Chiare fresche dolci acque. Se
Petrarca fosse vissuto nel nostro secolo, probabilmente non avremmo
avuto questi versi. Il patrimonio idrico nazionale, infatti,
presenta una situazione scoraggiante quanto a purezza e salubrità.
Il rapporto reso noto oggi dall'Apat (Agenzia per la protezione
dell'ambiente e i servizi tecnici) mostra la presenza di ben 119
diversi tipi di pesticidi: 112 nelle acque di superficie e 48 nelle
fonti sotterranee. Il monitoraggio, effettuato nel triennio
2003-2005, evidenzia uno stato particolarmente critico nell'area
padano-veneta e in alcune zone del centro-sud. Nel solo
anno 2005, l'Apat ha riscontrato la presenza di residui in
485 punti di monitoraggio (47% del totale), nel 27,9% dei casi con
concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili.
Relativamente alle acque sotterranee sono risultati contaminati 630
punti di monitoraggio (24,8% del totale), nel 7,7% dei casi livelli
superiori ai limiti di potabilità.
In cima all'elenco dei pesticidi rivenuti ci sono gli
erbicidi, trovati sia nelle acque superficiali che in
quelle sotterranee. I più pericolosi sono gli erbicidi triazinici e
alcuni loro prodotti di degradazione (metaboliti). "Particolarmente
critica è, infatti, - sottolinea l'Apat - la contaminazione da
terbutilazina diffusa in tutta l'area padano-veneta ed evidenziata
anche in alcune regioni del centro-sud: è risultata presente nel
51,5% dei punti di campionamento delle acque superficiali (nel 29,2%
dei casi oltre il limite) e nel 16,1% di quelli delle acque
sotterranee (2,7% dei casi oltre il limite)". Altri erbicidi
rilevati sono l'atrazina, il metolaclor ed il bentazone, presente
soprattutto nelle risaie della Pianura Padana.
"L'attività coordinata dall'APAT- ha dichiarato
il Commissario Straordinario dell'Agenzia, Giancarlo Viglione - sul
monitoraggio della presenza di pesticidi nelle acque italiane ha già
evidenziato risultati di sicuro interesse. Il nostro impegno è
affinché il lavoro continui e possa essere esteso a tutte le regioni
italiane, per avere un quadro sempre più preciso della situazione.
Cercheremo quindi di rinnovare l'accordo Stato - Regioni, ora
scaduto, da cui questa attività è nata."
Secondo Legambiente si tratta di una situazione
allarmante. "E' noto che - afferma l'associazione - i
fitofarmaci usati in agricoltura, anche se in maniera ridotta
rispetto al passato, si sedimentano nel terreno per lungo tempo e
questo comporta inevitabilmente la contaminazione non solo delle
acque ma anche dei prodotti agricoli. Il monitoraggio della presenza
di queste sostanze è quindi fondamentale sia per la salvaguardia
dell'ambiente e delle risorse idriche che per la salute delle
persone".
D'altronde la presenza di fertilizzanti artificiali nei
prodotti ortofrutticoli è ben nota, come evidenziato
nell'ultimo rapporto di Legambiente, Pesticidi nel piatto: solo la
metà dei campioni di frutta (54%), infatti, è risultata esente da
residui di pesticidi, mentre i campioni irregolari si attestano
sull'1,7%. "Negli ultimi anni - sottolinea Legambiente - anche se
c'è stata una diminuzione dell'uso di pesticidi, sono emerse
evidenze scientifiche dei danni all'ambiente e all'organismo umano
causati dall'abuso o uso improprio dei fitofarmaci. L'indagine
realizzata dall'Apat dunque un'ulteriore conferma di quanto sia
necessario, su questo tema, non abbassare la guardia e per questo ci
auguriamo che l'accordo Stato- Regioni per il proseguimento del
monitoraggio venga rinnovato".
Archivio Acqua
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