L’idea secondo cui il cancro esisteva già nelle società tradizionali, almeno
quanto nella società industriale moderna, è uno dei fondamenti della
cancerologia ufficiale. Tale idea permette di concepire il cancro come una
malattia inevitabile e dunque basare tutta la politica sanitaria sulla cura
anziché sulla prevenzione.
La “salute” delle economie industriali non ha rapporto con la salute delle
società sulle quali il modello economico occidentale è stato imposto. Al
contrario la crescita economica è strettamente legata al malessere sociale.
Un esempio di ciò è l’enorme industria che movimenta miliardi di dollari,
sviluppatasi sul problema, per così dire epidemico, del cancro. Potenti
istituzioni, grandi industrie farmaceutiche, multinazionali e un numero
incalcolabile di persone ricava i suoi guadagni non dalle strategie di
prevenzione, ma dall’esistenza stessa e dall’aumento della patologia. Se,
come molti ricercatori indipendenti testimoniano, la vera causa del cancro
sono le sostanze chimiche tossiche prodotte dall’industria, allora bisogna
riconoscere che occorre ribaltare gli stessi pilastri dell’economia
industriale moderna.
In queste condizioni non sorprende che le grandi istituzioni addette al
cancro e le multinazionali chimiche abbiano messo in opera in maniera
sistematica e con stupefacente determinazione strumenti potenti per
screditare questo tipo di conclusioni.
Si nega in particolare che il cancro sia in aumento, si cerca di dimostrare
che sarebbe normale che una persona su tre nelle società avanzate prima o
poi soffra di cancro. E se anche si constata un leggero aumento, anziché
deplorarlo, si finisce col celebrare i meriti dell’industrializzazione, fra
i quali ci sarebbe quello di prolungare la vita media e l’ammalarsi di
cancro sarebbe semplicemente il rovescio della medaglia. È evidente che in
questo contesto l’aumento indiscutibile dei casi di cancro nei pressi di
impianti nucleari appare una semplice coincidenza. Tanto più che non mancano
ricercatori a sostegno dell’ipotesi che bisognerebbe piuttosto imputarne la
responsabilità ad alimenti d’uso comune come formaggio, noci o funghi.
Eppure ogni studio preciso e sistematico di ciò che avviene nelle società
industriali dimostra una realtà ben diversa. Anche se sono stati condotti
pochi studi, questi stabiliscono con sicurezza la quasi inesistenza di
malattie tumorali presso popolazioni che vivono ancora in condizioni quasi
immutate da millenni. Ma il Sistema medico industriale che si occupa del
cancro, per continuare la sua industria lucrativa della terapia a tutti i
costi contro la strategia preventiva, deve dimostrare, in contrasto con ogni
evidenza, che il cancro è una malattia antica e per di più in diminuzione
così da giustificare anche in futuro i miliardi investiti nel tipo di
ricerca che fa crescere l’industria farmaceutica. Una fede di fondo nel
sistema industriale e nel cosiddetto progresso ha bisogno della
dimostrazione che gli abitanti delle società tradizionali primitive tendono
ad ammalarsi di più e l’unica possibilità di salute anche in futuro si fonda
su ricerche scientifiche e su una medicina high-tech.br<
Bisogna anche dire che purtroppo nei secoli e negli ultimi decenni in
particolare lo sforzo di colonizzare e industrializzare ogni cultura del
pianeta rende estremamente difficile studiare in maniera esaustiva ciò che
avviene in merito al cancro nelle società tradizionali che sono ormai
pochissime, in regioni isolate sempre più minacciate da questo “progresso”.
Per questo le nostre conclusioni si fondono essenzialmente su studi
scientifici relativamente antichi e su prove empiriche risultanti
dall’accumulo di dati concordanti tra loro.
Ovviamente non interessa a nessuna multinazionale o industria farmaceutica,
sul piano dell’investimento finanziario, incoraggiare ricerche sulla salute
nelle società tradizionali.
In queste condizioni chiedere finanziamenti per ricerche che rischiano di
distruggere i piedi di argilla del colossale Sistema medico industriale e
sbarrare la via al sacro progresso è un compito estremamente difficile se
non impossibile.
Una ricerca di questo tipo è stata condotta nel 1960 su gli esquimesi del
nord America da Vilhjalmur Stefansson e pubblicata col titolo Cancer,
maladie de civilisation.
Nella prefazione René Dubos, professore di microbiologia all’istituto
Rockefeller per la ricerca medica, sottolinea che: “la storia mostra che
ogni tipo di civiltà, come ogni gruppo sociale e ogni modo di vita, ha le
sue malattie. Da questa ampia inchiesta viene fuori l’impressione che alcune
malattie come la carie, l’arteriosclerosi e il cancro sono così rare presso
le popolazioni primitive che non si notano neppure almeno fino a quando non
mutano completamente gli stili di vita ancestrali delle popolazioni
esaminate”.
Nel 1915 la compagnia d’assicurazione Previdenza d’America pubblica un
rapporto di 864 pagine sul cancro, intitolato La mortalité due au cancer à
travers le monde. Il suo autore, Frederick L. Hoffmann, presidente del
comitato statistico della società americana per il controllo del cancro,
facendo leva su un migliaio di rapporti diversi e su tutti i dati
disponibili concludeva: “ la rarità del cancro presso gli indigeni tende a
mostrare che la malattia dipende da condizioni e modi di vita propri della
civiltà moderna .” Poi continua spiegando che “un grande numero di
missionari medici e di altri osservatori competenti che hanno vissuto anni
presso le popolazioni indigene di tutto il mondo, avrebbero da tempo fornito
testimonianze significative per quanto concerne la frequenza di tumori
presso popolazioni così dette non civilizzate, se fosse stato da loro
constatato una frequenza di casi di cancro analoga a quelli dei paesi
civilizzati. (.....) Al contrario secondo gli osservatori medici competenti
il cancro resta eccezionalmente raro presso le popolazioni cosìddette
primitive”. Poco oltre nello stesso rapporto, egli cita un estratto dal
libro di Charles Powell : “Non si può dubitare che le varie influenze che
noi chiamiamo civiltà giochino un ruolo nella creazione del terreno
favorevole per lo sviluppo del cancro”. E poco oltre ancora dal testo The
cancer problem di WS Bainsbridge “L’arrivo della civiltà in questi paesi ha
prodotto un tale sconvolgimento dell’ambiente da aumentare notevolmente la
predisposizione al cancro. Quali sono dunque le particolarità nelle
condizioni di vita dei popoli cosìddetti civili: condizioni di vita assenti
presso le popolazioni primitive, che si associano all’aumento del cancro
presso queste popolazioni al momento che la civiltà è loro imposta ?”. Da
allora c’è stata una conversione così totale al sistema attuale che è
diventato politicamente “scorretto” proporre idee alternative a quella
dominante secondo cui i popoli così detti primitivi avrebbero vissuto, fino
a quando la civiltà moderna non ha dato loro la possibilità, nella sua
grande bontà, di raggiungere una condizione degna di essere vissuta,
avrebbero vissuto appunto in condizioni di tale abbandono e miseria da
ammalarsi con grande facilità. Nell’800 la situazione era
completamente diversa, se è vero che nel 1836 alcuni famosi medici
viaggiatori, fra cui il celebre dottor Richard King, nel corso di una
spedizione artica si dicevano sorpresi “di constatare fino a che punto le
malattie si stessero diffondendo nella regione ”. Questa sorpresa che
testimonia perfettamente come la maggior parte dei medici che visitavano le
popolazioni ancora in situazioni ancestrali, fossero convinti che queste
godevano di una salute migliore di quella dell’“uomo bianco”.
Zac Goldsmith
Fonte: www.ecologist.it
Link:http://www.ecologist.it/cancro04.html
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