Riportiamo un articolo pubblicato su "Il
Manifesto" il 19 gennaio a firma del Presidente Nazionale di
Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, nel quale si fa il punto sui
referendum su nucleare e acqua: "Legambiente accetta la sfida".
Partiamo da un punto. I Referendum su nucleare e acqua sono un'occasione
imperdibile, il primo per sconfiggere definitivamente il
nucleare, il secondo per ottenere un radicale cambiamento di rotta nelle
politiche dell'acqua in Italia. Sappiamo tutti le difficoltà dello
strumento referendario: raggiungere il quorum. Con l'attuale tasso di
astensione, agli avversari basta convincere il 25% degli elettori a non
andare a votare che il referendum fallisce. Oggi, però, con i referendum
in campo, è del tutto inutile discutere se il referendum sia la mossa
giusta. Abbiamo una montagna da scalare, attrezziamoci per farlo nel modo
migliore per raggiungere la vetta.
Legambiente accetta la sfida, ma non basta una dichiarazione
positiva di impegno. Dobbiamo capire qual è il modo migliore per
provare a raggiungere il quorum. Il referendum per l'acqua un risultato
politico l'ha già raggiunto e sta nell'incredibile numero di firme
raccolte, che registra un'attenzione sociale senza precedenti per un bene
comune, che va gestito in modo radicalmente diverso da come è stato fatto
in questi anni, senza limitarsi ad agire sull'acqua che esce dal rubinetto
e recuperando i ritardi sulla qualità di quella scaricata nell'ambiente.
Per il nucleare non è così. L'IdV ha deciso di forzare e, nonostante le
critiche e le perplessità delle associazioni e non solo, è andata da sola
alla raccolta delle firme, non c'è stato intorno un movimento popolare
come per l'acqua. Dico ciò non per amor di polemica. Tutt'altro. Ma per
capire e condividere quale percorso dobbiamo organizzare.
Io penso che il vizio di nascita del referendum sul nucleare ci
impone di recuperare subito lo spirito unitario per costruire un
nuovo (nuovo rispetto al 1987) movimento antinucleare, che dovrà vincere a
freddo, senza la tragedia di Chernobyl alle spalle. D'altra parte non
dobbiamo sottovalutare le novità positive. Oggi esiste una consapevolezza
ambientale, che nell'87 non c'era, che ha moltiplicato sul territorio le
azioni ed i conflitti a carattere ambientale, che ha prodotto una
diffusione trasversale nei partiti, che consente a molte amministrazioni
locali di aderire a iniziative e politiche ambientali virtuose,
indipendentemente dal colore politico. C'è un sapere diffuso, che permette
di far capire meglio l'inganno nucleare. C'è una crisi in corso che
racconta molto bene il bluff sull'autofinanziamento degli enormi
investimenti necessari. C'è una crisi climatica che incombe e già oggi
produce danni, con frane e alluvioni, anche qui da noi, con una intensità
imprevedibile fino a qualche anno fa. Una crisi climatica che non può
aspettare il nucleare, che per altro darà un contributo minimo alla
riduzione delle emissioni, e che già oggi ha la risposta giusta nella
diffusione delle fonti rinnovabili.
Occorre allora che con molta chiarezza si dicano due cose.
Primo: oggi la priorità assoluta è cacciare il nucleare
dall'Italia, smettiamola con le polemiche contro il fotovoltaico
a terra e l'eolico (qui dobbiamo lottare perché i progetti siano buoni e
nella misura adeguata), rischiamo di essere incomprensibili e velleitari
di fronte a milioni di cittadini che ci guardano e ci giudicano. Secondo:
serve un COMITATO PER IL SI, ampio e trasversale, come per l'acqua, che
abbia nelle organizzazioni della società civile la sua spina dorsale, che
raccolga tutti i soggetti che sono convinti che il nucleare non serve al
paese, indipendentemente dalle posizioni sulle fonti rinnovabili. Se
partiamo con il piede giusto, ce la possiamo fare. Come ci ricorda Daumal
nel Monte Analogo "l'ultimo passo dipende dal primo".
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