “Neighbourhood effects an housing
Demand”, Journal of Applied Econometrics, 2003.
(5) I dati Banca d'Italia si trovano su
https://www.bancaditalia.it/statistiche/stat_mon_cred_fin/banc_fin/ricfamit/2008/suppl_76_08.pdf.
Per i consumi delle famiglie si veda ad esempio Paiella, 2004,
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td04/td510_04/td510/tema_510.pdf.
Foto: da internet