Parte a Stoccolma la Settimana mondiale per l’acqua. Il Wwf: servono
“cambiamenti drastici”
Si apre a Stoccolma fino al 26
agosto la Settimana mondiale per l’acqua (www.wordwaterweek.org),
ma quest’anno per i Paesi ricchi, abituati a considerare questi eventi poco più
di una passerella estiva, c’è un’inquietante novità: l’emergenza idrica riguarda
ormai anche loro e non più soltanto posti come l’Africa e le aree povere del
pianeta. Colpa del cambiamento climatico e dell’inquinamento, ma anche di una
gestione irresponsabile delle risorse idriche.
A lanciare l’allarme nei giorni
scorsi è stato il Wwf con
un rapporto reso noto a Ginevra, Rich Countries, Poor Water,
che evidenzia le nuove dinamiche mondiali della crisi idrica che ormai, come
gran parte delle questioni attuali, è diventato un problema di ordine globale.
Tanto che episodi di siccità, alluvioni o la scomparsa di zone umide si
verificano con sempre maggiore frequenza anche in zone tradizionalmente
immuni come le aree atlantiche dell’Europa e degli Usa, mentre in
quelle mediterranee la disponibilità di acqua è messa a rischio da nuove forme
di turismo, prevalentemente estivo, con insediamenti e
strutture sempre più “assetati” e dall’irrigazione agricola
caratterizzata da infrastrutture spesso carenti e obsolete.
Ormai “i governi devono
trovare soluzioni, sia per i Paesi ricchi che per i Paesi poveri”,
recita il rapporto del Wwf, sottolineando con quest’appello lanciato in apertura
della Settimana mondiale per l’acqua la necessità di inaugurare una nuova fase
nell’affrontare le emergenze idriche, e in generale tutte le questioni
ambientali, caratterizzata dall’impegno di tutti per la salvaguardia del
pianeta.
In particolare, “i Paesi ricchi -
insiste il rapporto - devono attuare cambiamenti drastici nelle
loro politiche se vogliono evitare la crisi che sta riguardando le nazioni più
povere”. Metropoli come Londra, Houston, Sydney, tra le più assettate del
pianeta, consumano acqua a un ritmo più veloce di quanto sia possibile
ricostituirne le riserve. Un fenomeno ormai comune a tutti i Paesi
industrializzati dagli Usa al Canada, dalla Gran Bretagna ai Paesi del Vecchio
Continente, al Giappone all’Australia. E aggravato dalla contaminazione dei
bacini e dalle perdite di infrastrutture colabrodo. Lo studio
porta ad esempio quanto avviene nella capitale inglese, dove lo spreco di acqua
dovuto all’usura delle reti di distribuzione equivale a quella contenuta in 300
piscine olimpiche al giorno.
Ad aggravare il quadro concorre
anche la gestione dell’acqua nei Paesi emergenti che se in
alcuni casi mostra segni di ravvedimento, come in Brasile, dove tuttavia se da
un lato è stato approvato un piano per garantire l’approvvigionamento di acqua
sicura a milioni di poveri dall’altro permangono dubbi su alcuni progetti di
sfruttamento di bacini in Amazzonia, in altri come in India e Cina prosegue su
una china pericolosa con progetti di opere faraoniche e dighe mastodontiche che
minacciano di cancellare intere economie rurali e di produrre pesanti costi in
termini umani e ambientali.
Quali dunque le soluzioni? Per il
rapporto è necessario innanzitutto cambiare radicalmente l'atteggiamento
nei confronti dell'acqua, che d’ora in poi dev’essere considerato “un bene
prezioso”; e in seguito avviare tutta una serie di interventi che mirino a
tutelarlo, dalla riparazione delle vecchie infrastrutture e delle reti di
distribuzione, alla salvaguardia e alla conservazione dei bacini idrici, alla
diminuzione degli scarichi inquinanti all’aumento del costo dell’acqua nei Paesi
ricchi: una misura quest’ultima che potrebbe favorire in attività come
l’agricoltura un consumo più efficiente e responsabile. Tutte indicazioni
di cui dovranno fare tesoro i governi riuniti in questi giorni nel meeting di
Stoccolma che, data la novità delle premesse, può davvero segnare l’inizio di
un’inversione di rotta.
Archivio Acqua
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