Quello di Prodi è, tra le altre cose, il governo delle banche. Ma le banche non sono
del governo o si limitano a fare quello che vogliono, a seconda delle
convenienze del momento? Questo governo ha ottime relazioni con il sistema
bancario, ed è cosa nota. Più ancora, tutti sanno che, a mettere in fila i
principali nomi del sistema del credito in Italia, a spiccare sono soprattutto i
colori prodiani, e ciò è vero in particolare per la nuova superbanca nata dalla
fusione tra Sanpaolo e Intesa, ancora priva di un nome ufficiale ma già molto
attiva sullo scacchiere internazionale, visto che eredita le conquiste torinesi
nei Balcani e nel mondo arabo (l'ultima mossa, l'acquisizione dell'egiziana Bank
of Alexandria ad un prezzo decisamente superiore a quello ritenuto giusto dagli
analisti, è avvenuta mentre il cantiere della fusione era ancora aperto), mentre
i milanesi portano in dote una penetrazione nell'Europa Orientale seconda solo a
Unicredito.
Del resto, anche quest'ultima banca è guidata da un uomo storicamente vicino
all'attuale maggioranza, e il particolare al suo presidente: Alessandro Profumo,
oltre ad essere un manager di provata capacità ed esperienza, ha chiarito più di
una volta la sua collocazione politica, come hanno già fatto, in modo appena più
sfumato, i suoi colleghi dell'attuale superbanca, tutti in fila a votare Prodi
alle primarie del centrosinistra.
Al
terzo posto si trova l'unico grande istituto di credito privo di particolari
affiliazioni politiche, quella Capitalia il cui presidente Geronzi è forse uomo
vicino all'ex premier, ma certamente troppo astuto per schierarsi apertamente,
anche perché il management dell'istituto guidato da Matteo Arpe, altro brillante
giovane dirigente, ha capito che conviene giocare senza allinearsi. Il posto
successivo nella classifica bancaria è occupato da Mps, il cui allineamento
politico è praticamente scritto nel libro dell'eternità, visto il suo
strutturale radicamento a Siena e vista la collocazione politica della più rossa
tra le città toscane: addirittura, il sindaco è per statuto presidente della
fondazione che guida le sorti del Monte.
Ma se a Siena non si hanno dubbi su chi votare, le certezze non abbondano quando
si tratta di scegliere i partner: da un lato si parla di un asse con Unipol, che
avrebbe dalla sua le motivazioni industriali di un forte aggancio con il sistema
assicurativo, secondo una via abbondantemente battuta anche dalla superbanca,
dall'altro questa soluzione viene guardata con un certo sospetto perché troppo
radicalmente schierata, mentre si propone l'abbraccio con Capitalia, che oltre
ad essere più neutra, permetterebbe una maggior presenza sul territorio.
Al di là di questi giochi da salotto, l'aspetto più importante è un altro: il
sistema bancario gode oggi di una straordinaria salute, con una crescita
continua della raccolta, degli impieghi e degli utili, ed è anche il settore
economico con i migliori manager, gente giovane, aperta e capace di guardare al
di fuori dei confini nazionali. Lo si è visto nella vicenda Fazio, in cui il
governatore è stato (meritatamente) buttato a mare in nome della competitività e
dell'apertura internazionale, mentre tutto il sistema bancario non muoveva un
dito per chi, in fondo, si batteva per conservare i privilegi garantiti dai
mercati chiusi.
Oggi le banche hanno appena incassato una Finanziaria che, rendendo obbligatorie
le transazioni bancarie, ha dato loro un cospicuo aiuto in quella guerra al
contante che, se ha il merito di rendere le transazioni più efficienti e
trasparenti, ha anche l'indubbio effetto di portare ulteriori quattrini nelle
non troppo vuote casse degli istituti di credito; più ancora, il sistema gode di
un'assoluta tranquillità nelle sue manovre, al riparo da qualsiasi intrusione
politica quando si tratta di prendere decisioni che, è bene ricordarlo, hanno
una certa importanza per il modo in cui i cittadini hanno accesso al denaro e,
ancor più, per i costi di questo accesso.
Se è vero che la modernizzazione del sistema sta dando frutti complessivamente
positivi, il timore è che ci sia un'eccessiva compiacenza verso i desiderata dei
banchieri, specie ora che la luna di miele con Confidustria, dopo una bella
scarica di regali di nozze, sembra finalmente finita. Ma c'è da chiedersi che
cosa si possa ottenere in cambio se non, a essere cattivi, un certo vantaggio
personale per l'attuale premier e il suo entourage, abituati a trovarsi a
proprio agio sulle vette del potere: c'è da chiedersi, soprattutto, quanto la
sbandierata collocazione riformista delle principali banche sia utile allo
sviluppo, e quanto non sia semplicemente un modo per avere un governo amico, se
non proprio servile.
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