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Eni. L'Eni, ex Ente Nazionale Idrocarburi è un'azienda creata dallo Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 (da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

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A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Eni
Nazione bandiera Italia
Tipologia Società per azioni
Borse valori
Fondazione 1953 a Milano
Fondata da Governo italiano
Sede principale Roma
Persone chiave
Settore
  • produzione e distribuzione di energia
  • servizi
Prodotti petrolio, gas naturale, energia elettrica
Fatturato 120,56 miliardi di (2007)
Utile netto 16,702 miliardi di (2007)
Dipendenti 75.862 (2007)
Sito web www.eni.it
Progetto Economia

L'Eni, ex Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), è un'azienda creata dallo Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, convertita in società per azioni nel 1992. Successivamente lo Stato italiano ha venduto in 5 fasi parte consistente del capitale azionario, dal 1995 al 2001, conservandone una quota superiore al 30% (sommando le quote del Tesoro e della Cassa Depositi e Prestiti), e detenendo comunque il controllo effettivo della società; attraverso la cosiddetta golden share, nomina il presidente e l'amministratore delegato. È quotata alla Borsa di Milano e al New York Stock Exchange (NYSE).

L'Eni è attiva nei settori del petrolio, del gas naturale, della petrolchimica, della generazione e produzione di energia elettrica e dell'ingegneria e costruzioni. Con la vendita, nel febbraio 2006, di Snamprogetti a Saipem, Eni costituisce un nuovo leader mondiale nei servizi petroliferi per le attività offshore e onshore. Saipem è a sua volta quotata in borsa.

Eni è presente in circa 70 paesi e impiega più di 73.000 dipendenti. Il simbolo dell'Eni è il Cane a sei zampe.

Il 5 aprile 2008 la rivista Forbes pubblica una classifica sui maggiori 2000 gruppi a livello mondiale. L'azienda si classifica al 38° posto, primo tra le aziende italiane.

L'Eni, prima società italiana per capitalizzazione di borsa, è il quinto gruppo petrolifero mondiale per giro d'affari, dietro a Exxon Mobil, BP, Royal Dutch Shell e Total.

L'Eni attualmente è guidata da Roberto Poli (presidente) e Paolo Scaroni (amministratore delegato).

Nel 2007 l'Eni ha firmato un accordo con la compagnia petrolifera Gazprom con cui è stato formalizzato il prolungamento delle forniture del gas russo in cambio della concessione per la compagnia russa di poter vendere il gas in Italia.

Dati economici

ESERCIZIO 2006 (terminato il 31 dicembre 2006)

Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): euro 93,8 miliardi. Valore per azione: euro 25,48 (per paragone: alla prima offerta al pubblico nel 1995 il prezzo per azione: euro 5,42)

Ricavi dell'esercizio: euro 86,1 miliardi (1996: 29,8 miliardi). Utile netto: euro 9,2 miliardi (1996: 2,3 miliardi)

Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,77 milioni di barili di petrolio equivalente (boe) (per paragone: l'intero consumo quotidiano italiano di idrocarburi: 2,29 milioni di boe)

ESERCIZIO 2007 (terminato il 31 dicembre 2007)

Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): euro 91,6 miliardi. Valore per azione: euro 25,05

Ricavi dell' esercizio: euro 87,256 miliardi dalla sua gestione caratteristica: 88,083 con altri ricavi e proventi inclusi. Utile netto: euro 10,011 miliardi

Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,736 milioni di barili di petrolio equivalente (boe)

Bilancio Eni S.p.A al 31.12.2007

 

Principali Azionisti


Dati aggiornati al 22/01/2008 secondo le comunicazioni pervenute alla Consob.

 

Struttura del gruppo

L'Eni è organizzata in tre grandi divisioni operative:

  • Divisione E&P (Exploration and Production): ricerca e produzione di idrocarburi
    • La produzione giornaliera di idrocarburi, nel 2005, è stata di 1.737 mila boe (barili di olio equivalenti)
  • Divisione G&P (Gas and Power): produzione e vendita di gas naturale ed energia elettrica
    • Le vendite di gas hanno raggiunto i 96 miliardi di metri cubi, nel 2005
  • Divisione R&M (Refining and Marketing):raffinazione e commercializzazione di prodotti petroliferi
    • Sempre nel 2005 le vendite di prodotti petroliferi sono state di 51,6 milioni di tonnellate.

Le Società che fanno capo al gruppo Eni sono:

 

Struttura prima della privatizzazione

L’Eni è stato dalla nascita al 1992 un ente pubblico economico, finanziato dallo stato tramite un “fondo di dotazione” la cui erogazione ed incremento erano determinati dal Parlamento. Come ente pubblico economico, l’Eni era sottoposto alla supervisione del Ministero delle Partecipazioni Statali, dove, almeno fino agli anni ‘70, fu dominante l’influenza della Democrazia Cristiana, che era stata determinante sia nell’istituzione dell’Eni che in quella del Ministero; in seguito, divenne importante quella del PSI, dal quale era indicato il presidente dell’ente. L’Eni era governato da un consiglio di amministrazione, all’interno del quale era individuata una “Giunta esecutiva” di tre membri più il presidente ed il direttore generale; la Giunta esecutiva era l’organo con i maggiori poteri decisionali, e i suoi membri erano scelti su indicazione dei partiti della maggioranza di governo [1].

L’ENI prima della privatizzazione era strutturato in modo simile all’IRI, cioè come una holding che controllava diverse “caposettore” che presiedevano alle diverse attività; le principali caposettore dell’ENI erano:

  • Agip (fino al 1997) che controllava il settore dell’estrazione e della raffinazione di petrolio;
  • Snam, che si occupava dell’estrazione, del trasporto e della commercializzazione (tramite Italgas) del gas;
  • Nuovo Pignone, azienda impiantistica e meccanica che controllava altre società meccaniche minori, ceduta dall’Eni nel 1992;
  • Lanerossi, azienda tessile controllata dall’Eni tra il 1962 ed il 1986, che a sua volta controllava varie altre aziende tessili.
  • Samim, caposettore per il settore minerario-metallurgico, esistente tra il 1978 ed il 1992.

L’Eni operava anche nell’editoria (Il Giorno), nei combustibili nucleari (Agip Nucleare) e nella farmaceutica (Recordati, Sclavo). In effetti l’Eni era considerato una delle compagnie petrolifere più grandi al mondo, ma anche tra le più diversificate.[2] Fino alla presidenza di Eugenio Cefis il presidente dell’Eni era anche presidente delle caposettore, mantenendo un elevato grado di controllo sulle diverse attività. A partire dagli anni ’70 invece l’influenza dei partiti politici sulle nomine degli amministratori nelle società divenne dominante.[3]

 

Dopo la privatizzazione

Dopo l’avvio della privatizzazione, avvenuta a partire dal 1995, l’Eni si diede una struttura più “snella”: Agip e Snam furono assorbite dall’Eni Spa, che si organizzò nelle tre divisioni. Molte attività considerate non strategiche furono cedute.

Come società per azioni l’Eni si è dato una governance simile a quella di altre aziende private, con un Consiglio di amministrazione di nove membri ed un amministratore delegato. Nonostante la sua discesa nel capitale, il Ministero dell’Economia conserva il potere di nominare la maggior parte dei membri del consiglio.

 

Sedi

Il Palazzo dell'Eni a Roma, sopra il laghetto dell'EUR

Eni SpA ha sede a Roma nel quartiere dell’EUR, in un palazzo (vedi Palazzo ENI) appositamente realizzato nel 1962 per ospitare gli uffici dell’ente. Un’altra sede storica dell’Eni si trova però a San Donato Milanese, realizzata negli anni ’50 nelle vicinanze di una stazione di pompaggio del metano. La costruzione della sede si accompagnò a quella di un quartiere residenziale limitrofo che prese il nome di “Metanopoli”. Storicamente, la Snam e l’Anic hanno sempre avuto la sede direzionale a Milano, mentre l’Agip a Roma. Grandi complessi petrolchimici costruiti dall’Eni tra gli anni ’50 e ’60 si trovano a Ravenna e a Gela; molti altri stabilimenti e raffinerie sono stati rilevati dall'Eni da aziende private che si trovavano in difficoltà economiche.

 

Consiglio di amministrazione

 

Storia

Per approfondire, vedi la voce Enrico Mattei.
Cronologia essenziale
Queste le date principali nella storia dell'Eni:


 

Gli storici dell’economia tendono a mettere in evidenza nella nascita dell’ENI una diversa concezione dell’intervento pubblico rispetto a quella che fu alla base della nascita dell’IRI: se nel caso dell’IRI lo Stato si limitò ad intervenire in emergenza per “salvare” le aziende private, in quello dell’ENI lo Stato svolse un ruolo “strategico” ed in parte di concorrenza agli interessi dell’industria privata.[4]

 

Le origini

L’Eni fu istituito con legge numero 136 del 10 febbraio 1953, ma l’intervento dello Stato italiano nel settore degli idrocarburi risaliva a prima della Seconda Guerra Mondiale: l’AGIP era nato nel 1926, l‘Anic nel 1936 e la SNAM nel 1941. L’orientamento dei governi dell’immediato dopoguerra era però quello di chiudere e liquidare l’Agip, a causa degli scarsi ritrovamenti seguiti alle ricerche. Invece proprio a partire dal 1945 vi furono i primi promettenti ritrovamenti di metano in alcuni pozzi scavati dall’AGIP in Pianura Padana. L’appoggio politico di Alcide De Gasperi e di Ezio Vanoni fu determinante nel favorire l’approvazione della legge istitutiva dell’Eni [5] che fu comunque preceduta da un lungo dibattito parlamentare. La legge concedeva all’ente il monopolio nella ricerca e produzione di idrocarburi nell’area della Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di Agip, Anic e Snam e di altre società minori, configurandosi così come un gruppo petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle risorse energetiche italiane. L’Eni aveva il compito di “promuovere ed intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi e del gas naturale”. La “rendita metanifera” garantita dal monopolio del gas permise all’Eni di finanziare i propri investimenti, anche molto ingenti.

 

L’epoca di Mattei

Enrico Mattei fu contemporaneamente presidente dell’Eni e delle principali società controllate. I primi anni di vita dell’Eni furono contraddistinti da grande attivismo a tutti i livelli del ciclo degli idrocarburi.

 

Le attività in Italia

Nonostante l’Eni fosse nato per sfruttare le risorse petrolifere della Pianura Padana, i ritrovamenti petroliferi sul suolo italiano (Cortemaggiore, Gela) non si rivelarono particolarmente abbondanti. Nonostante ciò, gli anni ’50 furono anni di grande sviluppo per:

  • La rete di gasdotti, che permise lo sfruttamento del metano sia per uso residenziale che per uso industriale;
  • La rete di distributori di benzina, che seguì lo sviluppo della rete autostradale e fu coadiuvata dalle aree di servizio e dai “motel Agip”
  • L’immagine dell’Agip, grazie alle campagne pubblicitarie incentrate sul logo del “Cane a sei zampe”, introdotto già nel 1952.

 

I rapporti con i “privati”

L’Eni nacque nonostante l’iniziale opposizione degli industriali privati [6], in particolare dei gruppi Montecatini ed Edison e delle compagnie petrolifere estere operanti in Italia. Quella dell’Eni era considerata concorrenza sleale, perché le sue attività di ricerca erano finanziate dallo Stato; in realtà, l’Agip già collaborava con le compagnie private in alcune società di raffinazione. La stampa legata alla Confindustria (in particolare 24 Ore) tendeva a ridimensionare la portata dei ritrovamenti petroliferi dell’Agip ed a sottolinearne l’impreparazione dei tecnici. Per controbilanciare gli attacchi che l’Eni riceveva sulla stampa, l’Eni contribuì alla nascita del quotidiano Il Giorno. Politicamente importante fu anche l’Ufficio Studi e Relazioni pubbliche, affidato a Giorgio Fuà e Giorgio Ruffolo, che effettuava ricerche e previsioni sull’evoluzione del mercato dell’energia.

 

I salvataggi: Pignone e Lanerossi

Nato per operare in un settore ben specifico (ricerca, estrazione e lavorazione degli idrocarburi), già dal 1953 l’Eni allargò il suo campo di attività al settore metalmeccanico, acquisendo il Nuovo Pignone di Firenze: si racconta che la richiesta di intervenire per salvare l’azienda sia arrivata a Mattei direttamente dall’allora sindaco di Firenze Giorgio La Pira, per scongiurare gli oltre mille licenziamenti annunciati dalla proprietà. L’azienda produceva compressori ed altri macchinari industriali, e si sarebbe rivelata poi strategicamente importante per l’Eni. Nel 1962 l’Eni acquisì l’azienda tessile Lanerossi, anch’essa in condizioni economiche precarie.

 

L’attività all’estero

I crescenti consumi petrolieri dell’Italia costrinsero l’Eni a rivolgersi all’estero per garantire al paese gli approvvigionamenti. Il fatto di arrivare per ultimo nei paesi esportatori del Medio Oriente portò l’Eni a concludere contratti molto favorevoli per i produttori, fatto che da una parte fruttò all’ente l’immagine di “amico” dei Paesi in via di sviluppo e dall’altre invece suscitò la contrarietà da parte del cartello internazionale delle Sette sorelle (vedi la voce Enrico Mattei, "Il governo ombra" di Mattei). In effetti fin dai suoi primi anni l’Eni puntò con decisione sull’Africa, dove, oltre a concludere accordi per le ricerche, realizzò raffinerie e reti distributive. Furono strategicamente importanti per l’Eni le competenze ingegneristiche delle sue controllate Snamprogetti e Saipem: la progettazione e realizzazione di oleodotti e raffinerie furono spesso inserite come contropartita negli accordi per la ricerca e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi.

 

Gli anni ‘60

Alla morte di Mattei la presidenza dell’ente fu affidata al suo stretto collaboratore Marcello Boldrini, che però esercitava prevalentemente funzioni di rappresentanza; di fatto, Eugenio Cefis era il dirigente con la maggior autorità. Dopo gli anni del frenetico sviluppo impresso da Mattei, l’Eni cercò di:

  • riequilibrare la propria situazione finanziaria: infatti lo sviluppo dell’ente aveva generato forti fabbisogni finanziari che erano stati coperti principalmente da debiti, essendo del tutto insufficiente il patrimonio, cioè il “fondo di dotazione” erogato dallo Stato, che fu effettivamente incrementato nel 1964;
  • migliorare i propri rapporti con le “Sette sorelle” che erano stati forti avversari di Mattei; lo stesso Mattei, poco prima di morire, aveva stipulato un accordo con la Esso per la fornitura di greggio, inaugurando così una fase di collaborazione e non di contrapposizione con i concorrenti.

Le stesse licenze produttive conquistate dall’Eni in Egitto ed Iran non furono particolarmente fortunate, non garantendo produzioni di greggio particolarmente rilevanti. La strada scelta dall’Eni in questo decennio fu così quella di stringere contratti di fornitura di petrolio, senza assumersi l’onere della ricerca e dell’estrazione, che comunque continuò, spesso in consorzio con altre compagnie, in molti paesi del mondo. Nel maggio del 1969 un gruppo di tecnici dell’Agip in Nigeria fu attaccato dagli indipendentisti del Biafra; 10 di loro furono uccisi e gli altri rilascati dopo lunghe trattative (vedi anche Eccidio di Biafra).

Le maggiori attenzioni dei vertici dell’Eni in questo periodo furono dedicate però alla chimica: i programmi di sviluppo dell’Anic (petrolchimico di Gela, stabilimenti di Ferrandina e Manfredonia) avvenivano in parallelo con quelli di Montecatini ed Edison. Si trattava di investimenti ingenti e rischiosi, che garantivano un ritorno solo nel lungo periodo, cui si aggiungeva il rischio di creare inutili duplicazioni di impianti tra azienda pubblica ed azenda privata. Questo mise in tensione i concorrenti, che reagirono fondendosi nella Montedison nel 1966; poiché però anche da parte Eni si temevano i rischi di duplicazione di impianti, ed i primi tentativi di accordo e coordinamento tra i due gruppi andarono a vuoto, nel 1968 l’Eni acquistò un pacchetto azionario che, per quanto modesto, ne fece il primo azionista di Montedison. La presa dell’Eni sulla Montedison fu sancita dalla sua entrata nel patto di sindacato che amministrava la società e poi, nel 1971, dal passaggio di Cefis dall’ente petrolifero alla presidenza dell’azienda chimica.

 

Gli anni ‘70

All’ENI Cefis fu sostituito da Raffaele Girotti, che era stato uno dei suoi principali collaboratori; ben presto però i rapporti tra i due si guastarono e l’auspicato coordinamento degli investimenti tra ENI e Montedison non vi fu, nonostante i programmi redatti dal CIPE e l’istituzione di una Commissione Parlamentare di indagine sull’industria chimica. L’Eni cercò di avvantaggiarsi sulla concorrenza cercando di rafforzarsi nella chimica delle specialità e nella farmaceutica, acquisendo numerose piccole e medie imprese. Lo scontro chimico si concluse con la crisi finanziaria dei gruppi chimici privati SIR e Liquichimica i cui impianti, sovradimensionati e sottoutilizzati, furono rilevati dall’Eni. L’Eni uscì completamente dalla Montedison nel 1980. La crisi petrolifera del 1973 provocò un forte aumento dei prezzi del petrolio greggio, che però non poteva essere scaricato sui prezzi dei prodotti derivati, a causa del blocco dei prezzi imposto dal governo: di conseguenza, i bilanci dell’Eni per le prime volte chiusero in perdita. Inoltre la crisi portò all’abbandono del mercato italiano da parte di alcune compagnie petrolifere straniere, e l’Eni dovette provvedere a rilevarne le raffinerie e la rete di distribuzione, così come avvenne per le attività minerario-metallurgiche dell’EGAM, che l’Eni dovette acquistare su indicazione del Parlamento. Negli anni ’70 quindi si accentuò il ruolo dell’Eni come strumento per il salvataggio di imprese in difficoltà con lo scopo principale di salvaguardare posti di lavoro in Italia; nonostante questo, le attività internazionali proseguirono e portarono, ad esempio alla costruzione nel 1974 dei gasdotti per l’importazione di metano dai Paesi Bassi e dall’URSS. Nel 1971 l’Agip fu l’unica compagnia a “salvarsi” dalla nazionalizzazione delle ricerche petrolifere in Libia, rimanendo per molti anni l’unica ad operare in quel paese.

 

Gli anni ‘80

Politicamente, i vertici dell’Eni fino al 1979 furono vicini alla Democrazia Cristiana; ma a partire da fine anni Settanta fu rilevante l’influenza del Partito Socialista Italiano, che indicò alla presidenza Giorgio Mazzanti e alla direzione generale Leonardo Di Donna. Mazzanti si dimise dopo pochi mesi a causa di uno scandalo (caso “Eni-Petromin”) legato ad una fornitura di petrolio dall’Arabia Saudita. Dal 1979 al 1983 si alternarono ai vertici dell’Eni ben tre presidenti e due commissari, che lasciarono l’azienda in seguito a dimissioni, mentre i risultati economici dell’Eni segnavano perdite record. Nel 1983 fu raggiunta una maggior stabilità, con la nomina alla presidenza di Franco Reviglio, che rimase in carica fino al 1989; sotto la sua presidenza furono ceduti il settore tessile (Lanerossi), fonte di molte perdite, ed i risultati economici tornarono positivi. La sistemazione del settore chimico rimase un punto irrisolto dell’Eni: ad un primo accordo con la Montedison nel 1983, che suddivise tra i due gruppi le principali produzioni chimiche, seguì nel 1989 la costituzione di Enimont, che concentrava tutta la chimica di base italiana. Ma già nel novembre 1990 venne firmato l’accordo che assegnava all’Eni la totalità delle azioni Enimont, per un esborso di 2.800 miliardi di lire.

 

La privatizzazione

Con il decreto legge 333 dell’11 luglio 1992 , l’Eni fu trasformato in una Società per azioni controllata dal Ministero del Tesoro, con Gabriele Cagliari presidente e Franco Bernabè amministratore delegato; questa trasformazione costituì il primo passo del previsto processo di privatizzazione. Dal 1993 il presidente Cagliari ed altri dirigenti furono coinvolti nelle inchieste di Tangentopoli; lo stesso Bernabè denunciò all’interno delle società del gruppo l’esistenza di un sistema di “fondi neri” tramite il quale trasferire all’estero denaro destinato al finanziamento di partiti politici[7]. L’Eni subì un profondo processo di ristrutturazione: attività marginali e non strategiche furono cedute; la chimica, che tante risorse e tante energie aveva assorbito, vide di molto ridimensionata la sua importanza all’interno del gruppo, che avrebbe dovuto concentrarsi nelle attività strettamente legate al petrolio e al gas in vista della sua apertura agli azionisti privati. Nel 1995 una prima quota del capitale di Eni fu collocata sul mercato e l’azienda fu quotata in borsa a Milano e a New York; ulteriori cessioni negli anni successivi hanno portato il Ministero del Tesoro a scendere fino al 30 % circa del capitale. Il miglioramento della redditività ha portato l’Eni a garantire all’azionista pubblico buoni dividendi e ad avere le risorse per espandersi anche tramite acquisizioni all’estero (British Borneo 2000, Lasmo 2001, Burren e Dominion 2008).

 

Presidenti

 

Amministratori delegati

 

Bibliografia

 

Fonte

Bilancio Eni S.p.A. al 31.12.2007

 

Note

  1. ^ Marcello Colitti, manager Eni fin dai tempi di Mattei, descrive la giunta esecutiva in carica 1975 in questo modo: “[…]fu varata la Giunta, che constava di Sette, Mazzanti, Lorenzo Necci del PRI, Franco Piga della DC e il prof. Orlandini per i socialdemocratici”. Da M. Colitti, Eni – Cronache dall’interno di un’azienda, EGEA, 2007. Anche le ricostruzioni giornalistiche degli anni ’80 tendono a collegare a ciascun membro della Giunta una designazione partitica; si veda ad esempio l’articolo “Politici” estromessi dalle Spa, Corriere della Sera, 8 agosto 1992
  2. ^ Pier Angelo Toninelli, Energy supply and economic development in italy: the role of the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica, Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
  3. ^ Eni Spa: Building an International Energy Major.
  4. ^ così ad esempio Toninelli in Energy supply and economic development in italy: the role of the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica, Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
  5. ^ così sostiene Italo Pietra in Mattei, la pecora nera, SugarCo Edizioni, 1987
  6. ^ così sostiene, fra gli altri Valerio Castronovo in L’industria italiana dall’Ottocento a oggi, Arnoldo Mondadori Editore, 2007
  7. ^ R. Chiaberge, Bernabè: all’Eni abbiamo spazzato via 300 manager, Corriere della Sera, 10 gennaio 1994

 

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