10. Ho presentato le mie
obiezioni alla teoria “ufficiale” in un seminario tenutosi al BYU il
22 settembre 2005 davanti a circa 60 persone. Ho anche mostrato
prove ed argomentazioni scientifiche sulla teoria della demolizione
con esplosivo. Tra il pubblico c’erano insegnanti di Fisica,
Ingegneria Meccanica, Ingegneria Civile, Ingegneria Elettrica,
Psicologia e Matematica – e forse altri dipartimenti, visto che non
ho riconosciuto tutti i presenti. Erano rappresentate due università
locali (BYU e Utah Valley State College).
Il dibattito è stato vivace ed è durato quasi due ore. E’ finito
solo quando serviva l’aula per un corso universitario. Dopo aver
presentato il materiale qui riepilogato, tutti tranne un
partecipante concordavano (per alzata di mano) sul fatto che
servissero ulteriori indagini sul crollo del WTC. Il giorno dopo il
professore che non era stato d’accordo disse che ci aveva riflettuto
su e che ora concordava sul fatto che fosse opportuna un’indagine.
Si unì agli altri nella speranza che le 6899 foto e i 6977 spezzoni
di filmati del NIST, più altri dell’FBI, venissero rilasciati per un
visionamento indipendente; essendo le foto provenienti
principalmente da fotografi privati (NIST, 2005, p. 81).
Chiediamo il rilascio di questi dati per un gruppo
inter-disciplinare e preferibilmente internazionale di scienziati ed
ingegneri.
11. Un partecipante al Seminario BYU sulle anomalie dell’11
settembre mi suggerì di visionare gli scritti di Bazant e Zhou, cosa
che ho fatto. Riporto:
“Le torri di 110 piani del World Trade Center furono progettate
per resistere nel complesso alle forze causate da un impatto
orizzontale di un grosso aereo commerciale. Perché allora c’è
stato un crollo totale?” (Bazant and Zhou, 2002, p. 2).
E’ corretto – gli impatti degli aerei non hanno causato il crollo –
possiamo essere d’accordo su questo. Thomas Eager del MIT ne
conviene “perché il numero di colonne perdute nell’impatto iniziale
non era grande e i pesi si scaricarono sulle restanti colonne, in
questa struttura altamente ridondante” (Eager and Musso, 2001).
Andiamo avanti con Bazant e Zhou:
“La conflagrazione, causata dal propellente del velivolo,
versatosi nella struttura, provoca un’esposizione dell’acciaio
delle colonne a temperature sostenute, apparentemente superiori
a 800 °C…” (Bazant and Zhou, 2002, p. 2).
Ma su questo punto annotiamo dall’ultimo rapporto NIST che: “Gli
incendi iniziali alimentati dal propellente aereo sono durati al
massimo qualche minuto” e gli incendi ai materiali da ufficio si
sarebbero esauriti in circa 20 minuti (NIST, 2005; p. 179, enfasi
aggiunta). Senz’altro il carburante che bruciava non era sufficiente
a portare l’acciaio a temperature sostenute e superiori a 800 °C. Ma
continuiamo:
“Una volta che più della metà delle colonne nel piano
critico... subiscono delle deformazioni (stadio 3), il peso
della porzione superiore della struttura sopra a questo piano non
può più essere sopportato, e allora la parte superiore comincia a
cadere su quella inferiore…” (Bazant and Zhou, 2002, p. 2).
Andiamo avanti – Bazant e Zhou non spiegano come “più della metà
delle colonne del piano critico subiscono [possano subire]
deformazioni” allo stesso tempo in odo da provocare l’intero e quasi
simmetrico crollo osservato. C’erano 47 grosse colonne in acciaio
nel nucleo di ogni Torre, e 24 colonne di rinforzo nel WTC 7 (NIST
2005; NISTb, 2005).
Le torri del WTC era costruite solidamente con 47 colonne
centrali in acciaio e 240 travi perimetrali in acciaio. In totale
287 colonne. Molti dubbi sul fatto che incendi/danni casuali
possano averne causato il crollo verticale (teoria ufficiale), e
si sospettano esplosivi.
Struttura in acciaio con enorme nucleo centrale (a sinistra).
Notate gli operai in piedi sulla struttura di un piano che è
saldamente attaccata alle colonne interconnesse del nucleo.
Essi NON spiegano come temperature delle colonne d’acciaio sopra gli
800 °C, causate dall’incendio di materiale da ufficio, siano state
raggiunte quasi contemporaneamente. Il NIST nota che i materiali da
ufficio hanno bruciato per 15-20 minuti, poi si sono esauriti (NIST,
2005, pp. 117, 179). E questo non è evidentemente un tempo
abbastanza lungo da innalzare la temperatura delle colonne in
acciaio oltre gli 800° C, come richiesto dal modello Bazant e Zhou,
considerando anche l’enorme dissipazione di calore delle strutture.
E il crollo completo di tre edifici, nello stesso giorno, per lo
stesso meccanismo poco probabile, è un abuso di credulità. Per
giunta il rapporto finale NIST sulle Torri ammette:
“Delle più di 170 zone esaminate su 16 colonne perimetrali, solo
tre di queste mostrano i segni del raggiungimento di una
temperatura dell’acciaio sopra i 250 °C... Solo due campioni di
colonne centrali hanno abbastanza vernice da permettere un’analisi
del genere, e la loro temperatura non ha raggiunto i 250 °C…
Usando analisi metallografiche, il NIST ha determinato che non
si è evidenziata alcuna prova su uno solo dei
campioni esaminati che le temperature abbiano raggiunto valori
superiori ai 600 °C” (NIST, 2005, pp. 176-177; enfasi
aggiunta).
Riguardo al WTC 7, Bazant e Zhou dicono poco, ma riferiscono in una
“appendice” a parte che la fonte di calore richiesta potrebbe essere
derivata dall’incendio di gas naturale (Bazant and Zhou, March 2002,
p. 370). Il rapporto FEMA (FEMA, 2002) si esprime su questo aspetto:
“Precedenti rapporti avevano indicato che nelle vicinanze
dell’edificio [il WTC 7] si trovava una conduttura da 24 pollici
di gas ad alta pressione; in ogni modo, ciò non si è poi
rivelato vero” (FEMA, 2002, chapter 5; enfasi aggiunta).
12. Ho letto da cima a fondo le centinaia di pagine del Rapporto
Finale NIST sui crolli delle Torri del WTC (NIST, 2005). E’
interessante notare che il NIST ha separato e rinviato il proprio
rapporto finale sul WTC 7, il quale è in ritardo anche come data
di pubblicazione (NIST, 2005; NISTb, 2005). Concordo su alcune
cose del rapporto NIST; per esempio:
“Sia il WTC 1 che il WTC 2 erano stabili dopo l’impatto
dell’aereo, rimanendo in piedi per 102 e 56 minuti,
rispettivamente. Le analisi globali sul danno da impatto
strutturale mostravano che entrambe le torri avevano una
considerevole capacità di riserva. Questo fu confermato
dalle analisi delle vibrazioni post impatto del WTC 2… in cui le
torri danneggiate oscillarono per un periodo quasi uguale al
periodo inizialmente calcolato per la struttura integra” (NIST,
2005, p. 144; enfasi aggiunta).
“In ogni determinata zona, la durata delle temperature
(dell’aria, non dell’acciaio) intorno a 1000°C era di circa
15-20 minuti. Nel resto del tempo, le temperature calcolate
erano intorno a 500°C o meno” (NIST, 2005, p. 127, enfasi
aggiunta).
Il NIST stipulò un contratto con gli Underwriters
Laboratories Inc. per effettuare dei test in modo da ottenere
informazioni sulla resistenza agli incendi di strutture come
quelle delle torri del WTC… “Tutti e quattro i campioni hanno
resistito al carico massimo di progettazione per circa due ore
senza crollare” (NIST, 2005, p. 140, enfasi aggiunta).
Io comunque, insieme ad altri, sfido la teoria NIST del crollo. Il
NIST insiste nel sostenere che tutti i crolli degli edifici furono
avviati da incendi nonostante le osservazioni sopra citate,
soprattutto considerando il fatto che le prove sulla resistenza
agli incendi secondo i modelli attuali non risultano avere effetto
in un crollo. In uno scritto redatto da esperti di ingegneria
degli incendi del Regno Unito troviamo:
“La base della teoria NIST del crollo è… il comportamento
delle colonne in un incendio… Tuttavia, crediamo che ci
voglia una più considerevole differenza nello spostamento verso
il basso, ben più grande dei 300 mm proposti, tra le [47]
colonne del nucleo e le [240] colonne perimetrali perché la
teoria del crollo risulti verificata… La [nostra] scarsa fiducia
nei dispositivi per incendio passivo è in contrasto col lavoro
NIST in cui si suppone che la quantità di dispositivi
anti-incendio sugli elementi della struttura sia un fattore
significante nel determinare il tempo necessario per crollare…
L’effetto proposto è soverchiato dall’espansione termica…
L’espansione termica e la risposta dell’intera intelaiatura a
questo effetto finora NON sono ancora state descritti [dal NIST]”
(Lane and Lamont, 2005).
Sono d’accordo con queste evidenti obiezioni, particolarmente con
quella secondo cui la “risposta dell’intera intelaiatura” di ogni
edificio andrebbe esaminata, soprattutto riguardo alla
trasmissione del calore in tutta l’intelaiatura a partire da
incendi localizzati, e con quella secondo la quale “le colonne del
nucleo non posso sostenere le colonne esterne attraverso il
pavimento” (Lane and Lamont, 2005).
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