Emendamenti "bipartisan" puntano
a rimettere sul mercato i servizi idrici, nonostante l'esito opposto del voto. A
guidare l'assalto al Senato, Enzo Ghigo (Pdl) e i democratici Morando e Bosone
Negli emendamenti al decreto privatizzazioni presentati in Senato nei
giorni scorsi si nasconde il tentativo – sostenuto soprattutto dal Pdl – di
riproporre, ancora una volta, la privatizzazione dell’acqua. La discussione
sul pacchetto Monti – che dovrà essere convertito in legge nei prossimi giorni
– è la ghiotta occasione per garantire ai grandi gruppi multinazionali dei
servizi, veri giganti finanziari, l’apertura del mercato italiano dei beni
comuni.
La battaglia parlamentare si sta giocando sull’articolo 25 del decreto Monti,
che ha dato seguito agli ultimi provvedimenti sulla privatizzazione dei
servizi pubblici locali del governo Berlusconi. Qui si parla di cultura, di
trasporto, di reti e di acqua. Servizi che le stesse grandi corporation
chiamano “l’essenziale per la vita”. Per ora nelle due sedute della
commissione Bilancio del Senato questo nodo cruciale non è stato ancora
affrontato. I lavori di discussione degli emendamenti proseguirà nei prossimi
giorni.
La complessa legge sulle liberalizzazioni ha la struttura di una matrioska.
Per quanto riguarda i servizi pubblici locali le norme rimandano
sostanzialmente al decreto sviluppo del governo Berlusconi, che a sua volta
richiama il pacchetto anticrisi varato il 13 agosto. Come dei novelli
alchimisti, i senatori hanno dato sfogo alla fantasia, colpendo virgole,
singole parole, pezzi di frasi che apparentemente sembrano innocue. In realtà
all’interno delle centinaia di pagine depositate in commissione Industria ci
sono vere e proprie trappole mortali. E, spesso, incostituzionali,
considerando che su questo tema si è svolto un referendum popolare.
Degni di nota sono tre emendamenti, che puntano alla privatizzazione forzata
dell’acqua. L’articolo quattro del decreto 138 di Ferragosto introduceva in
sostanza l’obbligo per i comuni di cedere ai privati le aziende ancora
pubbliche incaricate di gestire i servizi pubblici. In quell’articolo,
nell’ultimo comma, il governo escludeva però il servizio idrico dalla ventata
di privatizzazioni. Almeno tre emendamenti presentati oggi in Senato puntano
ad eliminare questa esclusione, con il conseguente obbligo di cessione della
gestione degli acquedotti ai privati.
Particolarmente attivo in questo senso è il senatore del Pdl Enzo
Ghigo, firmatario degli emendamenti 25.62 e 25.119. Nel primo
emendamento, Ghigo gioca con le parole, parlando di liberalizzazione del
servizio idrico, per evitare la parola privatizzazione, da attuare – scrive –
“solo qualora l’iniziativa pubblica non risulti idonea a garantire i bisogni
della comunità”. Nell’emendamento 25.119 il discorso è invece più diretto: il
comma 34 dell’articolo quattro sulle privatizzazioni – richiamato e incluso
nel decreto Monti – viene radicalmente cambiato, eliminando l’esclusione
dell’acqua dall’obbligo di cessione ai privati. In sostanza si ripropone tout
court la legge Ronchi-Fitto, il cui articolo 18bis è stato abrogato dalla
consultazione referendaria.
Punta al sodo il senatore del Pd Enrico Morando, firmatario
dell’emendamento 25.0.2. Nel testo si chiede l’inserimento di un nuovo
articolo nel decreto sulle liberalizzazioni, il 25 bis. Obiettivo dichiarato è
la revisione della tariffa dell’acqua, reintroducendo – con altre parole –
almeno parte della remunerazione del capitale investito abrogata dal secondo
quesito dei referendum di giugno.
Morando, nel testo presentato al Senato, chiede di riconoscere ai gestori il
“costo finanziario della fornitura del servizio”, mantenendo sempre e comunque
“l’equilibrio economico finanziario” della gestione. Ovvero i due pilastri del
sistema privato dell’acqua. E’ firmato dal senatore Daniele Bosone,
Pd, un altro emendamento che ripropone una norma contenuta nella bozza del
decreto Monti, poi cassata dopo l’opposizione del movimento per l’acqua
pubblica. L’emendamento 25.105 prevede in sostanza che i servizi idrici
possono essere gestiti solo da società di capitale, azzerando di fatto
l’esperienza della giunta De Magistris, che nei mesi scorsi
ha deliberato la creazione di un ente non economico – Abc Napoli – per
sostituire la Arin Spa nella gestione dell’acqua.
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