Inchiesta sull'oro blu. Profitti delle multinazionali sono il 40% di quelli del petrolio. Lo scandalo dell'Italia in bottiglia
Sarà il secolo dell'acqua potabile, presto protagonista di un mercato che varrà più del petrolio, provocherà guerre e crisi internazionali, movimenterà il sistema delle multinazionali ma anche il rapporto stato - enti locali.
Dietro l'acqua, quella in bottiglia e quella che striscia nei fatiscenti acquedotti nostrani, ci sono scandali finanziari e biechi trucchi commerciali, giochi politici e ingiustizie sociali. Ma qualche segnale di speranza c'è. Giuseppe Altamore è uno studioso dell'acqua. Ma non è un chimico, né un'oceanografo, non è un sommelier della minerale (che oggi tanto vanno di moda) né un idrogeologo catastrofista.
E’ un giornalista di Famiglia Cristiana che da anni dedica molto del suo lavoro al mercato dell'H2O in tutte le sue implicazioni. Acqua S.p.a. (Mondadori, 8,40 Euro) ha il pregio di mettere insieme tutte le sue ricerche, conclusioni e piccoli e grandi "scoop" sull'argomento, dando anche a chi non si è mai occupato del problema gli elementi per capire cosa è in gioco ogni volta che si apre il rubinetto di casa.
L'autore sposta prima l'obiettivo sui grandi scenari internazionali, dalla corsa delle multinazionali all'accaparramento delle risorse idriche e gli acquedotti in Africa, Asia, Medio Oriente (oggi solo con il 5 per cento delle risorse idriche mondiali in mano alle multinazionali i profitti sono pari al 40 per cento di quelli del petrolio: un fenomeno tanto vasto quanto ignorato dai media) alle guerre dell'acqua in Oriente e Maghreb.
Lo punta poi sull'Italia, dove l'acqua si perde e spreca tra acquedotti fatiscenti e 5500 diversi gestori del servizio idrico, guerre politiche e di campanile, con sullo sfondo la criminalità organizzata e privati - soprattutto stranieri - partiti alla conquista delle fonti. Dopo una corsa alla privatizzazione, rileva Altamore, in Italia è in atto un processo di riappropriazione pubblica della risorsa, anche per una spinta dal basso di comitati, reti di piccoli comuni, associazioni di consumatori e di ambientalisti (con in testa Legambiente, Wwf e il Comitato per il Contratto Mondiale sull'Acqua di Riccardo Petrella).
La base insomma si sta finalmente muovendo per rivendicare il controllo di questo "bene primario", anche se le forme di una restituzione dell'acqua al bene pubblico evitando sprechi, parcellizzazioni territoriali e maxibollette è ancora da trovare. Infine, "Acqua S.p.a." ricostruisce il grande scandalo della bottiglia, studiando il caso italiano non per competenza territoriale, ma perché siamo noi i maggiori consumatori di minerali del mondo, noi tra i più importanti produttori.
Qui è nata l'idea che un bene pubblico poteva essere imbottigliato e venduto a prezzo decuplicato. Che l'acqua con particolari sostanze chimico-minerali (ma con proprietà non sempre chiare), un tempo a tutti gli effetti una medicina, dovesse diventare un bene di massa. Seguendo dati e notizie a tutti accessibili ma mai diffuse dai grandi media si scopre che molte acque d'acquedotto italiane sono più buone e salutari di quelle in bottiglia, che la legislazione sulle acque in bottiglia è più blanda paradossalmente di quella che regolamenta gli acquedotti, che in Italia è vietato per legge dire che un acqua municipale è "minerale", "di sorgente", "oligominerale" (dirlo turberebbe la concorrenza con l'acqua con l’etichetta).
Che insomma per una pura fascinazione di marketing - la "forma" pubblicitaria che vale più del contenuto - beviamo acque inutilmente costose, spesso addirittura dannose. A Venezia e provincia però l'assemblea dei sindaci ha stabilito di far pagare un centesimo di euro al metro cubo sulle acque della rete idrica da destinare a progetti idrici a in paesi bisognosi. Una piccola notizia in cui l'emergenza mondiale e il caso Italia si intrecciano, e il percorso del libro si chiude lasciando un segnale d'ottimismo. Vincere la battaglia dell'acqua equa si può.
Archivio Acqua
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