Iniziamo a vedere cosa
realmente viene fatto a chi OGGi si ammala di cancro.
Nella stragrande maggioranza dei casi si usano, dove è possibile, unicamente
tre metodi: l'asportazione chirurgica, la chemioterapia e l'irradiazione. Il
primo rimedio è del tutto inutile, perché il tumore non è che lo stadio
finale e più visibile di una situazione patologica che coinvolge tutto
l'organismo. Per tanto, dopo l'asportazione, la recidiva è quasi la regola,
in quanto le difese immunitarie del paziente saranno ulteriormente
indebolite dal trauma delle ferite, dall'intossicazione dell'anestesia,
dagli antibiotici e dagli altri medicinali. Gli altri due metodi si basano
sul fatto che le cellule cancerose sono più deboli di quelle sane, pertanto,
sotto l'azione di veleni o di radiazioni ionizzanti, sono le prime a morire.
Questa constatazione porta però a una delle pratiche più insensate della
storia della medicina: avvelenare ed irradiare il paziente per guarirlo!
Anche la persona meno informata, riesce a comprendere che guarigione
significa miglioramento della salute. Nessuno pensa che l'inquinamento, gli
esperimenti atomici o l'incidente di Chernobyl siano i provvidenziali
vantaggi dei nostri tempi per mantenerci sani. Nei fatti, anche con la
chemioterapia e l'irradiazione, dopo un iniziale, apparente successo, il
malato, con il sistema immunitario massacrato, indebolito nel corpo e nella
mente, svilupperà generalmente in breve tempo un nuovo tumore, questa volta
ancor più difficile da curare.
Eppure, specialmente negli ultimi mesi, in occasione dei vari dibattiti
sulla cura Di Bella, avrete sentito fior di luminari, illustri primari,
grandi ricercatori, sostenere che le critiche alle attuali terapie
oncologiche non hanno ragione di esistere, che la medicina ha fatto enormi
passi in avanti, che le percentuali di guarigione sono già nell'ordine del
50% e che tale percentuale è in fase di crescita. In conclusione, la
medicina sta facendo il proprio dovere ed i soldi assegnati alla ricerca
hanno dato i frutti sperati.
Vediamo ora quali sono, in realtà, i grandi progressi che da alcuni anni la
scienza sta compiendo nel campo della lotta ai tumori.
Riunione del settembre 1994 del President's Cancer Panel:
"Tutto sommato, i resoconti sui grandi successi contro il cancro, devono
essere messi a confronto con questi dati" aveva detto Balair, indicando un
semplice grafico che mostrava un netto e continuo aumento della mortalità
per cancro negli Stati Uniti dal 1950 al 1990. "Torno a concludere, come
feci sette anni fa, che i nostri vent'anni di guerra al cancro sono stati
un fallimento su tutta la linea. Grazie".
Chi è questo personaggio che esprime idee così eretiche, un medico
alternativo? Un ciarlatano come è stato definito Di Bella? Un guaritore che
approfitta dei poveri malati? Uno che non conosce le percentuali di
guarigione? Purtroppo per loro, niente di tutto questo. Risulta difficile
definire ciarlatano o incompetente, John C. Balair III, insigne professore
di epidemiologia e biostatistica alla Mc Gill University, uno dei più famosi
esperti di oncologia degli Stati Uniti e dell'intero pianeta. Non parlava
del resto ad una platea di sprovveduti; il President's Cancer Panel è nato
in conseguenza del National Cancer Act, un programma di lotta contro il
cancro, firmato dal presidente americano Richard Nixon il 23 dicembre 1971 e
per cui si sono spesi fino al 1994 ben 25 miliardi di dollari. I dati
relativi alla situazione delle lotta al cancro vengono forniti direttamente
al Presidente degli Stati Uniti. La conclusione principale di Balair, con
cui l'NCI (National Cancer Institute) concorda, è che la mortalità per
cancro negli Stati Uniti è aumentata del 7% dal 1975 al 1990. Come tutte
quelle citate da Balair, questa cifra è stata corretta per compensare il
cambiamento nelle dimensioni e nella composizione della popolazione rispetto
all'età, cosicché l'aumento non può essere attribuito al fatto che si muore
meno frequentemente per altre malattie.
La mortalità è diminuita per tumori quali quelli del colon e del retto,
dello stomaco, dell'utero, della vescia, delle ossa, della cistifellea e dei
testicoli. La mortalità per cancro nei bambini si è quasi dimezzata fra il
1973 e il 1989, in gran parte grazie alle migliori terapie. Tuttavia, dato
che i tumori infantili erano comunque rari, questo miglioramento - e quello
più lieve registrato nei giovani adulti - ha avuto solo un effetto assai
ridotto sul quadro generale. In totale, gli incrementi della mortalità
per cancro sono circa il doppio delle riduzioni.
Edward J. Sondik, esperto di statistica dell'National Cancer Institute,
sostiene che vi sarebbe un aumento di oltre il 100% dei casi di cancro al
polmone nelle donne fra il 1973 e il 1990. Anche il melanoma e il cancro
alla prostata hanno avuto incrementi considerevoli, di oltre l'80%, in quel
periodo. Sondig ha concluso che l'incidenza totale del cancro è aumentata
del 18% fra il 1973 e il 1990.
"Nessun esperto del settore può continuare a credere che dietro l'angolo vi
sia necessariamente tutta una serie di magnifiche terapie contro il cancro
in attesa di essere scoperte" asserisce Balair ribadendo di averne
abbastanza della continua sfilata di notizie sensazionali che fanno
credere che una cura risolutiva stia per essere messa a punto.
Le chemioterapie esistenti, nonostante i progressi, sono ancora armi a
doppio taglio. Alcuni dei trattamenti per il linfoma e la leucemia inducono
altri tumori, dopo il completamento della terapia per la malattia
originaria.
...
Non notate una leggera disparità tra i dati che avete letto ora e le
statistiche trionfalistiche che avete sentito dai famosi clinici italiani?
Forse può dipendere dal lasso di tempo intercorso, in fondo questi dati
risalgono al 1993, magari la situazione è notevolmente migliorata.
Vediamo allora cosa afferma Balair nel 1997 su New England Journal of
Medicine, una delle più prestigiose riviste mediche a livello mondiale. "La
guerra contro il cancro è lontana dall'essere vinta. L'efficacia dei nuovi
trattamenti contro sulla mortalità è molto deludente". Il Giornale -
Inchiesta sul cancro n°1
Se non siete ancora convinti, o semplicemente desiderate ulteriori dati,
eccone altri due. Il primo è la vasta indagine condotta per 23 anni dal
Prof. Hardin B. Jones, fisiologo presso l'Università della California, e
presentata nel 1975 al Congresso di Cancerologia, presso l'Università di
Barkeley. Oltre a denunciare l'uso di statistiche falsificate, egli prova
che i cancerosi che non si sottopongono alle tre terapie canoniche
sopravvivono più a lungo o almeno quanto chi riceve queste terapie. Come
dimostra Jones, le malate di cancro al seno che hanno rifiutato le terapie
tradizionali, mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro
volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da colore che si sono invece
sottoposte alle cure complete.
Il secondo caso riguarda uno studio condotto da quattro ricercatori
inglesi, pubblicato su una delle più importanti riviste mediche al mondo:
The Lancet del 13/12/1975 e che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma
inoperabile ai bronchi. La vita media di quelli trattati con
chemioterapia completa fu di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero
alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 220 giorni.
Tratto da Kankropoli
di Alberto Mondini, 348.8718706
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