La Corte di Brussel ha oggi archiviato l'indagine sulla normativa
italiana delle Banche Popolari, accusata di restrizione alla libertà di
circolazione dei capitali, prevenendo l'apertura di una vera e propria
procedura d'infrazione contro l'Italia. La Corte ha dichiarato che non
esiste una incompatibilità di fondo della normativa bancaria delle
Banche cooperative e delle Popolari con la legislazione europea, ma
rinvia la decisione ai giudizi nazionali e allo stesso governo.
Resta così un grande interrogativo su di una questione molto delicata,
intorno alla quale si concentrano gli interessi delle grandi Banche
d'Affari, che sperano di poter penetrare il mercato del "microcredito"
proprio attraverso le Banche Popolari e le Banche Cooperative.
Le spinte alla liberalizzazioni del mercato dei beni e dei servizi
travolgerà anche l'intero universo del credito, al fine di permettere
l'ingresso dei grandi investitori nel mercato del piccolo credito, che
rappresenta in un certo senso, un riferimento per il futuro.
Ma se la liberalizzazione del mercato del credito rappresenta il fine
ultimo, lo scardinamento dei principi dell'ordinamento italiano sulle
banche cooperative rappresenta il mezzo, da attuarsi mediante una reale
e "volontaria" riforma del sistema bancario da parte dei governi
nazionali, se non si riesce con l'imposizione dall'alto della
Commissione Europea.
La procedura di indagine ha avuto inizio nell’ottobre del 2003, quando
Fritzs Bolkestein, Commissario europeo al Mercato, apre un dossier sulla
normativa delle popolari italiane con l’accusa di violare con il loro
statuto le leggi del libero mercato europeo. In particolare vennero
sindacate le norme sul limite al possesso azionario, pari allo 0,5% del
capitale sociale della Banca, salvo una quota che va dal 4% al 15% per
gli organismi di investimento collettivo: una norma questa che ha come
scopo quello di evitare le concentrazioni bancarie, e mantenere una
struttura orizzontale e paritaria tra gli azionisti. Stessa ratio la cdd.
norma del "voto capitario", che dà un voto per ogni azionista, a
prescindere delle azioni che detiene, e dunque anche una piccola impresa
può avere un voto all'interno dell'Assemblea. Un principio che viene
rispettando anche vietando la possibilità di delegare a persone esterne
all'assemblea il proprio voto, che possono ricevere fino a 5 deleghe, e
non di più. Le cooperative sono nate infatti per sostenere le piccole e
medie imprese, per fare gli interessi dei soci e reinvestire gli utili
all'interno dello stesso circuito non ammettendo la distrazione dei
fondi verso banche che non hanno la medesima struttura. Inoltre la
struttura dell'azionariato è chiuso, perché i soci hanno diritto a
esprimere il loro "gradimento" all'ingresso di un nuovo socio.
Ovviamente questo insieme di norme, coerente con i principi
dell'ordinamento e con l'art.3 della Costituzione, impedisce che possano
avvenire delle Opa o delle concentrazioni tra banche con ordinamenti
diversi, così come l'ingresso di grandi soci al solo scopo di effettuare
delle speculazioni.Nel 2003, l' "Associazione nazionale azionisti banche
popolari" chiese di aprire una procedura, a carico dell'ordinamento
italiano, rivolgendosi così alla Commissione Europea, accanita
sostenitrice del sistema delle società per azioni.
La questione, sebbene non abbia avuto un seguito immediato presso la
Corte, è divenuta con il passare del tempo ancora più problematica,
perché la Commissione ha nel 2005 cominciato una vera pressione nei
confronti del Governatore Fazio, intimandogli di non intervenire con
alcuna agevolazione alla popolare di Lodi per acquistare Antoveneta,
oltre a rimuovere gli ostacoli verso la fusione con BNL. Un caso questo
noto a tutti, inquinato e ostacolato dall'uscita improvvisa delle
intercettazioni e così dello scandalo di Fiorani e Ricucci, al fine di
provocare la caduta dei vassalli e l'abdicazione del Governatore, che ha
ceduto alle dimissioni dinanzi alla minaccia dell'apertura di un
processo.
Lo scandalo di Antoveneta ha fatto poi da preludio a quello di Unipol,
al fine di scardinare un vecchio sistema, forse troppo accentrato nelle
mani del governatore, per proporre un sistema più flessibile, ossia la
nomina di un dirigente con lo "spoil system": al cambio dei poteri e
degli obiettivi, occorre il cambio dell'amministratore. È stata poi
subito portata all'attenzione l'urgenza della riforma del risparmio e
dello Statuto della Banca d'Italia, mentre ora è all'esame il decreto
attuativo della direttiva sulle fusioni bancarie. In questo quadro si
inserisce in modo machiavellico anche la revisione del sistema per le
cooperative, considerando che la Corte ha lasciato un interrogativo a
cui occorre dare una risposta, ossia se concretamente le banche
cooperative continuino a soddisfare i bisogni dei soci. Il Governo
italiano, nella persona del viceministro Pinza, da tempo infatti aveva
annunciato il desiderio di esaminare la questione e di giungere a quella
deregolamentazione che permetterà la fusione asimmetrica tra Banche.
Si sta preparando così la base della normativa per permettere
l'omogeneizzazione dei servizi bancari, e la spersonalizzazione delle
politiche del credito nei confronti delle imprese, che, di conseguenza,
diventeranno sempre più degli utenti e l'accesso al credito sarà
completamente automatizzato. Si andrà ad incidere su un settore che già
oggi soffre molto, e che comunque ha perso da tempo quello spirito
cooperativo che ha ispirato la normativa, le trasformazioni all'interno
sono già avvenute.
Questo ovviamente perché il futuro del credito sarà su un sistema
telematico ed elettronico, a cui sarà possibile accedere mediante un
palmare, mediante internet, e il recarsi in banca sarà una routine
superflua. Ogni operazione sarà automatizzata, dall'apertura dei conti
alla chiusura del fido, fino al blocco di tutte le linee di credito. Un
sistema questo che è già entrato nel settore del credito postale,
anch'esso destinato a essere deregolamentato per lasciare spazio ai
banchieri europei, in nome della legge di mercato della privatizzazione
dei servizi pubblici.
Le porte del microcredito stanno per spalancarsi all'alta finanza,
grazie alla virtualizzazione totale di ogni servizio e alla
standardizzazione di tutte le procedure. Evidentemente, le parole di
elogio al credito solidale come opera umanitaria, sono servite dunque
solo a circoscrivere questo fenomeno ai paesi sottosviluppati o per
incentivare la proliferazione di istituti come le Banche etiche, che per
il loro carattere di credito cooperativo, saranno poi sicuramente
inglobate nelle Banche d'Affari con fusioni e partecipazioni incrociate.
Non vi sono né vinti e né vincitori, ma solo una massa di utenti che
rappresenteranno il nuovo mercato dei Banchieri.
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