La regione del Mandato britannico vista dal satellite, con indicati i
confini nazionali
La Palestina (latino:
Syria Palestina;
ebraico biblico: פּלשת, Pelesheth, o ארץ פּלשתיים,
erezt Pelishtiyim, "terra dei Filistei";
ebraico moderno: פלשתינה, Palestina, o ארץ־ישראל,
Eretz Yisrael;
arabo:
فلسطين, Filasṭīn) è una regione storica del
Vicino Oriente compresa tra il
Mar Mediterraneo ed il fiume
Giordano.
Attualmente il suo territorio è diviso tra lo
Stato di Israele, i
territori palestinesi, ed in parte tra
Giordania,
Libano e
Siria, ovvero
l'area del
Mandato britannico della Palestina (1920-1948) ad ovest del
fiume Giordano.
Il termine Palestina è anche usato per riferirsi al
proposto Stato Palestinese. All'interno del
conflitto israelo-palestinese questa accezione suscita violente polemiche.[1]
Il nome
Antichi documenti egiziani si riferiscono alla regione il cui nome
traslitterato è rtnu (pronuncia convenzionale retenu o
recenu).
Nella Bibbia
la Palestina è indicata con diversi nomi. Oltre a termini come (Eretz
Yisrael "Terra di Israele", Eretz Ha-Ivrim "Terra degli ebrei",
"Terra in cui scorre latte e miele",
Terra promessa), tutto il territorio ad occidente del
fiume
Giordano
era chiamato "Terra di
Canaan", cioè
occupata dai Canaaniti (o Cananei), considerati discendenti da Canaan figlio di
Cam.
Con l'arrivo del popolo ebraico, la 'Terra di Canaan' viene ribattezzata
"Terra di Israele". La storia a questo punto coincide con la storia del popolo
d'Israele. Dopo la divisione in due del regno ebraico, quello più meridionale
venne chiamato terra del
regno di Giuda, mentre la parte settentrionale terra del
regno di Israele o Samaria.
La regione subì in quel periodo l'invasione del popolo di origine greca dei
Filistei, o
pheleset (migratorio), le cui cinque città principali erano
Gaza,
Ashdod,
Ekron,
Gath, e
Ashkelon.
Popolo di cui gli Egiziani antichi danno per primi notizia come P-r/l-s-t
(convenzionalmente Peleshet), uno dei
Popoli del mare che invasero l'Egitto durante il regno di
Ramses III ma su le cui origini vi è ancora dibattito.
"Filistea" (ebraico פלשת Pəléšeth, P(e)léshet) è il nome da cui proviene
"Palestina", e deriva quindi dal popolo dei
Filistei.
Costoro vennero sottomessi da
re David vincendo alcune battaglie ai tempi del profeta
Amos, prima di scomparire definitivamente come popolo, tanto che non sono
più citati già dai tempi delle invasioni degli
Assiri.
La terra di Israele venne sottoposta al dominio romano, al quale tentò di
ribellarsi a più riprese. La
prima guerra giudaica, nel 70, e poi la
seconda guerra giudaica, nel 135, furono vinte dall'esercito
romano, ma a costo di pesantissime perdite umane. L'Imperatore Adriano fu
così irritato da queste perdite nell'esercito che decise di sradicare ogni
presenza ebraica nel territorio,esiliando gli ebrei (Diaspora)
e cambiando il nome della terra di Canaan da quello preesistente di ‘Provincia
Judaea’ in ‘Provincia Syria Palaestina’, (più tardi abbreviato in ‘Palaestina’).
Adriano fece questo per umiliare profondamente gli ebrei, ribattezzando la loro
terra con il nome dei loro acerrimi nemici, i
Filistei
appunto.
Il nome 'Palestina' dunque non era mai esistito prima che i romani
conquistassero definitivamente, nel 135 d.C. la regione che prima si chiamava 'Israele',
o 'Giudea'. Per tutte queste ragioni, il nome ‘Palestina’ non compare mai nella
Bibbia (né nel Corano). Il termine 'Palestina' dunque non solo non è autoctono,
ma non è originariamente legato al mondo arabo, derivando invece dal popolo di
invasori greci e dell’Asia Minore e imposto poi dai romani. I filistei non erano
semiti, non erano arabi e non hanno mai avuto alcun legame storico, etnico o
politico con gli
arabi o con l’Islam.
Dal IV secolo
d.C. la regione si chiama Palestina, ma il suo nome originario è "terra di
Canaan", o "terra di Israele".
Storia
Il suo status giuridico e politico è oggi fortemente controverso.
La Prima Guerra Mondiale, la dichiarazione di
Balfour e l'istituzione del Mandato Britannico
La "Palestina" rimase sotto il dominio dei turchi (Impero
Ottomano) per 400 anni, fino a quando essi la persero alla fine della
Prima guerra mondiale a favore della
Gran
Bretagna. La spartizione dei possedimenti dell'Impero Ottomano nella regione
tra Gran Bretagna e
Francia al
termine della guerra, era stata già decisa nel
1916 con l'Accordo
Sykes-Picot (inizialmente segreto)[2].
Zone di influenza frencese e britannica stabilite dall'accordo
Sykes-kes-Picot
Per l'area della Palestina l'accordo prevedeva che:
(EN)
« That in the brown area there
shall be established an international administration, the form of which is
to be decided upon after consultation with Russia, and subsequently in
consultation with the other allies, and the representatives of the sheriff
of Mecca. »
|
(IT)
« Che nella zona marrone [la
Palestina] potrà essere istituita un’amministrazione internazionale la cui
forma dovrà essere decisa dopo essersi consultati con la Russia ed in
seguito con gli altri alleati ed i rappresentanti dello sceriffo della
Mecca. »
|
|
La
Gran Bretagna espresse con
la dichiarazione di Balfour del 1917 l'intenzione di creare in Palestina, un
focolare ebraico ("national home") che potesse dare asilo non
soltanto ai pochi ebrei palestinesi che vi abitavano da secoli, ma anche agli
ebrei dispersi nelle altre nazioni. La questione fu comunque molto combattuta,
da cui la scelta del termine ambiguo "national home" che non richiamava
direttamente alla costituzione di uno stato e l'esplicito riferimento ai "diritti
civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina" che non
dovevano essere danneggiati. Nel censimento del 1922, a 5 anni dalla
dichiarazione e dall'inizio dell'ondata migratoria che ne era conseguita, la
popolazione ebrea era di 83.790 unita su un totale di 752.048 persone, pari al
11,14% della popolazione totale, di poco superiore come dimensioni alla comunità
cristiana di 71.464 unità[4],
ed inferiore alla comunità di nomadi beduini di circa 103.331 persone (il cui
stile di vita nomade e dedicato alla
pastorizia
causò alcuni attriti con i coloni ebrei per l'uso dei terreni, soprattutto nella
valle del fiume
Giordano)[5]
.
(EN)
« Dear
Lord Rothschild,
I have much pleasure in conveying to you, on behalf of His Majesty's
Government, the following declaration of sympathy with Jewish Zionist
aspirations which has been submitted to, and approved by, the Cabinet.
"His Majesty's Government view with favour the establishment in
Palestine of a national home for the Jewish people, and will use their
best endeavours to facilitate the achievement of this object, it being
clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the
civil and religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine,
or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country."
I should be grateful if you would bring this declaration to the knowledge
of the Zionist Federation.
Yours sincerely, Arthur James Balfour »
|
(IT)
« Egregio Lord Rotschild,
È mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente
dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell'ebraismo sionista che
sono state presentate, e approvate, dal governo.
"Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina
di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adoprerà per
facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla
deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle
comunità non ebraiche della Palestina, ne' i diritti e lo status politico
degli ebrei nelle altre nazioni"
Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della
federazione sionista.
Con sinceri saluti Arthur James Balfour »
|
|
I britannici avevano tuttavia promesso nel
1915 la Palestina
agli arabi (tramite accordi tra Sir Henry McMahon, in nome del governatore
britannico, e lo
sharif di
Mecca,
Husayn ibn Ali) come paese indipendente o come parte di
una
grande nazione araba, per l'aiuto prestato con la Rivolta Araba nella lotta
contro l'impero Turco-Ottomano e questo fece sì che il sostegno britannico alle
richieste del movimento sionista si scontrasse ben presto sia con i progetti
degli altri stati arabi, sia con l'opposizione della maggioranza araba
palestinese alla formazione di uno stato non islamico in Palestina.
Il territorio del mandato Britannico, diviso tra Palestina e
Transgiordania
La
Società delle Nazioni affidò dunque alla
Gran
Bretagna un
Mandato per la Palestina, che fino a quel momento e per tutti i secoli
precedenti aveva coinciso con il territorio degli odierni Stati di
Israele e
Giordania.
La Società delle Nazioni riconosceva gli impegni presi da Balfour, pur
rimarcando che questo non doveva essere effettuato a discapito dei diritti
civili e religiosi della popolazione non ebraica preesistente. Per permettere
l'adempimento degli impegni presi la Società delle Nazioni riteneva necessario
istituire un'agenzia che coordinasse l'immigrazione ebraica e collaborasse con
le autorità britanniche per istituire norme atte a facilitare la creazione di
questo focolare nazionale, come per esempio la possibilità per gli
immigrati ebrei di ottenere facilmente la cittadinanza palestinese;
l'organizzazione Sionista veniva ritenuta la più adatta per questo compito.
Oltre a questo il Mandatario doveva predisporre il territorio allo sviluppo di
un futuro governo autonomo.[6]
Così, nel 1922
l’Inghilterra, seguendo quanto già deciso negli accordi di Sykes-Picot, concesse
tutti i territori ad est del fiume Giordano (quasi il 73% dell'intera area del
Mandato) all’Emiro Abd Allah I. Questo divenne la Transgiordania, con una
maggioranza di popolazione araba (nel 1920 circa il 90% della popolazione,
stimata in un totale di circa 4.000.000 di abitanti[7]),
le cui leggi non permettevano[senza fonte]
(e non permettono a tutt'oggi
[8]) a nessun ebreo di ottenere la
cittadinanza giordana. La Transgiordania sarebbe diventata, il
25 maggio
del 1946, il Regno
Hashemita di Giordania.
Con il
Libro Bianco del 1922
[9] gli inglesi rassicurarono
la popolazione araba sul fatto che la Jewish National Home in Palestine
promessa nel 1917 non era da intendesi come una nazione ebraica in Palestina, e
che la commissione Sionista della Palestina non aveva nessun interesse ad
amministrare il territorio, rimarcando però al contempo l'importanza della
comunità ebraica presente e la necessità di una sua ulteriore espansione e del
suo riconoscimento internazionale:
(EN)
« During the last two or three
generations the Jews have recreated in Palestine a community, now
numbering 80,000, of whom about one fourth are farmers or workers upon the
land. This community has its own political organs; [...] Its business is
conducted in Hebrew as a vernacular language, and a Hebrew Press serves
its needs. It has its distinctive intellectual life and displays
considerable economic activity. This community, then, with its town and
country population, its political, religious, and social organizations,
its own language, its own customs, its own life, has in fact "national"
characteristics. When it is asked what is meant by the development of the
Jewish National Home in Palestine, it may be answered that it is not the
imposition of a Jewish nationality upon the inhabitants of Palestine as a
whole, but the further development of the existing Jewish community, with
the assistance of Jews in other parts of the world, in order that it may
become a centre in which the Jewish people as a whole may take, on grounds
of religion and race, an interest and a pride. But in order that this
community should have the best prospect of free development and provide a
full opportunity for the Jewish people to display its capacities, it is
essential that it should know that it is in Palestine as of right and not
on the sufferance. That is the reason why it is necessary that the
existence of a Jewish National Home in Palestine should be internationally
guaranteed, and that it should be formally recognized to rest upon ancient
historic connection. »
|
(IT)
« Durante le ultime due o tre
generazioni gli Ebrei hanno ricreato in Palestina una comunità, ora di
80.000 persone, di cui circa un quarto sono agricoltori e lavoratori della
terra. La comunità ha i suoi organi politici [...] I suoi affari sono
effettuati usando la lingua ebraica e la stampa ebraica soddisfa le sue
necessità. [La comunità ] ha la sua vita intellettuale e mostra una
considerevole attività economica. La comunità quindi, con le sue cittadine
e la sua popolazione rurale, con la sua organizzazione politica,
religiosa, sociale, la sua lingua e i suoi costumi, e la sua vita, ha di
fatto caratteristiche "nazionali". Quando viene chiesto cosa significa lo
sviluppo di un focolaio nazionale ebraico in Palestina, la risposta è che
non si tratta dell'imposizione della nazionalità ebraica sugli abitanti
palestinesi in toto, ma l'ulteriore sviluppo della comunità ebraica
esistente, con l'assistenza degli Ebrei del resto del mondo, in modo che
questa possa diventare un centro di cui il popolo ebraico intero possa
avere, per motivi di religione e razza, un interesse ed un vanto. Ma, per
poter far sì che questa comunità abbia le migliori prospettive di libero
sviluppo e possa offrire la piena possibilità al popolo ebraico di
mostrare le proprie capacità, è essenziale che sia riconosciuto che questo
è in Palestina di diritto e non con sofferenza. Questa è la ragione per
cui è necessario che l'esistenza di un focolaio nazionale ebraico in
Palestina dovrebbe essere garantita internazionalmente, e riconosciuta la
sua esistenza in base agli antichi legami storici. »
|
( British White Paper of June 1922[9])
|
Gli anni del Mandato e la Seconda Guerra Mondiale
I successivi 25 anni (1922-1947), che videro un massiccio aumento della
popolazione ebraica (passata dai poco più di 80.000 abitanti agli inizi degli
anni 20 ai circa 610.000 del 1947) tramite l'immigrazione prima legale e poi
(dopo il 1939 e le limitazioni imposte dal
Libro Bianco del 1939[10])
illegale, furono comunque caratterizzati da episodi di violenza e di reciproca
intolleranza, che sfociarono in diverse rivolte generalizzate nel
1920,
nel 1929 e
nel triennio 1936-39.
Il piano di spartizione suggerito dalla
Commissione Peel nel 1937. Secondo il rapporto della commissione
c'erano 225.000 arabi nel territorio del possibile stato ebraico e 1.250
ebrei in quello del possibile stato arabo.[11]
Alcuni tentativi di suddivisione del mandato in due Stati distinti, a seguito
della proposta della
Commissione Peel nel 1937 (che suggeriva anche di trasferire la popolazione
in modo da creare uno stato ebraico abitato solo da ebrei e uno stato arabo
abitato solo da arabi, creando sistemi di irrigazione e distribuzione idrica in
quest'ultimo, che altrimenti non sarebbe stato in grado di reggere l'aumento di
popolazione di circa 225.000 arabi che sarebbe stato necessario trasferirvi)[11],
della
Commissione Woodhead del 1938[12]
e della
Conferenza di St. James del 1939, fallirono perché respinti da ambo le
parti.
Nel 1939 i britannici, alla fine di 3 anni di guerra civile,
nell'impossibilità di creare due stati indipendenti e con continui attentati,
sia da parte di gruppi terroristici ebraici contro i suoi soldati e contro la
popolazione civile, sia da parte araba contro i coloni ebrei, produssero il
Libro Bianco[10],
con cui si metteva un freno all'immigrazione ebraica (un massimo di 75.000
coloni nei successivi 5 anni, a patto che fosse possibile assorbirli nel tessuto
sociale ed economico palestinese) secondo quanto già raccomandato dal
Rapporto Shaw del 1929 e dalla
Commissione Hope Simpson del 1930; queste ultime avevano individuato nella
massiccia immigrazione ebraica, nelle politiche di assegnazione delle terre ai
coloni e nella conseguente crescita della disoccupazione tra la popolazione
araba preesistente, uno dei principali motivi di instabilità sociale della
Palestina. Nel Libro Bianco veniva anche evidenziato che gli atti ostili
dei gruppi armati arabi contro i coloni ebrei, comunque da condannare, e in
generale l'ostilità generale della popolazione araba verso quella ebraica,
trovavano spiegazione nel timore di ritrovarsi con il tempo ad essere etnia di
minoranza in una nazione ebraica. Oltre a questo la Gran Bretagna decise di
porre fine al suo mandato nel 1949 e di istituire per quella data un unico stato
multietnico e dichiaravano conclusi gli impegni presi con la dichiarazione di
Balfour, ritenendo che i circa 300.000 immigrati ebraici (che avevano portato la
popolazione ad essere quasi un terzo del totale) e le capacità mostrate da
questi nello sviluppo della loro comunità fosse comunque da considerarsi un
vanto per il popolo ebraico. relativamente alle aspirazioni nazionali dei
coloni, il Libro Bianco richiamava il fatto che già nel precedente testo del
1922 si era esplicitamente esclusa la possibilità di una "nazione ebraica" sul
territorio della Palestina. D'altro canto esso definiva altresì la promessa
della creazione di nazione araba, che sarebbe derivata da comunicazione
epistolari svoltesi nel 1915 tra Sir Henry McMahon (in nome del governatore
britannico) e lo sceicco della
Mecca, come frutto di un fraintendimento tra le parti[10],
soprattutto per quello che riguardava la zona in cui questa nazione sarebbe
sorta, che doveva escludere i territori ad ovest del Giordano:
(EN)
« For their part they can only
adhere, for the reasons given by their representatives in the Report, to
the view that the whole of Palestine west of Jordan was excluded from Sir
Henry McMahon's pledge, and they therefore cannot agree that the McMahon
correspondence forms a just basis for the claim that Palestine should be
converted into an Arab State »
|
(IT)
« [Sua Maestà] da parte sua
può aderire, per le ragioni espresse dai suoi rappresentanti nel rapporto,
al parere per cui l'intera Palestina ad ovest del Giordano era esclusa
dalla richiesta di Sir McMahon, e dunque [Sua Maestà] non può concordare
sul fatto che la corrispondenza di McMahon formi una giusta base per la
dichiarazione che la Palestina debba essere convertita in uno stato arabo »
|
( The White Paper, Section 1 – The Constitution[10])
|
Una lettera datata 24 ottobre 1915 è a proposito cruciale. In essa si diceva
che:
|
« I due
distretti di Mersina e Alessandretta, e le parti della Siria poste ad ovest
dei distretti di Damasco, Homs, Hama e Aleppo, non si possono dire puramente
arabi, e andrebbero esclusi dai confini richiesti. Con le modifiche
suddette, e senza pregiudizio dei nostri precedenti trattati con capi arabi,
accettiamo detti confini. » |
|
|
Nel documento appare chiaro che la Palestina è una regione ormai abitata da
due popolazioni distinte. Parlando della proposta di un unico stato palestinese,
il testo afferma:
(EN)
« His Majesty's Government are
charged as the Mandatory authority "to secure the development of self
governing institutions" in Palestine. Apart from this specific obligation,
they would regard it as contrary to the whole spirit of the Mandate system
that the population of Palestine should remain forever under Mandatory
tutelage. It is proper that the people of the country should as early as
possible enjoy the rights of self-government which are exercised by the
people of neighbouring countries. His Majesty's Government are unable at
present to foresee the exact constitutional forms which government in
Palestine will eventually take, but their objective is self government,
and they desire to see established ultimately an independent Palestine
State. It should be a State in which the two peoples in Palestine, Arabs
and Jews, share authority in government in such a way that the essential
interests of each are shared. »
|
(IT)
« Sua Maestà, come autorità
del Mandato, è incaricata di "assicurare lo sviluppo dei forme di
governo autonome" in Palestina. Oltre a questo obbligo specifico, [Sua
Maestà] considera contrario allo spirito del funzionamento del Mandato che
la popolazione della Palestina rimanga per sempre sotto la tutela del
Mandatario. È corretto che la popolazione della nazione possa il più
facilmente possibile godere del diritto all'auto-governo come è esercitato
dalla popolazione delle nazioni vicine. Il governo di Sua Maestà non è in
grado di prevedere l'esatta forma costituzionale che prenderà lo stato
Palestinese, ma l'obiettivo è l'auto-governo e il desiderio di vedere
nascere infine uno stato Palestinese indipendente. Deve questo essere uno
stato in cui i due popoli della Palestina, Arabi ed Ebrei, condividano
l'autorità di governo in un modo grazie al quel gli interessi essenziali
di entrambi siano condivisi. »
|
( The White Paper, Section 1 – The Constitution[10])
|
Con la seconda guerra mondiale la maggior parte dei gruppi ebraici si
schierarono con gli Alleati, mentre molti gruppi arabi guardarono con interesse
l'Asse, nella speranza che una sua vittoria servisse a liberarli dalla presenza
britannica. La Germania cercò anche di finanziare e armare alcuni gruppi
palestinesi con lo scopo di colpire obiettivi ebraici[13].
La situazione di temporanea alleanza contro l'Asse non diminuì però
l'opposizione dei gruppi ebraici contro il Libro Bianco e contro le limitazioni
all'immigrazione che introduceva:
David Ben-Gurion (futuro presidente dell'Agenzia
Ebraica e futuro
Primo Ministro di Israele), relativamente alla collaborazione tra l'Haganah
e i soldati britannici nelle operazioni contro le forze naziste, dichiarò
comunque che:
(EN)
« We shall fight the White
Paper as if there were no war, and the war as if there were no White Paper »
|
(IT)
« Dobbiamo combattere il Libro
Bianco come se la guerra non ci fosse, e la guerra come se non ci fosse il
Libro Bianco »
|
( Dichiarazioni di David Ben-Gurion[14])
|
Il gruppo dell'Irgun,
molto più attivo dell'Haganah per quello che riguarda la lotta contro i
britannici, dichiarò una tregua (che restò in vigore dal
1940 al
1943) e arruolò
molti dei suoi componenti nell'esercito inglese e nella
Brigata Ebraica. A causa di questa tregua l'ala più estremista del movemento
si staccò, dando vita al gruppo
Lohamei Herut Israel (o Lehi, conosciuto anche come
Banda Stern, dal nome di
Avraham Stern, il suo fondatore), che negli anni seguenti concentrò le
proprie azioni contro bersagli britannici e che tra il
1940 e il
1941 tentò per due
volte, senza successo, di stringere accordi con le forze nazifasciste in chiave
anti-britannica[15]
[16].
Il piano di spartizione dell'ONU
Distribuzione degli insediamenti ebraici in Palestina nel 1947
La spartizione del territorio secondo la risoluzione dell'ONU
Dopo la
Seconda guerra mondiale e i
tragici fatti
che colpirono la popolazione di origine o religione ebraica in molti paesi
europei, le neonate Nazioni Unite si interrogarono sul destino della regione,
che nel frattempo era sempre più instabile. Il problema chiave che l’ONU si pose
in quel periodo fu se i rifugiati europei scampati alle persecuzioni naziste
dovessero in qualche modo dover essere ricollegati alla situazione in Palestina.
Nella sua relazione
[17] l'UNSCOP (United Nations
Special Committee on Palestine, la commissione dell'ONU sulla questione, formata
da Canada,
Cecoslovacchia,
Guatemala,
Olanda,
Peru, Svezia,
Uruguay,
India,
Iran,
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia,
Australia)
si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla
conclusione che era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile"
accettare di appoggiare solo una delle due posizioni
[17]. Sette di queste nazioni (Canada,
Cecoslovacchia,
Guatemala,
Olanda,
Perù,
Svezia,
Uruguay)
votarono a favore di una soluzione con due Stati divisi e Gerusalemme sotto
controllo internazionale (sulla falsariga del piano di spartizione proposto nel
1937 dalla Commissione Peel), tre (India,
Iran,
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia) per un unico stato federale
(sulla falsariga di quanto previsto dal Libro Bianco), e una si astenne (Australia).
L'UNSCOP raccomandò anche che la Gran Bretagna cessasse il prima possibile il
suo controllo sulla zona, sia per cercare di ridurre gli scontri tra la
popolazione di entrambe le etnie e le forze britanniche, sia per cercare di
porre fine alle numerose azioni terroristiche portate avanti dai gruppi ebraici,
che avevano raggiunto il loro massimo pochi mesi prima proprio contro il
personale britannico, con l'attentato dell'Hotel
"King David" di Gerusalemme e i suoi 91 morti.
Nel decidere su come spartire il territorio l'UNSCOP, partendo dai precedenti
piani di spartizione britannici, considerò, per evitare possibili rappresaglie
da parte della popolazione araba nei confronti degli insediamenti ebraici o
delle minoranze ebraiche residenti nelle cittadine abitate da entrambe le etnie,
la necessità di radunare sotto il futuro stato ebraico tutte le zone dove i
coloni erano presenti in numero significativo (seppur nella maggior parte dei
casi etnia di minoranza
[18]), a cui veniva aggiunta la
quasi totalità delle zone allora sotto la diretta gestione mandataria (per la
maggior parte desertiche, come il
deserto del Negev), in previsione di una massiccia immigrazione dall'Europa
(l'UNISCOP valutava in 250.000 gli ebrei europei presenti in centri di
accoglienza[17]),
per un totale del 56% del territorio assegnato al futuro stato ebraico.
Gerusalemme, anche in virtù della sua importanza per tutte e tre le Religioni
del Libro e per l'elevata presenza di luoghi di culto, sarebbe rimasta sotto
controllo internazionale, mentre i territori circostanti, a maggioranza araba[18],
che nella proposta di spartizione del 1937 rimanevano sotto il controllo
mandatario, furono assegnati allo stato arabo.
Nella sua relazione l'UNISCOP prendeva anche in considerazione la situazione
economica dei futuri due stati ( United Nations Special Committee on
Palestine, Recommendations to the General Assembly, A/364, 3 September 1947 -
PART I. Plan of partition with economic union justification[17]),
consigliando di istituire una moneta comune e una rete di infrattuture che si
estendesse a tutta la Palestina indipendentemente dalle divisioni; oltre a
questo si evidenziava che agli ebrei sarebbe stata assegnata la parte più
sviluppata economicamente e che comprendeva quasi del tutto le zone di
produzione degli
agrumi, ma che in questa lavoravano molti produttori arabi e che con un
sistema economico comune ai due stati non era nell'interesse di quello ebraico
far rimanere quello arabo in una condizione di povertà e di precarietà
economica. Sempre per la parte economica l'UNSCOP prevedeva il possibile arrivo
di aiuti internazionali per la costruzione di sistemi di irrigazione in entrambi
gli stati.
La situazione della popolazione, secondo la visione proposta, diveniva
quindi::
Territorio |
Popolazione araba |
% Arabi |
Popolazione ebraica |
% Ebrei |
Popolazione Totale |
Stato Arabo |
725.000 |
99% |
10.000 |
1% |
735.000 |
Stato Ebraico |
407.000 |
45% |
498.000 |
55% |
905.000 |
Zona Internazionale |
105.000 |
51% |
100.000 |
49% |
205.000 |
Totale |
1.237.000 |
67% |
608.000 |
33% |
1.845.000 |
Fonte: Report of
UNSCOP - 1947[17] |
(oltre a questo era presente una popolazione Beduina di 90.000 persone nel
territorio ebraico).
Voti favorevoli (verde), contrari (marrone), astenuti (verdolino) e
assenti (rosso) alla risoluzione 181
Il 30
novembre le Nazioni Unite decisero (con la Risoluzione 181[19]),
con il voto favorevole di 33 nazioni, quello contrario di 13 (tra cui gli Stati
arabi) e l'astensione di 10 nazioni (tra cui la stessa Gran Bretagna, che
rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, ritenendo, in base
alle sue precedenti esperienze, che si sarebbe rivelato inaccettabile sia per
gli ebrei che per gli arabi), la
spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico, il
controllo dell'ONU su Gerusalemme e chiesero la fine del
mandato britannico il prima possibile e comunque non oltre il
1 agosto 1948.
Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte
dei gruppi ebraici, come l'Agenzia
Ebraica, l'accettò, pur lamentando la non continuità territoriale tra le
varie aree assegnate allo stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l'Irgun
e la
Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno Stato
arabo in quella che era considerata "la Grande Israele" e al controllo
internazionale di Gerusalemme.
Tra i gruppi arabi la proposta fu rifiutata, ma con posizioni diversificate:
alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno stato ebraico,
altri erano possibilisti, ma criticavano la spartizione del territorio, sia
perché i confini decisi per lo stato arabo, avrebbero, secondo loro, limitato i
contatti con le altre nazioni, e lo stesso non avrebbe avuto sbocchi sul
Mar Rosso
e sul
Mar
di Galilea (quest'ultimo la principale risorsa idrica della zona), oltre al
fatto che sarebbe stato assegnato loro solo un terzo della costa mediterranea;
altri ancora erano contrari per via del fatto che a quella che era una minoranza
ebraica (circa un terzo della popolazione totale della Palestina) e che
possedeva nel 1947 meno del 10% del territorio[20]
[21]
sarebbe stata assegnata la maggioranza della Palestina.
La nazioni arabe, contrarie alla suddivisione del territorio e alla creazione
di uno stato ebraico, fecero ricorso alla
Corte Internazionale di Giustizia, sostenendo la non competenza
dell'assemblea delle Nazioni Unite nel decidere la ripartizione di un territorio
andando contro la volontà della maggioranza (araba) dei suoi residenti, ma il
ricorso fu respinto.
Allo stato ebraico sarebbe toccato dunque circa il 55% di quel 27% della
terra originariamente affidata al Mandato Britannico (originariamente
comprendente anche il territorio della Giordania, ceduta agli arabi nel 1922),
con una popolazione mista (55% di origine ebrea e 45% di origine araba),
Gerusalemme sarebbe rimasta sotto il controllo internazionale, mentre il
restante territorio (quasi del tutto abitato dalla preesistente popolazione
araba) sarebbe stato assegnato allo stato arabo.
La prima guerra arabo-israeliana
La decisione delle Nazioni Unite fu seguita da un’ondata di violenze senza
precedenti che precipitò nel caos la Palestina nel 1948, sia da parte dei gruppi
militari e paramilitari sionisti (Haganah,
Palmach,
Irgun e
Banda Stern, che avevano operato anche durante gli anni precedenti), sia da
parte dei gruppi paramilitari arabi incoraggiati dalla propaganda bellicosa di
segno contrario di leader politico-religiosi quali il
Mufti di
Gerusalemme Hajji
Amin al-Husayni e dalle continue scaramucce ai confini provocate dall'azione
dalle forze militari delle vicine nazioni arabe. La
Lega Araba
organizzò alcune milizie da introdurre in Palestina per attaccare obiettivi
ebraici, a cui si aggiunsero gruppi di volontari palestinesi arabi locali: il
gruppo maggiore fu l'Esercito
Arabo di Liberazione, comandato dal nazionalista
Fawzī al-Qawuqjī.
In gennaio e febbraio, forze irregolari arabe attaccarono comunità ebraiche
nel nord della Palestina, ma senza conseguire sostanziali successi; in generale
gli arabi concentrarono i loro sforzi nel tagliare le vie di comunicazione fra
le città ebraiche e il loro circondario in aree a popolazione mista: alla fine
di marzo tagliarono del tutto la vitale strada che univa Tel Aviv a Gerusalemme,
dove viveva un sesto circa della popolazione ebraica palestinese.
Intanto i gruppi ebraici diedero il via al
Piano Dalet (o Piano D), che ufficialmente prevedeva solo la difesa
dei confini del futuro stato arabo e la neutralizzazione delle base dei
possibili oppositori (anche eventualmente con la distruzione degli insediamenti
arabi di difficile controllo), fossero questi interni al confine od oltre, ma
che, secondo alcuni studiosi (principalmente filo-palestinesi), fu tra le
motivazioni che permisero ai gruppi più estremisti la realizzazione di veri e
propri
massacri senza essere fermati.[22]
[23]
[24]
Fra il 30 novembre 1947 e l '1º febbraio 1948 furono uccisi 427 arabi, 381
ebrei e 46 britannici e furono feriti 1.035 arabi, 725 ebrei e 135 britannici e
nel solo mese di marzo morirono 271 ebrei e 257 arabi.[25]
Il 14
maggio 1948,
contestualmente al ritiro degli ultimi soldati britannici alla vigilia della
fine del mandato, il Consiglio Nazionale Sionista, riunito a
Tel Aviv,
dichiarò costituito nella terra di Israele lo
Stato Ebraico,
col nome di Medinat Israel[26].
Uno dei primi atti del governo israeliano fu quello di abrogare le limitazioni
all'immigrazione contenute nel Libro Bianco del 1939. Gli arabi
palestinesi (che in generale si erano opposti alla soluzione con due stati
proposta dalla Risoluzione ONU 181) non proclamarono il proprio stato e gli
stati arabi iniziarono apertamente
le ostilità contro Israele.
In un cablogramma ufficiale
cablogramma del Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi al suo
omologo dell'ONU del
15 maggio
1948, gli Stati
arabi pubblicamente proclamarono il loro intento di creare uno "Stato
unitario di Palestina" al posto dei due Stati, uno ebraico e l'altro arabo,
previsti dal piano dell'ONU. Essi reclamarono che quest'ultimo non era valido
perché ad esso si opponeva la maggioranza degli arabi palestinesi, e
confermarono che l'assenza di un'autorità legale rendeva necessario intervenire
per proteggere le vite e le proprietà arabe.[27]
Israele, gli USA e l'URSS definirono l'ingresso degli Stati arabi in
Palestina un'aggressione illegittima, il Segretario Generale dell'ONU,
Trygve Lie,
lo descrisse come "la prima aggressione armata che il mondo abbia mai visto
dalla fine della
seconda guerra mondiale". La Cina sostenne con decisione le
rivendicazioni arabe. Entrambe le parti accrebbero la loro forza umana nei mesi
seguenti, ma il vantaggio d'Israele crebbe continuamente come risultato della
mobilitazione progressiva della società israeliana, incrementata dall'afflusso
di circa 10.300 immigranti ogni mese (alcuni dei quali veterani della recente
Guerra Mondiale e quindi già addestrati all'uso delle armi ed integrabili da
subito nell'esercito del neonato stato). Il
26 maggio
1948, le
Forze di Difesa Israeliane (FDI) furono ufficialmente istituite e i gruppi
armati dell'Haganah, il Palmach ed Etzel furono ufficialmente assorbiti
dall'esercito del nuovo Stato ebraico.
L'ONU proclamò una tregua il
29 maggio
ed essa entrò in vigore l'11
giugno con una durata di 28 giorni dopo. Un embargo di armi fu dichiarato
con l'intenzione che nessuna delle parti potesse trarre vantaggi dalla tregua.
Il mediatore delle Nazioni Unite, lo
svedese
Folke Bernadotte, presentò un nuovo Piano di partizione che avrebbe
assegnato la
Galilea (la regione più settentrionale della Palestina) agli ebrei e il
Negev (la regione più meridionale della Palestina) agli arabi, ma entrambe
le parti contendenti respinsero il Piano.
Confronto tra i confini decisi dalla partizione ONU del 1947 e
l'armistizio del 1949
I 18
luglio, grazie agli sforzi diplomatici condotti dall'ONU, entrò in vigore la
seconda tregua del conflitto e il
16
settembre Folke Bernadotte propose una nuova partizione per la Palestina in
base alla quale la Transgiordania avrebbe annesso le aree arabe, incluso il
Negev, al-Ramla e Lydda. Vi sarebbe stato uno Stato ebraico nell'intera Galilea,
l'internazionalizzazione di Gerusalemme e il ritorno alle proprie terre dei
rifugiati, o il loro indennizzo. Anche questo piano fu respinto da entrambe
le parti. Il giorno dopo,
17
settembre, Bernadotte fu assassinato dal gruppo ebraico della Banda Stern (Lehi)
e venne sostituiro dal suo vice, lo statunitense
Ralph
Bunche.
Nel 1949, Israele firmò
armistizi separati con l'Egitto il
24
febbraio, col Libano il
23 marzo,
con la Transgiordania il
3 aprile e
con la Siria il
20 luglio.
Israele fu in grado in generale di tracciare i suoi propri confini, che
comprendevano il 78% della Palestina mandataria, circa il 50% in più di quanto
le concedeva il Piano di partizione dell'ONU. Tali linee di cessate-il-fuoco
divennero più tardi come la "Green Line" (Linea Verde). La Striscia di
Gaza e la
Cisgiordania furono occupate rispettivamente da Egitto e Transgiordania.
Le Nazioni Unite stimarono che 711.000 palestinesi, metà della popolazione
araba della Palestina dell'epoca, fuggirono, emigrarono o furono allontanati con
la forza durante il conflitto e nelle violenze dei mesi precedenti.
[28]
Alcuni hanno rivelato che numerosi palestinesi seguitarono a credere che gli
eserciti arabi avrebbero prevalso ed affermarono pertanto di voler tornare nelle
loro terre d'origine, una volta vinta la guerra con il neonato stato israeliano.[29]
I 10.000 ebrei che risiedevano nella zona della Palestina assegnata al
territorio arabo furono costretti ad abbandonare i loro insediamenti (alcuni
esistenti da ben prima della Dichiarazione di Balfur) e circa 758.000 - 866.000
ebrei che vivevano nei Paesi e nei territori arabi lasciarono o furono indotti a
lasciare i loro luoghi natali, a causa dell'insorgere di sentimenti
anti-ebraici.
[30]; 600.000 di loro emigrarono
in Israele, con altri 300.000 che cercarono rifugio in vari paesi occidentali,
innanzi tutto la
Francia.
Nel dicembre 1948 l'Assemblea Generale dell'ONU approvò (con voto contrario o
astensione di molti paesi mussulmani[31])
la Risoluzione 194
[32]che (tra le altre cose),
riguardo ai profughi sia palestinesi che ebrei della Palestina, dichiarava che
doveva essere consentito il ritorno alle loro case ai profughi che volessero
tornare in pace e che dovevano essere risarciti per la perdita della proprietà
quelli che avessero scelto altrimenti:
(EN)
« Resolves that the refugees
wishing to return to their homes and live at peace with their neighbours
should be permitted to do so at the earliest practicable date, and that
compensation should be paid for the property of those choosing not to
return and for loss of or damage to property which, under principles of
international law or in equity, should be made good by the Governments or
authorities responsible »
|
(IT)
« Dichiara che i rifugiati che
hanno volontà di tornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini
dovrebbero essere possibilitati a farlo il prima possibile, e che deve
essere pagata una compansazioni per coloro che decideranno di non tornare,
per rimborsarli della perdita delle proprietà o per i danni alle stesse di
cui, secondo i principi della legge internazionale o secondo equità,
devono essere indennizzati dal governo o dalle autorità responsabili »
|
( Risoluzione 194 dell'ONU, A/RES/194 (III) 11 dicembre 1948[32])
|
Dopo la vittoria, Israele approvò una legge che permetteva ai
rifugiati palestinesi di ristabilirsi in Israele a condizione di firmare una
dichiarazione di rinuncia alla violenza, giurare fedeltà allo stato di Israele e
diventare pacifici e produttivi cittadini.
Nel corso dei decenni grazie a
questa legge oltre 150.000
rifugiati palestinesi hanno potuto far ritorno in Israele come cittadini a
pieno titolo.[senza fonte]
Tuttavia successivamente l'interpretazione della risoluzione che voleva il
ritorno di tutti i rifugiati e il loro rimborso venne negata da Israele e dai
sostenitori della presenza dello stato ebraico, specificando che la risoluzione
usava "should" (una forma del verbo "dovere" meno rigida rispetto a "must")
e che, visto lo stato di guerra permanente, la "earliest practicable date"
("prima data possibile") in cui i
rifugiati palestinesi possano voler tornare in patria per vivere in pace con
i loro vicini non era ancora giunta. La risoluzione e il diritto di ritorno dei
profughi fu però confermato piu' volte dall'ONU in diverse raccomandazioni e
risoluzioni successive.
Storia recente
Mappa della Palestina, con la suddivisione del territorio, aggiornata
alla situazione del 2004 (secondo fonti ONU)
L'Autorità
Nazionale Palestinese, la cui presidenza è stata tenuta fino alla sua morte
da
Yasser Arafat, si è sempre dichiarata favorevole alla nascita di uno Stato
Palestinese arabo indipendente a fianco dello
Stato di Israele,
ma tali dichiarazioni sono sempre state smentite, sia pubblicamente di fronte al
mondo arabo, che nella continuazione delle ostilità contro Israele. Come più
volte ripetuto nei documenti ufficiali dell'ex OLP, di Fatah e di altre
organizzazioni arabe palestinesi, o nei discorsi pubblici di vari esponenti del
mondo politico e religioso arabo, l'intento dichiarato degli arabi sembrerebbe
l'annientamento totale dello Stato di Israele, piuttosto che la divisione della
Palestina fra i due popoli.
Un tale "Stato palestinese", secondo l'attuale politica araba, dovrebbe
accogliere i numerosissimi
profughi palestinesi causati dai vari
conflitti arabo-israeliani (specialmente del 1948) e i loro discendenti, che
i vari Stati arabi sconfitti hanno sempre rifiutato o avuto difficoltà di
assorbire nel proprio territorio (con la sola eccezione della Giordania). Gli
arabi ritengono i profughi vittime di una 'pulizia etnica' perpetrata da Israele
che avrebbe 'cacciato' i legittimi proprietari dalle loro terre. Gli ebrei
ritengono i governi arabi i soli veri responsabili della creazione del problema
dei profughi. Su quest'ultimo punto nuovi materiali documentari, forniti
dall'apertura degli archivi israeliani relativa agli
Anni Quaranta,
ha dato modo a una nutrita serie di
Nuovi Storici israeliani e palestinesi di riaprire efficacemente il
discorso, mostrando la sensibile divaricazione esistente fra le dichiarazioni
ufficiali finora fatte in merito dalle autorità civili e militari israeliane e
la dimensione reale del fenomeno e le sue cause.
I confini che dovrebbe avere questo Stato nascituro non sono ben definiti:
l'opinione araba è che Israele dovrebbe tornare all'interno dei suoi confini
precedenti la
Guerra dei sei giorni del
1967, cioè cedere
agli arabi le regioni di Giudea e Samaria, o
Cisgiordania (o
West Bank) in cambio di un suo riconoscimento che ne garantisca la sicurezza
(la cosiddetta Linea Verde). Mentre gli arabi richiedono questa cessione
in quanto quelle terre sarebbero legittimamente loro e 'occupate' dall'esercito
israeliano, gli israeliani a loro volta sostengono che quel territorio era già
stato loro offerto nel 1947, ma da loro rifiutato e perso definitivamente con le
sconfitte belliche del 1948 e del 1967.
In assenza di un trattato di pace tra i belligeranti, le leggi internazionali
permettono l’annessione della terra di un aggressore dopo un conflitto –
esattamente come la terra in questione era stata persa dai turchi ai tempi della
Prima guerra mondiale, a favore degli
Alleati.
Israele offrì la restituzione delle terre acquisite mentre difendeva la sua
sopravvivenza dall’aggressione araba in cambio di una pace formale. Un’offerta
ribadita in occasione dell’Armistizio
di Rodi e della
Conferenza di Losanna del 1949. Al tempo leader arabi rifiutarono le terre
(e quindi la creazione di uno stato palestinese arabo) pur di mantenere lo stato
di guerra allo scopo di distruggere lo stato ebraico e riprendere il controllo
di quelle terre.
Assai distanti sono i punti di vista riguardanti
Gerusalemme Est.
Il 14
agosto 2005,
nonostante la risoluzione ONU 242 non lo prevedesse, il governo israeliano ha
disposto e completato l'evacuazione della popolazione israeliana (militare e
civile)dalla Striscia di Gaza e lo smantellamento delle colonie che vi erano
state costruite, nella speranza di un progresso di pace. Tuttavia, dallo stesso
agosto sono cominciati ininterrotti lanci di razzi di tipo Kassām da
Ghaza verso l'insediamento israeliano di Sderot e altre località, che
proseguono in modo intermittente fino ad oggi.
Gli arabi palestinesi considerano come loro capitale al-Quds (lett.
"la Santa"). L'attribuzione di questa città a Gerusalemme è controversa, anche
fra gli studiosi dell'Islam,
poiché
Gerusalemme non viene mai menzionata in tutto il
Corano, anche
se fin dal secondo decennio del
calendario islamico,
il racconto
coranico narrante l'isrāʾ
e il miʿrāj di
Maometto
viene creduto come avvenuto fra
Mecca e
Gerusalemme. La perdurante situazione di precarietà e di conflitto con lo
Stato d'Israele, unitamente alla sostanziale assenza di un vero e proprio
Stato palestinese, ha fatto della città di
Rāmallāh la
capitale virtuale, o tacitamente provvisoria, dell'amministrazione palestinese.
Demografia
La stima della popolazione palestinese del passato si basa principalmente su
due metodologie:
censimenti
e testimonianze scritte del tempo oppure
studi
statistici basati sulla presenza e densità di insediamenti di una
determinata zona ed epoca storica.
Le prime popolazioni
Joseph Jacobs (che era stato presidente della Jewish Historical Society
of England) nella
Jewish Encyclopedia (redatta nel 1901-1906)[33]
sostiene che il
Pentateuco contiene una serie di affermazioni relative al numero di ebrei
che lasciarono l'Egitto e che i discendenti dei 70 figli e nipoti di
Giacobbe,
inclusi i Leviti,
fossero 611.730 uomini sopra i 20 anni (abili alle armi). Tale cifra porterebbe
il totale della popolazione a circa 3.154.000 abitanti. Il censimento effettuato
da
Re Davide (circa metà del
X
secolo a.C.) avrebbe registrato 1.300.000 uomini sopra i 20 anni, che
porterebbe a 5.000.000 di abitanti la popolazione stimata. Il numero di esiliati
che tornò da
Babilonia sarebbero stati 42.360.
Publio Cornelio Tacito (55
d.C. – 117 d.C.)
dichiara
Gerusalemme, nel periodo della sua sconfitta, avrebbe avuto una popolazione
di 600.000 abitanti.
Flavio Giuseppe (37 d.C. circa – 100 d.C. circa) dichiara che questi erano
1.100.000.
Secondo l'archeologo israeliano Magen Broshi ritiene che la popolazione
palestinese nel periodo antico non abbia superato il milione di abitanti e che
questa cifra sia simile a quella della popolazione all'inizio del
Impero bizantino nel
VI secolo,[34]
Studi effettuati da parte di Yigal Shiloh dell'Università Ebraica, partendo
dagli studi di Broshi (ritenuti corretti), ipotizzano che durante l'età
del ferro la popolazione fosse inferiore a quella dell'epoca romana e
bizantina.[35]
Lo scrittore israeliano
Shmuel
Katz, nel suo libro Battleground: Fact and Fantasy in Palestine (Shapolsky
Pub, 1973) - in cui sostiene apertamente la tesi sionista relativa al fatto che
non sarebbe mai esistita una popolazione araba sufficiente per nutrire
aspirazioni nazionali, mentre gli ebrei avrebbero, seppur in minoranza,
costantemente abitato il territorio) - ritiene che al momento della distruzione
del tempio di Gerusalemme la popolazione fosse compresa tra i 5 e i 7 milioni di
abitanti (a seconda delle stime) e che, 6 decenni dopo, nel 132, secondo quando
affermato da
Cassio Dione Cocceiano, sarebbe stata stimabile in almeno 3 milioni di
abitanti.
La seguente tabella mostra le stime relative alla popolazione palestinese nel
I secolo
(in base ai calcoli di Byatt, 1973).
Autorità |
Ebrei |
Popolazione totale1 |
Condor, C. R.[36] |
- |
6 milioni |
Juster, J.[37] |
5 milioni |
>5 milioni |
Mazar, Benjamin[38] |
- |
>4 milioni |
Klausner, Joseph[39] |
3 milioni |
3,5 milioni |
Grant, Michael[40] |
3 milioni |
non fornita |
Baron, Salo W[41] |
2 - 2,5 milioni |
2,5 - 3 milioni |
Socin, A[42] |
- |
2,5 - 3 milioni |
Lowdermilk, W C[43] |
- |
3 milioni |
Avi-Yonah, M[44] |
- |
2,8 milioni |
Glueck, N.[45] |
- |
2,5 milioni |
Beloch, K. J.[46] |
2 milioni |
non fornita |
Grant, F. C.[47] |
- |
1,5 - 2,5 milioni |
Byatt, A[48] |
- |
2,265 milioni |
Daniel-Rops, H.[49] |
1,5 milioni |
2 milioni |
Derwacter, F. M.[50] |
1 milione |
1,5 milioni |
Pfeiffer, R. H.[51] |
1 milione |
non fornita |
Harnack, A.[52] |
500.000 |
non fornita |
Jeremias, J.[53] |
500.000 - 600.000 |
non fornita |
McCown, C. C.[54] |
<500.000 |
<1 milione |
1. Non v'è accordo circa la popolazione della Palestina nel
I secolo della nostra era; le stime oscillano fra 1 e 6 milioni di abitanti.
Demografia durante l'Impero Ottomano e il periodo
del Mandato britannico
Dati ufficiali
La questione dell'immigrazione araba
La presenza o meno di immigrazione proveniente dai paesi arabi durante il
periodo del Mandato britannico e dopo l'inizio dell'insediamento dei coloni
ebraici è incerta ed è fonte di dibattito tra gli storici. La presenza o meno di
questa immigrazione, oltre alla sua eventuale entità e durata, spesso sono
impiegate per fini propagandistici.
Dal punto di vista della propaganda filo-israeliana la presenza di
un'immigrazione di abitanti di origine araba dimostrerebbe che anche la
popolazione locale e quella dei paesi confinanti (divenuti apertamente nemici
dopo il 1948) hanno beneficiato dei miglioramenti economici portati dai coloni.
Oltre a questo una forte immigrazione di origine araba proveniente
dall'esterno della Palestina, potrebbe dimostrare che la popolazione palestinese
araba preesistente (o i discendenti diretti di questa) era minore rispetto alle
stime e ai censimenti effettuati negli anni e quindi erano meno gli abitanti che
potevano vantare un diritto a considerare come "terra d'origine" i territori
assegnati ai coloni prima e ad Israele poi, così come sarebbero di meno coloro
ai quali si potrebbe applicare il diritto di ritorno[55].
Relativamente a quest'ultimo punto parte del movimento sionista (soprattutto il
sionismo cristiano), per giustificare l'esistenza di un stato ebraico, dalla
seconda metà del
XIX secolo
ai primi decenni
XX secolo,
spesso si rifaceva allo
slogan "Land
Without People for a People Without Land" ("Una terra senza popolo, per
un popolo senza terra"), frase coniata da
Lord Anthony Ashley Cooper, interpretato però non nell'accezione originale
(secondo cui la Palestina, sotto il dominio ottomano, non aveva nessun popolo
che mostrasse aspirazioni nazionali), ma come la negazione della presenza di una
significativa popolazione preesistente all'arrivo dei primi coloni.[56]
[57];
ancora oggi diverse fonti filo-israeliane sostengono la tesi per cui la
Palestina sarebbe stata una zona quasi del tutto non abitata all'arrivo dei
coloni ebrei[58]
[59]
Dal punto di vista della propaganda filo-palestinese la presenza di
un'immigrazione ridotta, quando non direttamente di un'emigrazione,
dimostrerebbe che l'arrivo dei coloni ebrei, soprattutto dopo la
Dichiarazione di Balfour, non avrebbe giovato alla popolazione araba
preesistente, né a quella delle regioni confinanti, ed anzi sarebbe la causa
dell'aumento di povertà e disoccupazione riscontrato dalle varie commissioni
britanniche. Le stesse commissioni, a partire dall'inizio degli
anni '30,
suggerirono di introdurre norme per limitare l'immigrazione ebraica, poi attuate
con il White Paper del 1939.
Per quello che riguarda l'immigrazione legale, secondo i dati ufficiali, tra
il 1920 e il 1945, immigrarono in zona 367.845 ebrei e 33.304 non-ebrei.[60]
Sia il rapporto della commissione Hope Simpson del 1930
[5], sia quello della
commissione Peel del 1937
[11], confermano un aumento del
benessere e della popolazione araba come conseguenza dell'immigrazione, ma
entrambi riportano anche problematiche e gli attriti dovuti allo squilibro nelle
condizioni economiche, educative e sanitarie tra le aree a maggioranza araba e
quelle soggette all'immigrazione ebraica e al suo conseguente apporto di
capitali ovviamente destinati ai soli coloni. Entrambe le commissioni poi citano
le problematiche relative all'assegnazione e all'acquisto delle terre da parte
dei coloni e dell'Agenzia
Ebraica, che se da un lato permettevano lo sfruttamento intensivo di terreni
precedentemente incolti, dall'altro avevano causato un aumento della
disoccupazione tra la popolazione preesistente, anche per via delle politiche di
gestione di molte colonie decise dal movimento sionista (lavoro e assegnazione
dei terreni acquisiti esclusivamente ad ebrei). La commissione Peel cita anche
le richieste di circa 40.000 arabi che avevano dovuto lasciare la Palestina a
causa della
Prima guerra mondiale e non avevano quindi potuto acquisire la cittadinanza
palestinese, consigliando che questa venga concessa a coloro che erano in grado
di dimostrare collegamenti con la Palestina e l'intenzione certa di ritornare a
risiedere nel suo territorio.
Lo
storico
statunitense
Howard Sachar, esperto di questioni ebraiche, ha stimato che il il numero di
arabi immigrati in Palestina tra il 1922 e il 1946 sia circa 100.000.[61]
La stima è stata effettuata basandosi sulle opportunità economiche prodotte
dalla colonie ebraiche e dalle maggiori spese (ridistribuite anche nei territori
a maggioranza araba) che il governo mandatario poteva permettersi grazie ad un
aumento delle entrate tributarie, oltre al fatto che anche all'interno del paese
vi era stato un movimento migratorio delle popolazione arabe verso le zone in
cui vi era una più elevata presenza di coloni ebrei, per lo meno prima dello
scoppio della guerra civile del 1936. Secondo Sachar l'aumento della
partecipazione araba nel campo industriale, valutabile in un aumento del 25%,
era da ricondursi alla richiesta di produzione dovuto all'immigrazione ebraica.
Secondo lo storico britannico, e biografo ufficiale di
Winston Churchill,
Martin Gilbert, sarebbero circa 50.000 gli arabi immigrati in Palestina
dalle nazioni vicine tra il 1919 e il 1939, attratti dalle opportunità di lavoro
create dalla presenza degli ebrei.[62]
Secondo l'economista americano Fred M. Gottheil si potrebbe ipotizzare che
sia avvenuta un'immigrazione significativa durante gli
anni '20,
in base al fatto che l'immigrazione si verifica verso zone più benestanti e
ricche di occasioni di lavoro (come erano divenute alcune di quelle soggette
alla forte importazione di capitali che accompagnavano i coloni ebrei), e
rimarca come questo tipo di spostamento di popolazione sia avvenuto anche
all'interno della stessa Palestina. Secondo Gottheil gli studiosi che ritengono
minima l'immigrazione araba sottostimano quella illegale e non tengono conto
delle carenze e degli errori nei censimenti effettuati dall'Impero Ottomano
prima e dal Mandato britannico poi.[63]
Secondo
Justin McCarthy, che nel 1990 ha pubblicato uno studio a proposito ("The
Population of Palestine"), l'immigrazione araba è sempre stata molto
ridotta, fin dal periodo in cui la Palestina era sotto il controllo dell'Impero
Ottomano: in base alle sue valutazioni dal 1870 non si è registrata nessuna
immigrazione significativa, in quanto questa sarebbe risultata dai registri
anagrafici e dai censimenti, mostrando un aumento non giustificato
dell'incremento di popolazione araba, che invece non è avvenuto. McCarthy nel
suo studio cita anche gli studi di Roberto Bachi (membro dell'Israel Academy of
Sciences and Humanities e primo presidente dell'Israeli Statistical Association)
secondo il quale vi sarebbe stata un'immigrazione araba non registrata di circa
900 persone all'anno per un totale di 13.500 nel periodo compreso tra il 1931 e
il 1945[64].
Secondo lo studioso la popolazione araba presente al tempo del piano di
spartizione del 1947 sarebbe stata composta quasi totalmente dai discendenti
della popolazione precedente all'inizio dell'immigrazione ebraica. McCarthy
ritiene anche che l'incremento di popolazione araba in alcune zone della
Palestina e le migrazioni interne non siano conseguenze dell'arrivo dei coloni
ebraici in uelle zone, ma rientrino in un fenomeno più vasto di movimento di
popolazione avuto in tutta l'area mediterranea grazie allo svilupparsi delle
infrastrutture e al boom mercantile ed industriale di quegli anni; a questo
proposito cita il caso della provincia di Jerusalem Sanjak, che al
maggior indice di incremento della popolazione ebraica (3,5% annuo) della
Palestina, fa registrare il più basso indice di incremento della popolazione
musulmana (0,9% annuo).[65]
Lo storico Gad G. Gilbar ha sostenuto che l'aumento di prosperità della
Palestina nel cinquantennio precedente alla prima Guerra Mondiale era dovuto
alla modernizzazione dell'area e alla sua integrazione con l'economia europea.
Nonostante questa crescita sia dovuta a motivazioni esterne alla Palestina, la
sua realizzazione pratica sul territorio nons arebbe dovuta all'arrivo di coloni
ebrei, ad interventi di stati esteri o alle riforme dell'impero Ottomano, ma
principalmente all'attività delle comunità arabe e cristiane locali.[66]
Dati recenti
Secondo il Israel's Central Bureau of Statistics, nel maggio 2006
Israele ha 7 milioni di abitanti, di cui il 77% ebrei, il 18,5% arabi e un
restante 4,3% di "altro".[67]
Tra gli ebrei il 68% è nato in Israele (principalmente israeliani di seconda o
terza generazione), il 22% proeviene dall'Europa o dalle Americhe mentre il 10%
proviene dall'Asia e dall'Africa (inclusi quelli provenienti da nazioni Arabe).[68]
Secondo stime palestinesi, la
West Bank è abitata da circa 2,4 milioni di palestinesi, mentre la
Striscia di Gaza da altri 1,4 milioni, mentre la somma della popolazione di
Israele e dei territori palestinesi sarebbe stimabile tra i 9,8 e i 10,8
millioni di abitanti.
Secondo uno studio presentato nel 2006 al The Sixth Herzliya Conference on
The Balance of Israel's National Security dall'American-Israel
Demographic Research Group[69]
vi sarebbero 1,4 milioni di palestinesi nella West Bank. Lo studio è stato
tuttavia criticato dal demografo e studioso di origine italiana
Sergio Della Pergola, che stima alla fine del 2005 in 3,33 milioni i
residenti palestinesi di Gaza e West Bank.
[70]
Sempre secondo Della Pergola la popolazione araba nel 2005 era composta, oltre
che dai 3,3 milioni di palestinesi presenti nei territori occupati, anche da 1,3
milioni di arabi israeliani, mentre la popolazione ebraica era circa il 50% del
ex-territorio del mandato britannico (su 10,5 milioni di abitanti).[71]
La
Giordania, il cui territorio era inizialmente parte del mandato britannico e
fu suddiviso fin dal 1921 da quello della Palestina (divenendo la
Transgiordania), ha una popolazione stimata di circa 6,2 milioni di abitanti
(2008)[72],
di cui la metà composta di palestinesi, in parte presenti sul territorio quando
nacque lo stato giordano nel 1946, in parte rifugiati provenienti dalla
Palestina durante le varie guerre avvenute con Israele.[73]
Note
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- ^ Questi i tre
piani di spartizione proposti dalla Commissione Woodhead
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- ^ Si veda per
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documenti desecretati (References: KV 2/400–402) dell'MI15
dei
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- ^ Erano
26.625.600
dunum (equivalenti 26.625,600 km², di cui 8.252.900 dunum
coltivabili) i possedimenti del Mandato Britannico nel 1931 secondo Stein,
Kenneth W (The Land Question in Palestine, 1917–1939, University of
North Carolina, 1984,
ISBN 0-8078-1579-9, pag 4). Secondo le statistiche del Palestine
Lands Department, preparate per il Anglo-American Committee of
Inquiry, 1945, ISA, Box 3874/file 1, nel 1945 i coloni ebrei possedevano
(sia privatamente sia collettivamente) 1.393.531
dunum
(pari al 5,23% del territorio) saliti a 1.850.000 dunum (pari al
6,95% del territorio) nel 1947 secondo Arieh L. Avneri, The Claim of
Dispossession: Jewish Land Settlement and the Arabs, 1878–1948, Transaction
Publishers, 1984, p. 224 (ma la cifra è difficile da stimare a causa di
trasferimenti di terreni illegali o non registrati e per la mancanza di dati
sulle concessioni ottenute dall'amministrazione palestinese dopo il 31 marzo
1936).
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Phrase.", Middle Eastern Studies 27 (4.)
- ^
Si veda per es Israele: 21 domande, 21 risposte su
informazionecorretta.com
- ^ È da notare
che spesso le fonti che sostengono questa tesi, nel citare la
Dichiarazione di Balfour, riportano solo la prima parte, relativa al
focolare nazionale promesso agli ebrei ("His Majesty's Government
view with favour the establishment in Palestine of a national home for the
Jewish people"), ma omettono la seconda, relativa al fatto che dovevano
essere tutelati i diritti civili e religiosi della popolazione preesistente
("it being clearly understood that nothing shall be done which may
prejudice the civil and religious rights of existing non-Jewish communities
in Palestine"), che ovviamente dimostra l'esistenza di quest'ultima.
- ^ A Survey of
Palestine: Prepared in December, 1945 and January, 1946 for the Information
of the Anglo-American Committee of Inquiry, volume 1, pag. 185
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Bennett Zimmerman & Roberta
Seid.
Arab Population in the West Bank & Gaza: The Million Person Gap.
American-Israel Demographic Research Group, 23 gennaio 2006. URL
consultato il 2006-09-27.
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Sergio Della Pergola.
Letter to the Editor. Azure, Winter 2007, No. 27. URL
consultato il 2007-01-11.
- ^
Intervista a Sergio Della Pergola, del 29 settembre 2005, dal sito web
ufficiale della Comunità ebraica di Milano
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CIA - The World Factbook -- Jordan (visionato il 13 novembre 2008)
- ^ (EN)
Assessment for Palestinians in Jordan, Minorities at Risk
Wikiinotizie
Voci correlate
Bibliografia
- Justin McCarthy, The Population of Palestine, Columbia University
Press, 1990,
ISBN 0-231-07110-8
Collegamenti esterni
Essendo la Palestina al centro di uno dei più aspri e lunghi conflitti della
Storia recente, la polarizzazione delle opinioni è tale da consigliare una
suddivisione delle risorse esterne segnalate secondo i principali punti di vista
coinvolti.
- Demografia
- (EN)
The Population of Palestine Prior to 1948, dal sito MidEastWeb
- (EN)
Demography of Palestine & Israel, the West Bank & Gaza (1553-2006), dal
sito della
Jewish Virtual Library
- (EN)
1923-1948: Nationalism, immigration, and "economic absorptive capacity",
da Aaron T. Wolf, Hydropolitics along the Jordan River, United
Nations University Press, 1995, riportato sul sito della The United Nations
University.
- La "Questione palestinese"
- Collegamenti filo-palestinesi
- Collegamenti filo-israeliani
Link originale
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License
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