I contenitori trasparenti
rosicchiano un milione e mezzo di barili di greggio l’anno
Cosa c’entra l’acqua col petrolio - La follia delle bottiglie di plastica
Quando i nostri nipoti ci chiederanno cosa facevamo mentre il petrolio si
stava esaurendo dovremo ammettere che eravamo impegnati a cercare i modi più
fantasiosi per sprecarlo, dalla produzione di neve artificiale per i giochi
invernali all’impiego dei camion leggeri - i famigerati Suv - per andare a
fare la spesa. In pool position fra i comportamenti più demenziali spicca,
senza dubbio, l’innamoramento planetario per l’acqua imbottigliata il cui
consumo è salito del 57 per cento negli ultimi cinque anni. Una moda che
piace ai governi perché li dispensa dal bonificare le forniture idriche -
che restano appannaggio dei poveracci - operazione per la quale si spende
infatti un settimo dei 100 miliardi di dollari buttati in acqua minerale.
Cosa c’entra l’acqua con il petrolio lo spiega molto bene un rapporto dell’Earth
Policy Institute di Washington nel quale, fra le altre cose, compaiono le
prime stime del costo energetico dell’ubriacatura da minerale.
Viene fuori che l’acqua in bottiglia - nel 40 per cento dei casi semplice
acqua di rubinetto con l’aggiunta di qualche sale minerale - rosicchia circa
un milione e mezzo di barili di greggio ogni anno soltanto per produrre
delle bottiglie di plastica che ci metteranno circa 1000 anni a
biodegradarsi, quasi tutte utilizzate una sola volta. Ora, considerando che
con un milione e mezzo di barili si mandano avanti 100 mila automobili per
un anno, siamo nel campo di quegli inesplicabili comportamenti che spingono
alcune specie come i lemming, piccoli roditori simili a criceti, a
suicidarsi gettandosi in massa dalle scogliere.
Non si spiega altrimenti una scelta demenziale da ogni punto di vista.
Secondo gli organismi internazionali che si occupano di salute l’acqua in
bottiglia prodotta dai grandi marchi dell’imbottigliamento - Nestlè, Danone,
Coca Cola e PepsiCo, tanto per non fare nomi - spesso non è affatto più
salubre anche se costa la bellezza di diecimila volte di più di quella del
rubinetto ed il suo consumo è decisamente inspiegabile in paesi come
l’Italia, che dispongono di una riserva idrica di qualità eccellente. Il
guaio è che la diffusione dell’acqua in bottiglia ha buon gioco in paesi
come l’India e la Cina, dove la potabile è ancora un lusso che i governi non
riescono a garantire. Il che, oltre al greggio impiegato per fabbricare le
bottiglie, aggiunge un altro po’ di sprechi per il trasporto e infine lo
stoccaggio di un’enorme quantità di rifiuti. La cosa divertente - si fa per
dire - è che l’alternativa c’è da parecchio tempo e, almeno nei paesi
industrializzati, può contare su di un sistema articolato e capillare - gli
acquedotti - che presenta anche il vantaggio di essere facilmente
monitorabile. In questo, come in altri numerosi casi, l’idolatrata
modernizzazione va all’indietro, mentre un esercito di consumatori
rincoglioniti da una valanga di spot buttano via i soldi con la benedizione
dei decisori politici che guardano soltanto al Pil - quella
dell’imbottigliamento è un’industria che tira - e, da più di trent’anni,
confezionano normative che privilegiano le minerali rispetto alla vituperata
“acqua del sindaco”.
Sabina Morandi
Fonte:
www.liberazione.it
5.03.06
ps: Nel 2003 una ricerca pubblicata da Science ha dimostrato che quella dei
lemming suicidi è soltanto una leggenda metropolitana. Possiamo quindi
affermare con orgoglio che l’autodistruzione resta una caratteristica
peculiare della nostra specie.
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