Sono 135 milioni, l'equivalente della popolazione di Francia e
Germania, le persone che rischiano di diventare profughi per cause
ambientali e 3,4 miliardi, circa la metà della popolazione mondiale, quelli che
abitano zone esposte ad almeno un rischio ambientale dall'impatto rilevante, tra
siccità, inondazioni, frane, cicloni, eruzioni vulcaniche, terremoti. Questi i
dati più significativi contenuti nel dossier "Desertificazione ed eco-profughi
sulle sponde del Mediterraneo" di
Legambiente presentato oggi a Padova all'interno di Civitas, nell'ambito
dell'incontro "Desertificazione e migrazioni nell'area del Mediterraneo".
Ma la situazione è destinata a peggiorare, visto che i continenti
perdono ogni cinque anni 24 miliardi di tonnellate di superficie
fertile, con perdite economiche che ammontano a 42 miliardi di dollari annui.
Nel 2050 si stima che saranno 150 milioni le persone costrette a migrare per
cause legate ai cambiamenti climatici.
Secondo le Nazioni Unite, che hanno proclamato il 2006 anno
internazionale per i deserti, la desertificazione è l'emergenza
ambientale più grave degli ultimi decenni. Sono infatti 135 milioni, le persone
a rischio di diventare profughi ambientali secondo le stime della UNCCD, la
Convenzione ONU per la lotta alla desertificazione, mentre Columbia University,
Norwegian Geotechincal Institute e Banca Mondiale stimano che 3,4 miliardi di
persone, circa la metà della popolazione mondiale, si trova in aree esposte ad
almeno un rischio ambientale di significativo impatto tra siccità, inondazioni,
frane, cicloni, eruzioni vulcaniche, terremoti. Le regioni aride e semi-aride
del pianeta rappresentano quasi il 40% della superficie terrestre e ospitano
circa 2 miliardi di persone.
Secondo dati forniti dall'UNEP, il Programma Ambiente delle Nazioni
Unite, risulta che ben il 70% circa dei terreni coltivati nelle aree
semi aride o prospicienti ai deserti è già degradato o soggetto a
desertificazione. I continenti perdono ogni cinque anni 24 miliardi di
tonnellate di superficie fertile ed il fenomeno non accenna a diminuire, anzi si
aggrava.
La FAO prevede che per tenere il passo con la crescita demografica,
la produzione alimentare mondiale, nei prossimi venti anni, dovrà crescere di
oltre il 75%. Nei Paesi più poveri - in particolare in Africa, ma anche in
alcune aree depresse dell'America latina e dell'Asia - la necessità di
soddisfare le esigenze vitali di una popolazione in crescita determina una
pressione sempre più forte sulle risorse naturali mettendole ulteriormente a
rischio.
L'intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi, conseguenza
delle pressioni sull'ambiente, ha visto aumentare parallelamente gli
spostamenti di persone costrette ad abbandonare le loro terre a causa di eventi
siccitosi. Secondo l'UNEP, a causa dell'espansione dei deserti, in Africa sono
sfollate più di 10 milioni di persone negli ultimi 20 anni. La povertà impedisce
a queste popolazioni di dotarsi di strumenti tali da poter migliorare lo
sfruttamento del terreno e indebolisce la loro resistenza sociale ed ecologica,
tanto più che non hanno la capacità o la possibilità di investire nella gestione
delle risorse naturali, sono quindi costrette a muoversi per cercare ambienti
più ospitali.
L'Alto Commissariato per i Rifugiati stima che i migranti per penuria
di acqua, cambiamento di clima, innalzamento del livello del mare,
raggiungeranno nel 2050 i 150 milioni.
Le perdite economiche globali dovute alla desertificazione ammontano a circa 42
miliardi di dollari annui, di cui 9 miliardi nella sola Africa.
Entro il 2020, circa sessanta milioni di persone abbandoneranno le
zone desertificate dell'Africa subsahariana per dirigersi verso
l'Africa settentrionale e l'Europa. Negli anni futuri un grande movimento
migratorio costante potrebbe prodursi dalle regioni del Sahel verso le città
costiere e tutto questo sarà amplificato dal fatto che 29 dei 36 paesi più
poveri nel mondo sono localizzati in questa fascia di terra, con i 2/3 della
popolazione che vive in condizioni di assoluta povertà.
I paesi dell'area mediterranea sono popolati dal 7% della popolazione
mondiale e raggiungerà i 524 milioni entro il 2025, con 96 milioni di
abitanti insediati solo nelle città costiere. Negli ultimi anni il bacino del
Mediterraneo, considerato uno dei 25 hotspots mondiali per la biodiversità, è
stato caratterizzato dal verificarsi di eventi estremi quali alluvioni, aumento
della temperatura e siccità.
Inoltre numerosi eventi si ripetono ormai da anni con crescente
intensità: gli incendi boschivi, con la conseguente distruzione delle
foreste, lo sfruttamento non sostenibile delle risorse idriche, le condizioni di
crisi dell'agricoltura tradizionale caratterizzata dall'abbandono delle terre e
dal deterioramento delle strutture di protezione del suolo e dell'acqua,
l'allocazione delle attività economiche concentrata lungo le coste, la massiccia
urbanizzazione, il turismo e l'agricoltura intensivi. Il bacino del Mediterraneo
rappresenta una zona di transizione attraversata dal Sahara: 30 milioni di
ettari di terra lungo le rive del Mediterraneo sono colpiti da desertificazione,
un quinto dei territori spagnoli e anche Portogallo, Italia e Grecia sono
colpiti seriamente dal rischio di desertificazione, mettendo a rischio la
sopravvivenza di 16,5 milioni di persone.
In Italia 16.100 km quadrati di territorio, pari al 5,35% dell'intero
territorio nazionale, sono colpiti dal processo di inaridimento dei
suoli. Secondo l'Unione Europea, l'Italia negli ultimi 20 anni ha visto
triplicare la portata del fenomeno di degradamento dei terreni e si stima che il
27% del territorio nazionale è a rischio desertificazione. Sono interessate
soprattutto le regioni meridionali dove l'avanzata del fenomeno rappresenta una
vera e propria emergenza ambientale. La Puglia è la regione più esposta al
rischio con il 60% della sua superficie, seguita dalla Basilicata con il 54%,
dalla Sicilia con il 47% e la Sardegna con il 31%. Ma sono a rischio anche le
piccole isole e la Pianura Padana.
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