«Mi restano dai tre ai sei mesi…»
«Bene,
eccoci qui… Nelle mie Tac compaiono una decina di tumori al fegato, e il dottore
mi ha detto che mi restano dai tre ai sei mesi di buona salute.»
Chi parla è Randy Pausch, 47
anni, professore di Scienze Informatiche, Interazione uomo-computer, Design,
alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, e “molto altro”, come si legge in
un articolo dedicato a lui. È la sua Last lecture, l’ultima lezione
tenuta il 18 settembre 2007 in un’aula della Carnegie Mellon University
traboccante di gente, studenti, colleghi, pubblico. Il video su YouTube è
passato sotto gli occhi di milioni di persone. Ora esce il libro. La versione
italiana, L’ultima lezione, è stata messa in vetrina da Rizzoli il 17
marzo scorso.
Nel 2006 al professor Randy
Pausch hanno diagnosticato un cancro al pancreas, tumore per il quale non esiste
un metodo di accertamento precoce, che uccide, entro un anno dalla diagnosi, il
75 per cento di malati. Randy Pausch è ancora tra noi, appartato in Virginia con
la famiglia, “i miei tre bimbi, mia moglie… Abbiamo comperato una splendida casa
in Virginia… un posto bellissimo per viverci”.
L'ultima lezione procede
a ritmo veloce: «… le cose stanno così. Non possiamo cambiarle. Possiamo
soltanto decidere in che modo reagire alla situazione… Se non vi sembro depresso
come immaginate che dovrei essere, mi rincresce deludervi… sto per morire e mi
diverto.»
Lungo una corsa di un’ora e
venti, in un intenso quanto straziante, estremo inno alla vita che gli sfugge,
Randy Pausch avvince la platea, la intrattiene, strappa applausi, standing
ovations e risate.
“Come realizzare i sogni dell’infanzia.”
È il titolo della lezione.
Randy esplora i desideri, le illusioni che si hanno da piccoli. Non vanno
accantonati come chimere. Dobbiamo prenderli sul serio e far sì, con forza e
passione, con tutta la nostra tensione d’intelletto e sentimento, che divengano
realtà.
«Non perdete mai la capacità di
stupirvi, proprio quella dei bambini. È troppo importante. È questa che ci
sprona ad andare avanti… »
Senza paramenti accademici,
grisaglia, camicia bianca e cravatta, il professore si presenta in toilette
casual, polo blu e pantaloni chiari. Asciutto, sorridente e abbronzato, ha una
forma smagliante e seducente. Si sdraia per terra e dà spettacolo dei suoi
muscoli: flessioni, torsioni, stacchi dal suolo che miriadi di “sportivi” non
farebbero nemmeno dopo una vita murata in palestra.
«… davvero è l’esempio di
dissonanza cognitiva più plateale che vi possa capitare di vedere.»
Un tale esempio di “dissonanza
cognitiva” è frequente in un gran numero di malati di cancro sotto
chemioterapia, in metastasi, in fase terminale. Si sentono in perfetta forma
fisica, leoni e gazzelle nella savana, finché, d'un tratto, non scatta il punto
di rottura. Dopo, non c’è morfina, non c’è cocktail di antidolorifici capaci di
sedare la tortura del tumore che ai più ardenti amanti della vita — davanti all’ipocrito
“come stai?” degli amici durante la visita di prammatica che precede le onoranze
funebri — fa dire: «Chiedo solo di morire».
Prima di darsi a un andirivieni
ininterrotto sogno-realtà, Randy Pausch avverte: «Non parleremo di cancro perché
ne ho già parlato abbastanza e non m'interessa davvero… Se avete qualche
integratore a base di erbe o altri rimedi, state alla larga, per favore.»
Troppe volte, più il tempo
passa, più si allunga la lista dei cicli di chemioterapia che invadono
l'organismo fra mille patimenti, nell’attesa di una remissione delle metastasi,
e più le metastasi prendono campo e invadono l'organismo; ma se una finestra si
chiude, non si chiudono caparbie speranze. Si guarda alle ultime spiagge, fatte
di erbe indiane, aloe arborescens, bicarbonato di sodio, miracolose guarigioni
attestate da centinaia di pazienti, tranne quelli che abbiamo conosciuto, amato
e di tanto in tanto salutiamo al cimitero.
«Non parleremo di mia moglie e
non parleremo dei miei bambini, perché sono bravo, sì, ma non così bravo da
poterne parlare senza scoppiare a piangere.»
Parla invece dei suoi sogni di
fanciullo: «Sognavo molto. C’era tanto da sognare a occhi aperti. Sono nato nel
1960. A otto o nove anni, se guardavo la televisione vedevo l’uomo sbarcare
sulla luna… L’ispirazione e la possibilità di sognare sono immense».
Il sogno di galleggiare in aria
Si avventura in una carrellata
di sogni dell’infanzia, i più diversi e disuguali, galleggiare in aria, giocare
nella Nazionale di football, essere “uno di quei tipi che vincono i pupazzi
giganti al luna park”, diventare “uno degli imagineer della Disney”, cioè uno di
coloro che pianificano e mettono in opera le attrazioni dei parchi giochi. Randy
Pausch, i suoi sogni, li ha realizzati quasi tutti, poi si è dedicato a
realizzare i sogni degli altri.
Non si è fermato neanche di
fronte alla Nasa, nemmeno allorché qualcuno della National Aeronautics and Space
Administration, dove si era intrufolato, gli ha domandato se non gli pareva di
essere uno sfacciato bell’e buono a voler provare la gravità zero da semplice
individuo con i piedi attaccati al suolo. Nondimeno, Randy è arrivato a
realizzare il sogno n. 1. «… la Nasa disponeva di una cosa detta “La cometa del
vomito” con la quale si addestravano gli astronauti… un apparecchio che effettua
paraboliche. Alla sommità di ogni arcata per 25 secondi circa si diventa
proiettili e si sperimenta un vago equivalente dell’assenza di gravità.»
Il sogno di giocare nella Nazionale di football e i pupazzi di peluche
Con la Nazionale di football
non gli va bene, ma la lezione è memorabile. A 9 anni firma un contratto con un
mostruoso allenatore, alto 1,90, che gli sta alle costole e lo fa sgobbare.
«Questo lo hai sbagliato, ripetilo. Hai sbagliato quello. Fallo ancora. Torna
indietro e ricomincia. Me lo devi… dopo l’allenamento fa’ le flessioni». Un
giorno un altro allenatore gli dice: «Il coach ti ha lavorato ben bene, eh? Buon
segno. Se sbagli e nessuno te lo dice, vuol dire che non gliene frega nulla».
Una lezione che Randy ha tenuto a mente per tutta la vita: «Quando metti il
piede in fallo e nessuno si prende la briga di dirti qualcosa, è meglio cambiare
aria. Chi ti critica lo fa perché gli stai a cuore… L’esperienza è ciò che
ottieni quando non sei riuscito a ottenere ciò che volevi». Il suo pensiero vaga
altrove. Cambia registro: «Potrà sembrare banale, ma quando si è piccoli e al
luna park si vedono dei tizi con grandiosi peluche sottobraccio… Sì, ne ho vinti
un sacco… È una parte della mia vita».
Vengono portati in scena enormi
pupazzi di peluche. «… ecco i miei orsacchiotti… se qualcuno vuole conservare un
pezzetto di me, si accomodi.»
Il sogno di Disneyland
Un altro bollente desiderio,
diventare Imagineer, «Ecco, proprio difficile. Credetemi: sperimentare l’assenza
di gravità non è niente rispetto a diventare un Imagineer! Avevo otto anni
quando la mia famiglia traversò il Paese per andare a Disneyland… un’odissea… ma
quello era l’ambiente più fantastico che avessi mai visto, e invece di pensare
‘Voglio visitarlo’, mi dicevo ‘Voglio costruire cose così’. Ci investii tutto il
mio tempo, mi laureai, presi un dottorato, supponendo che ciò mi qualificasse a
fare ogni cosa. Spedii caterve di lettere alla Walt Disney Imagineering
chiedendo di assumermi, e loro mi mandarono le più dannate lettere di vaffa che
io abbia mai ricevuto».
Pausch, al solito, non si
arrende e infine la spunta, con un anno sabbatico alla Walt Disney Imagineering.
Fonda, assieme a Don Marinelli, il Centro di Tecnologia dell’Intrattenimento, un
modo inedito d’insegnare a programmare un computer, facendo credere ai ragazzi
che stanno facendo film o videogame. Il miglior metodo d’insegnamento è,
appunto, di convincere l’allievo che quanto sta imparando è un’altra cosa.
Pausch lo ha fatto in tutta la sua carriera. «Col Centro di Tecnologia
dell’Intrattenimento abbiamo creato la fabbrica dove si realizzano i sogni». Si
tratta di un master di due anni basato sul lavoro di artisti e tecnologia. «Sono
un po’ a disagio come docente universitario; provengo da una famiglia che
lavorava per vivere… Dividevo con Don lo stesso ufficio, minuscolo da principio.
Sapete, vista la mia situazione di oggi, c’è chi mi domanda: “Pensi di andare
all’inferno o in paradiso?”. Non saprei, ma se mi toccherà di andare
all’inferno, spero mi scontino i sei anni che ci ho già passato!». Il perfetto
Centro di Tecnologia dell'Intrattenimento, organizzato per la nuova, prossima
versione, è la Terra Promessa di Randy-Mosè, “ma io non vi metterò piede…
Ricordate: ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso… per
fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarli… Da qualche
parte, lungo il cammino di ciascuno, deve esserci qualcosa che ci consente di
realizzare i nostri sogni. Questa è mia madre, nel giorno del suo settantesimo
compleanno”. Mostra una diapositiva della mamma che guida un’automobile in un
Luna Park. «Io sto dietro, alle sue spalle, sono stato appena catapultato fuori…
Quando ero qui a studiare per il dottorato, preparandomi a una cosa chiamata
“Teoria qualificativa” — la seconda cosa peggiore della mia vita dopo la
chemioterapia —, mi lamentavo con mia madre. E lei: “Sappiamo bene come ti
senti, tesoro, ma il babbo alla tua età combatteva contro i tedeschi”.»
«Il mio discorso non l'ho
fatto per voi, ma per i miei bambini.»
Siamo al traguardo. Nelle
ultime frasi di Randy Pausch si compendia più che mai il perché del clamore
suscitato nel mondo dalla Last lecture, il perché dell’aver trasformato
questo professore in un eroe. Non è un atto di eroismo avere un cancro che non
perdona, lo è uno stile di vita che non cede di fronte alla sofferenza e alla
morte. Alle interazioni che ha indagato fra uomo e macchina, fra scienze e arti,
Randy ne antepone una tutta sua, che gli sta addosso giorno per giorno,
l’interazione fra morte e vita, fra la smisurata tristezza della sconfitta e una
speranza di felicità che non abbassa la guardia, non si rassegna alla perdita.
«Non rammaricatevi. Lavorate
più sodo… Trovate il meglio in ogni persona… Aspettate, non importa quanto ci
vorrà… Siate pronti. La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra
l’opportunità… oggi vi ho parlato dei sogni dell’infanzia… di alcune lezioni
imparate nel corso della vita… Non è importante realizzare i sogni; vivere è
importante. Se vivrete nel modo giusto, il vostro karma si prenderà cura di ciò
che fate e i sogni verranno… Il mio discorso non l'ho fatto per voi, ma per i
miei bambini.»
Pagine di diario (dal sito di Randy Pausch)
2 aprile 2008
«Torno
a lottare Per quelli, fra voi, che hanno dimestichezza col pugilato, descriverei
le settimane dopo il cedimento che ho avuto dei reni e del cuore come un
“conteggio fino a otto in piedi”». È il conteggio di protezione dell’arbitro
quando un pugile si rialza dopo un knock down, per valutare se è in grado di
proseguire il match. «Sono andato al tappeto alla grande e mi ci è voluto del
tempo per riprendermi. Ora sono di nuovo in piedi, un po’ traballante, ma pronto
a lottare ancora». Sta battendo a macchina in una stanza di ospedale. Ha
riacquistato forza e speranza. La speranza gli viene dalla Tac e dalla RM, fatte
il giorno prima. Mettono in evidenza un’altra metastasi al fegato. Ora sono
undici. Alcune delle dieci già presenti sono ingrossate, ma di poco. Non si è
sviluppato all’impazzata il tumore più importante, di due centimetri e mezzo,
che costituiva la paura principale, essendo stata sospesa la chemio per sei
settimane, in seguito al collasso dei reni e del cuore. In prospettiva, cure
all’avanguardia. Adesso Randy spera di rimontare in sella sulla bici in una
settimana o suppergiù.
9 aprile 2008
«Pronto a fare il prossimo
passo, Non sono ancora rimontato sulla bici, ad ogni modo mi sento abbastanza
bene per muovermi e andare avanti con la terapia.»
Carlottta Martini
http://www.canisciolti.info
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