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24/08/2006 Ricchi Assetati (www.verdi.it)

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Parte a Stoccolma la Settimana mondiale per l’acqua. Il Wwf: servono “cambiamenti drastici”

Si apre a Stoccolma fino al 26 agosto la Settimana mondiale per l’acqua (www.wordwaterweek.org), ma quest’anno per i Paesi ricchi, abituati a considerare questi eventi poco più di una passerella estiva, c’è un’inquietante novità: l’emergenza idrica riguarda ormai anche loro e non più soltanto posti come l’Africa e le aree povere del pianeta. Colpa del cambiamento climatico e dell’inquinamento, ma anche di una gestione irresponsabile delle risorse idriche.

A lanciare l’allarme nei giorni scorsi è stato il Wwf con un rapporto reso noto a Ginevra, Rich Countries, Poor Water, che evidenzia le nuove dinamiche mondiali della crisi idrica che ormai, come gran parte delle questioni attuali, è diventato un problema di ordine globale. Tanto che episodi di siccità, alluvioni o la scomparsa di zone umide si verificano con sempre maggiore frequenza anche in zone tradizionalmente immuni come le aree atlantiche dell’Europa e degli Usa, mentre in quelle mediterranee la disponibilità di acqua è messa a rischio da nuove forme di turismo, prevalentemente estivo, con insediamenti e strutture sempre più “assetati” e dall’irrigazione agricola caratterizzata da infrastrutture spesso carenti e obsolete.

Ormai “i governi devono trovare soluzioni, sia per i Paesi ricchi che per i Paesi poveri”, recita il rapporto del Wwf, sottolineando con quest’appello lanciato in apertura della Settimana mondiale per l’acqua la necessità di inaugurare una nuova fase nell’affrontare le emergenze idriche, e in generale tutte le questioni ambientali, caratterizzata dall’impegno di tutti per la salvaguardia del pianeta.

In particolare, “i Paesi ricchi - insiste il rapporto - devono attuare cambiamenti drastici nelle loro politiche se vogliono evitare la crisi che sta riguardando le nazioni più povere”. Metropoli come Londra, Houston, Sydney, tra le più assettate del pianeta, consumano acqua a un ritmo più veloce di quanto sia possibile ricostituirne le riserve. Un fenomeno ormai comune a tutti i Paesi industrializzati dagli Usa al Canada, dalla Gran Bretagna ai Paesi del Vecchio Continente, al Giappone all’Australia. E aggravato dalla contaminazione dei bacini e dalle perdite di infrastrutture colabrodo. Lo studio porta ad esempio quanto avviene nella capitale inglese, dove lo spreco di acqua dovuto all’usura delle reti di distribuzione equivale a quella contenuta in 300 piscine olimpiche al giorno.

Ad aggravare il quadro concorre anche la gestione dell’acqua nei Paesi emergenti che se in alcuni casi mostra segni di ravvedimento, come in Brasile, dove tuttavia se da un lato è stato approvato un piano per garantire l’approvvigionamento di acqua sicura a milioni di poveri dall’altro permangono dubbi su alcuni progetti di sfruttamento di bacini in Amazzonia, in altri come in India e Cina prosegue su una china pericolosa con progetti di opere faraoniche e dighe mastodontiche che minacciano di cancellare intere economie rurali e di produrre pesanti costi in termini umani e ambientali.

Quali dunque le soluzioni? Per il rapporto è necessario innanzitutto cambiare radicalmente l'atteggiamento nei confronti dell'acqua, che d’ora in poi dev’essere considerato “un bene prezioso”; e in seguito avviare tutta una serie di interventi che mirino a tutelarlo, dalla riparazione delle vecchie infrastrutture e delle reti di distribuzione, alla salvaguardia e alla conservazione dei bacini idrici, alla diminuzione degli scarichi inquinanti all’aumento del costo dell’acqua nei Paesi ricchi: una misura quest’ultima che potrebbe favorire in attività come l’agricoltura un consumo più efficiente e responsabile.  Tutte indicazioni di cui dovranno fare tesoro i governi riuniti in questi giorni nel meeting di Stoccolma che, data la novità delle premesse, può davvero segnare l’inizio di un’inversione di rotta.

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