L'Eni, ex Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), è
un'azienda creata dallo
Stato
Italiano come
ente pubblico nel
1953 sotto la presidenza di
Enrico Mattei, convertita in
società per azioni nel
1992.
Successivamente lo Stato italiano ha venduto in 5 fasi parte consistente del
capitale azionario, dal
1995 al
2001,
conservandone una quota superiore al 30% (sommando le quote del
Tesoro e della
Cassa Depositi e Prestiti), e detenendo comunque il controllo effettivo
della società; attraverso la cosiddetta
golden share, nomina il presidente e l'amministratore delegato. È quotata
alla
Borsa di Milano e al
New York Stock Exchange (NYSE).
L'Eni è attiva nei settori del
petrolio,
del
gas naturale, della
petrolchimica, della generazione e produzione di
energia elettrica e dell'ingegneria
e
costruzioni. Con la vendita, nel febbraio 2006, di
Snamprogetti a
Saipem, Eni
costituisce un nuovo leader mondiale nei servizi petroliferi per le attività
offshore
e
onshore. Saipem è a sua volta quotata in borsa.
Eni è presente in circa 70 paesi e impiega più di 73.000 dipendenti. Il
simbolo dell'Eni è il
Cane a sei zampe.
Il 5
aprile 2008
la rivista Forbes
pubblica una classifica sui maggiori 2000 gruppi a livello mondiale. L'azienda
si classifica al 38° posto, primo tra le aziende italiane.
L'Eni, prima società italiana per
capitalizzazione di borsa, è il quinto gruppo petrolifero mondiale per
giro d'affari, dietro a
Exxon
Mobil, BP,
Royal Dutch Shell e
Total.
L'Eni attualmente è guidata da
Roberto Poli (presidente) e
Paolo Scaroni (amministratore delegato).
Nel 2007 l'Eni
ha firmato un accordo con la compagnia petrolifera
Gazprom con
cui è stato formalizzato il prolungamento delle forniture del gas russo in
cambio della concessione per la compagnia russa di poter vendere il gas in
Italia.
Dati economici
ESERCIZIO 2006 (terminato il 31 dicembre 2006)
Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): euro 93,8 miliardi.
Valore per azione: euro 25,48 (per paragone: alla prima offerta al
pubblico nel 1995 il prezzo per azione: euro 5,42)
Ricavi dell'esercizio: euro 86,1 miliardi (1996: 29,8 miliardi).
Utile netto: euro 9,2 miliardi (1996: 2,3 miliardi)
Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,77 milioni di
barili di petrolio equivalente (boe) (per paragone: l'intero consumo
quotidiano italiano di idrocarburi: 2,29 milioni di boe)
ESERCIZIO 2007 (terminato il 31 dicembre 2007)
Capitalizzazione in Borsa (fine esercizio): euro 91,6 miliardi.
Valore per azione: euro 25,05
Ricavi dell' esercizio: euro 87,256 miliardi dalla sua gestione
caratteristica: 88,083 con altri ricavi e proventi inclusi. Utile netto:
euro 10,011 miliardi
Produzione quotidiana idrocarburi (petrolio e gas): 1,736 milioni di
barili di petrolio equivalente (boe)
Bilancio Eni S.p.A al 31.12.2007
Principali Azionisti
Dati aggiornati al 22/01/2008 secondo le comunicazioni pervenute alla
Consob.
Struttura del gruppo
L'Eni è organizzata in tre grandi divisioni operative:
- Divisione E&P (Exploration and Production): ricerca e produzione
di
idrocarburi
- La produzione giornaliera di idrocarburi, nel 2005, è stata di 1.737
mila boe (barili di olio equivalenti)
- Divisione G&P (Gas and Power): produzione e vendita di gas
naturale ed energia elettrica
- Le vendite di gas hanno raggiunto i 96 miliardi di metri cubi, nel
2005
- Divisione R&M (Refining and Marketing):raffinazione
e commercializzazione di prodotti petroliferi
- Sempre nel 2005 le vendite di prodotti petroliferi sono state di 51,6
milioni di tonnellate.
Le Società che fanno capo al gruppo Eni sono:
-
EniPower, 100% (Generazione e vendita di energia elettrica, attualmente
3490 MW
installati,le centrali di
Brindisi
e Ferrara
saranno pienamente operative entro il 2007 )
- Italgas
S.p.A., 100% (Distribuzione di gas naturale in ambito urbano, gruppo
costituito da 21 società)
-
Snam Rete Gas, 50,07% (Trasporto e dispacciamento di gas naturale)
- Syndial,
petrolchimica e gestione siti dismessi
-
Polimeri Europa, petrolchimica
- Saipem,
43% (Costruzione piattaforme, posa condotte, perforazioni)
-
Sofid, (Intermediazione e servizi finanziari)
-
Tecnomare, (Servizi di ingegneria offshore)
-
Agenzia Giornalistica Italia - AGI, agenzia di stampa
-
Eni Corporate University, 100% (selezione e formazione risorse)
-
Eni International Resources Limited, (Selezione e sviluppo risorse
internazionali)
-
Enifin, (Tesoreria centrale per il Gruppo Eni). Dal
1 gennaio 2007
Enifin S.p.A. è stata incorporata in Eni.
- STOGIT,
(STOccaggio Gas ITalia).
-
PetroLig movimentazione prodotti petroliferi
-
PetroVen movimentazione prodotti petroliferi
-
EniServizi, 100% (Servizi non strategici)
Struttura prima della privatizzazione
L’Eni è stato dalla nascita al
1992 un
ente pubblico economico, finanziato dallo stato tramite un “fondo di
dotazione” la cui erogazione ed incremento erano determinati dal Parlamento.
Come ente pubblico economico, l’Eni era sottoposto alla supervisione del
Ministero delle Partecipazioni Statali, dove, almeno fino agli anni ‘70,
fu dominante l’influenza della
Democrazia Cristiana, che era stata determinante sia nell’istituzione
dell’Eni che in quella del Ministero; in seguito, divenne importante quella
del PSI, dal quale
era indicato il presidente dell’ente. L’Eni era governato da un
consiglio di amministrazione, all’interno del quale era individuata una
“Giunta esecutiva” di tre membri più il presidente ed il direttore generale;
la Giunta esecutiva era l’organo con i maggiori poteri decisionali, e i suoi
membri erano scelti su indicazione dei partiti della maggioranza di governo
[1].
L’ENI prima della
privatizzazione era strutturato in modo simile all’IRI, cioè come una
holding che
controllava diverse “caposettore” che presiedevano alle diverse attività; le
principali caposettore dell’ENI erano:
- Agip (fino
al 1997) che
controllava il settore dell’estrazione e della raffinazione di
petrolio;
-
Snam, che si occupava dell’estrazione, del trasporto e della
commercializzazione (tramite
Italgas)
del
gas;
-
Nuovo Pignone, azienda impiantistica e meccanica che controllava altre
società meccaniche minori, ceduta dall’Eni nel
1992;
-
Lanerossi, azienda tessile controllata dall’Eni tra il
1962 ed il
1986, che a sua
volta controllava varie altre aziende tessili.
-
Samim, caposettore per il settore minerario-metallurgico, esistente tra
il 1978 ed il
1992.
L’Eni operava anche nell’editoria (Il
Giorno), nei combustibili nucleari (Agip Nucleare) e nella farmaceutica (Recordati,
Sclavo). In effetti l’Eni era considerato una delle compagnie petrolifere più
grandi al mondo, ma anche tra le più diversificate.[2]
Fino alla presidenza di
Eugenio Cefis il presidente dell’Eni era anche presidente delle
caposettore, mantenendo un elevato grado di controllo sulle diverse attività.
A partire dagli anni ’70 invece l’influenza dei partiti politici sulle nomine
degli amministratori nelle società divenne dominante.[3]
Dopo la privatizzazione
Dopo l’avvio della privatizzazione, avvenuta a partire dal
1995, l’Eni si
diede una struttura più “snella”: Agip e Snam furono assorbite dall’Eni Spa,
che si organizzò nelle tre divisioni. Molte attività considerate non
strategiche furono cedute.
Come società per azioni l’Eni si è dato una governance simile a quella di
altre aziende private, con un
Consiglio di amministrazione di nove membri ed un
amministratore delegato. Nonostante la sua discesa nel capitale, il
Ministero dell’Economia conserva il potere di nominare la maggior parte dei
membri del consiglio.
Sedi
Il Palazzo dell'Eni a
Roma, sopra
il laghetto dell'EUR
Eni SpA ha sede a
Roma nel quartiere dell’EUR,
in un palazzo (vedi
Palazzo
ENI) appositamente realizzato nel
1962 per ospitare
gli uffici dell’ente. Un’altra sede storica dell’Eni si trova però a
San Donato Milanese, realizzata negli anni ’50 nelle vicinanze di una
stazione di pompaggio del
metano. La
costruzione della sede si accompagnò a quella di un quartiere residenziale
limitrofo che prese il nome di “Metanopoli”. Storicamente, la
Snam e l’Anic
hanno sempre avuto la sede direzionale a
Milano,
mentre l’Agip a
Roma. Grandi
complessi petrolchimici costruiti dall’Eni tra gli anni ’50 e ’60 si trovano a
Ravenna e a
Gela; molti altri
stabilimenti e
raffinerie sono stati rilevati dall'Eni da aziende private che si
trovavano in difficoltà economiche.
Consiglio di amministrazione
Storia
Cronologia essenziale |
Queste le
date principali nella storia dell'Eni:
|
Gli storici dell’economia tendono a mettere in evidenza nella nascita
dell’ENI una diversa concezione dell’intervento pubblico rispetto a quella che
fu alla base della nascita dell’IRI:
se nel caso dell’IRI lo Stato si limitò ad intervenire in emergenza per
“salvare” le aziende private, in quello dell’ENI lo Stato svolse un ruolo
“strategico” ed in parte di concorrenza agli interessi dell’industria privata.[4]
Le origini
L’Eni fu istituito con legge numero 136 del
10
febbraio 1953,
ma l’intervento dello Stato italiano nel settore degli
idrocarburi risaliva a prima della
Seconda Guerra Mondiale: l’AGIP
era nato nel 1926,
l‘Anic nel
1936 e la
SNAM nel 1941.
L’orientamento dei governi dell’immediato dopoguerra era però quello di
chiudere e liquidare l’Agip, a causa degli scarsi ritrovamenti seguiti alle
ricerche. Invece proprio a partire dal
1945 vi furono i
primi promettenti ritrovamenti di
metano in
alcuni pozzi scavati dall’AGIP in
Pianura Padana. L’appoggio politico di
Alcide De Gasperi e di
Ezio
Vanoni fu determinante nel favorire l’approvazione della legge istitutiva
dell’Eni
[5] che fu comunque preceduta da un lungo dibattito parlamentare. La
legge concedeva all’ente il
monopolio
nella ricerca e produzione di
idrocarburi nell’area della
Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di
Agip,
Anic e
Snam e di altre società minori, configurandosi così come un gruppo
petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle
risorse energetiche italiane. L’Eni aveva il compito di “promuovere ed
intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi
e del gas naturale”. La “rendita metanifera” garantita dal monopolio del gas
permise all’Eni di finanziare i propri investimenti, anche molto ingenti.
L’epoca di Mattei
Enrico Mattei fu contemporaneamente presidente dell’Eni e delle principali
società controllate. I primi anni di vita dell’Eni furono contraddistinti da
grande attivismo a tutti i livelli del ciclo degli idrocarburi.
Le attività in Italia
Nonostante l’Eni fosse nato per sfruttare le risorse petrolifere della
Pianura Padana, i ritrovamenti petroliferi sul suolo italiano (Cortemaggiore,
Gela) non si
rivelarono particolarmente abbondanti. Nonostante ciò, gli anni ’50 furono
anni di grande sviluppo per:
- La rete di
gasdotti, che permise lo sfruttamento del
metano sia
per uso residenziale che per uso industriale;
- L’immagine dell’Agip, grazie alle campagne pubblicitarie incentrate sul
logo del “Cane
a sei zampe”, introdotto già nel
1952.
I rapporti con i “privati”
L’Eni nacque nonostante l’iniziale opposizione degli industriali privati
[6],
in particolare dei gruppi
Montecatini ed
Edison e
delle compagnie petrolifere estere operanti in Italia. Quella dell’Eni era
considerata concorrenza sleale, perché le sue attività di ricerca erano
finanziate dallo Stato; in realtà, l’Agip già collaborava con le compagnie
private in alcune società di
raffinazione. La stampa legata alla
Confindustria (in particolare
24 Ore) tendeva a ridimensionare la portata dei ritrovamenti petroliferi
dell’Agip ed a sottolinearne l’impreparazione dei tecnici. Per
controbilanciare gli attacchi che l’Eni riceveva sulla stampa, l’Eni contribuì
alla nascita del quotidiano
Il Giorno.
Politicamente importante fu anche l’Ufficio Studi e Relazioni pubbliche,
affidato a
Giorgio Fuà e
Giorgio Ruffolo, che effettuava ricerche e previsioni sull’evoluzione del
mercato dell’energia.
I salvataggi: Pignone e Lanerossi
Nato per operare in un settore ben specifico (ricerca, estrazione e
lavorazione degli idrocarburi), già dal 1953 l’Eni allargò il suo campo di
attività al settore metalmeccanico, acquisendo il
Nuovo Pignone
di Firenze:
si racconta che la richiesta di intervenire per salvare l’azienda sia arrivata
a Mattei direttamente dall’allora sindaco di Firenze
Giorgio La Pira, per scongiurare gli oltre mille licenziamenti annunciati
dalla proprietà. L’azienda produceva
compressori ed altri macchinari industriali, e si sarebbe rivelata poi
strategicamente importante per l’Eni. Nel
1962 l’Eni
acquisì l’azienda tessile
Lanerossi,
anch’essa in condizioni economiche precarie.
L’attività all’estero
I crescenti consumi petrolieri dell’Italia costrinsero l’Eni a rivolgersi
all’estero per garantire al paese gli approvvigionamenti. Il fatto di arrivare
per ultimo nei paesi esportatori del
Medio Oriente portò l’Eni a concludere contratti molto favorevoli per i
produttori, fatto che da una parte fruttò all’ente l’immagine di “amico” dei
Paesi in via di sviluppo e dall’altre invece suscitò la contrarietà da
parte del
cartello internazionale delle
Sette sorelle (vedi la voce
Enrico Mattei, "Il governo ombra" di Mattei). In effetti fin dai
suoi primi anni l’Eni puntò con decisione sull’Africa,
dove, oltre a concludere accordi per le ricerche, realizzò
raffinerie e reti distributive. Furono strategicamente importanti per
l’Eni le competenze ingegneristiche delle sue controllate
Snamprogetti e
Saipem: la
progettazione e realizzazione di
oleodotti
e raffinerie furono spesso inserite come contropartita negli accordi per la
ricerca e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi.
Gli anni ‘60
Alla morte di Mattei la presidenza dell’ente fu affidata al suo stretto
collaboratore
Marcello Boldrini, che però esercitava prevalentemente funzioni di
rappresentanza; di fatto,
Eugenio Cefis era il dirigente con la maggior autorità. Dopo gli anni del
frenetico sviluppo impresso da Mattei, l’Eni cercò di:
- riequilibrare la propria situazione finanziaria: infatti lo sviluppo
dell’ente aveva generato forti fabbisogni finanziari che erano stati coperti
principalmente da debiti, essendo del tutto insufficiente il patrimonio,
cioè il “fondo di dotazione” erogato dallo Stato, che fu effettivamente
incrementato nel
1964;
- migliorare i propri rapporti con le “Sette sorelle” che erano stati
forti avversari di Mattei; lo stesso Mattei, poco prima di morire, aveva
stipulato un accordo con la
Esso per la fornitura di greggio, inaugurando così una fase di
collaborazione e non di contrapposizione con i concorrenti.
Le stesse licenze produttive conquistate dall’Eni in
Egitto ed
Iran non furono
particolarmente fortunate, non garantendo produzioni di greggio
particolarmente rilevanti. La strada scelta dall’Eni in questo decennio fu
così quella di stringere contratti di fornitura di petrolio, senza assumersi
l’onere della ricerca e dell’estrazione, che comunque continuò, spesso in
consorzio con altre compagnie, in molti paesi del mondo. Nel maggio del
1969 un gruppo di
tecnici dell’Agip in
Nigeria fu
attaccato dagli indipendentisti del
Biafra; 10 di
loro furono uccisi e gli altri rilascati dopo lunghe trattative (vedi anche
Eccidio di Biafra).
Le maggiori attenzioni dei vertici dell’Eni in questo periodo furono
dedicate però alla chimica: i programmi di sviluppo dell’Anic (petrolchimico
di Gela,
stabilimenti di
Ferrandina e
Manfredonia) avvenivano in parallelo con quelli di
Montecatini ed
Edison. Si
trattava di investimenti ingenti e rischiosi, che garantivano un ritorno solo
nel lungo periodo, cui si aggiungeva il rischio di creare inutili duplicazioni
di impianti tra azienda pubblica ed azenda privata. Questo mise in tensione i
concorrenti, che reagirono fondendosi nella
Montedison nel
1966; poiché però anche da parte Eni si temevano i rischi di duplicazione
di impianti, ed i primi tentativi di accordo e coordinamento tra i due gruppi
andarono a vuoto, nel
1968 l’Eni acquistò un pacchetto azionario che, per quanto modesto, ne
fece il primo azionista di Montedison. La presa dell’Eni sulla Montedison fu
sancita dalla sua entrata nel
patto di sindacato che amministrava la società e poi, nel
1971, dal
passaggio di Cefis dall’ente petrolifero alla presidenza dell’azienda chimica.
Gli anni ‘70
All’ENI Cefis fu sostituito da
Raffaele Girotti, che era stato uno dei suoi principali collaboratori; ben
presto però i rapporti tra i due si guastarono e l’auspicato coordinamento
degli investimenti tra ENI e Montedison non vi fu, nonostante i programmi
redatti dal
CIPE e l’istituzione di una Commissione Parlamentare di indagine
sull’industria chimica. L’Eni cercò di avvantaggiarsi sulla concorrenza
cercando di rafforzarsi nella chimica delle specialità e nella farmaceutica,
acquisendo numerose piccole e medie imprese. Lo scontro chimico si concluse
con la crisi finanziaria dei gruppi chimici privati
SIR e
Liquichimica i cui impianti, sovradimensionati e sottoutilizzati, furono
rilevati dall’Eni. L’Eni uscì completamente dalla Montedison nel
1980. La crisi
petrolifera del 1973
provocò un forte aumento dei prezzi del petrolio greggio, che però non poteva
essere scaricato sui prezzi dei prodotti derivati, a causa del blocco dei
prezzi imposto dal governo: di conseguenza, i bilanci dell’Eni per le prime
volte chiusero in perdita. Inoltre la crisi portò all’abbandono del mercato
italiano da parte di alcune compagnie petrolifere straniere, e l’Eni dovette
provvedere a rilevarne le raffinerie e la rete di distribuzione, così come
avvenne per le attività minerario-metallurgiche dell’EGAM,
che l’Eni dovette acquistare su indicazione del Parlamento. Negli anni ’70
quindi si accentuò il ruolo dell’Eni come strumento per il salvataggio di
imprese in difficoltà con lo scopo principale di salvaguardare posti di lavoro
in Italia; nonostante questo, le attività internazionali proseguirono e
portarono, ad esempio alla costruzione nel
1974 dei
gasdotti per l’importazione di
metano dai
Paesi
Bassi e dall’URSS.
Nel 1971 l’Agip
fu l’unica compagnia a “salvarsi” dalla nazionalizzazione delle ricerche
petrolifere in
Libia, rimanendo per molti anni l’unica ad operare in quel paese.
Gli anni ‘80
Politicamente, i vertici dell’Eni fino al
1979 furono
vicini alla
Democrazia Cristiana; ma a partire da fine anni Settanta fu rilevante
l’influenza del
Partito Socialista Italiano, che indicò alla presidenza
Giorgio Mazzanti e alla direzione generale
Leonardo Di Donna. Mazzanti si dimise dopo pochi mesi a causa di uno
scandalo (caso “Eni-Petromin”) legato ad una fornitura di petrolio dall’Arabia
Saudita. Dal 1979 al
1983 si
alternarono ai vertici dell’Eni ben tre presidenti e due commissari, che
lasciarono l’azienda in seguito a dimissioni, mentre i risultati economici
dell’Eni segnavano perdite record. Nel
1983 fu raggiunta
una maggior stabilità, con la nomina alla presidenza di
Franco Reviglio, che rimase in carica fino al
1989; sotto la
sua presidenza furono ceduti il settore tessile (Lanerossi), fonte di molte
perdite, ed i risultati economici tornarono positivi. La sistemazione del
settore chimico rimase un punto irrisolto dell’Eni: ad un primo accordo con la
Montedison nel 1983,
che suddivise tra i due gruppi le principali produzioni chimiche, seguì nel
1989 la
costituzione di
Enimont, che concentrava tutta la chimica di base italiana. Ma già nel
novembre 1990
venne firmato l’accordo che assegnava all’Eni la totalità delle azioni Enimont,
per un esborso di 2.800 miliardi di lire.
La privatizzazione
Con il
decreto legge 333 dell’11
luglio 1992 ,
l’Eni fu trasformato in una
Società per azioni controllata dal Ministero del Tesoro, con
Gabriele Cagliari presidente e
Franco Bernabè amministratore delegato; questa trasformazione costituì il
primo passo del previsto processo di
privatizzazione. Dal
1993 il
presidente Cagliari ed altri dirigenti furono coinvolti nelle inchieste di
Tangentopoli; lo stesso Bernabè denunciò all’interno delle società del
gruppo l’esistenza di un sistema di “fondi neri” tramite il quale trasferire
all’estero denaro destinato al finanziamento di partiti politici[7].
L’Eni subì un profondo processo di ristrutturazione: attività marginali e non
strategiche furono cedute; la chimica, che tante risorse e tante energie aveva
assorbito, vide di molto ridimensionata la sua importanza all’interno del
gruppo, che avrebbe dovuto concentrarsi nelle attività strettamente legate al
petrolio e al gas in vista della sua apertura agli azionisti privati. Nel
1995 una prima
quota del capitale di Eni fu collocata sul mercato e l’azienda fu quotata in
borsa a Milano
e a New York;
ulteriori cessioni negli anni successivi hanno portato il Ministero del Tesoro
a scendere fino al 30 % circa del capitale. Il miglioramento della redditività
ha portato l’Eni a garantire all’azionista pubblico buoni
dividendi
e ad avere le risorse per espandersi anche tramite acquisizioni all’estero (British
Borneo 2000,
Lasmo 2001,
Burren e Dominion
2008).
Presidenti
Amministratori delegati
Bibliografia
-
Marcello Boldrini, Mattei, in Enciclopedia del petrolio e
del gas naturale, Colombo, Roma,
1969
-
Luigi Bruni,
Marcello Colitti, La politica petrolifera italiana, Giuffré,
Milano, 1967
-
Giovanni Buccianti, Enrico Mattei: assalto al potere petrolifero
mondiale, Giuffrè, Milano,
2005
-
Marcello Colitti, Energia e sviluppo in Italia: la vicenda di
Enrico Mattei, De Donato, Bari,
1979
-
Marcello Colitti, ENI - Cronache dall'interno di un'azienda,
EGEA, Milano,
2007
-
Giorgio Galli, La sfida perduta: biografia politica di Enrico
Mattei, Bompiani, Milano,
1976
-
Nico Perrone, Mattei, il nemico italiano: politica e morte del
presidente dell'Eni attraverso i documenti segreti, 1945-1962,
Leonardo (Mondadori), Milano,
1989
ISBN 88-355-00603-8
-
Nico Perrone, Enrico Mattei, Il mulino, Bologna,
2001
ISBN 8-81507-913-0
-
Italo Pietra, Mattei, la pecora nera, Sugarco, Milano,
1987
-
Sergio Terranova, La Pira e Mattei nella politica italiana.
1945-1962, Oasi Editrice, Troina,
2001
- Francesco Venanzi, Massimo Faggiani, ENI. Un'autobiografia,
Sperling & Kupfer,
1994, ISBN:
8820018063
-
Daw Votaw, Il cane a sei zampe, Mattei e l'Eni. Saggio sul potere,
Feltrinelli, Milano,
1965
- Enrico Mattei, scritti e discorsi. 1953-1962, Comune di
Matelica & Fondazione Enrico Mattei & Università di Camerino
Fonte
Bilancio Eni S.p.A. al 31.12.2007
Note
- ^ Marcello
Colitti, manager Eni fin dai tempi di Mattei, descrive la giunta esecutiva
in carica 1975 in questo modo: “[…]fu varata la Giunta, che constava di
Sette,
Mazzanti,
Lorenzo Necci del
PRI,
Franco Piga della
DC e il prof. Orlandini per i
socialdemocratici”. Da M. Colitti, Eni – Cronache dall’interno di
un’azienda, EGEA,
2007. Anche le
ricostruzioni giornalistiche degli anni ’80 tendono a collegare a ciascun
membro della Giunta una designazione partitica; si veda ad esempio
l’articolo “Politici” estromessi dalle Spa,
Corriere della Sera,
8 agosto
1992
- ^ Pier Angelo
Toninelli, Energy supply and economic development in italy: the role of
the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica,
Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
- ^ Eni Spa:
Building an International Energy Major.
- ^ così ad
esempio Toninelli in Energy supply and economic development in italy: the
role of the state-owned companies, Dipartimento di Economia Politica,
Università di Milano Bicocca, ottobre 2008
- ^ così sostiene
Italo Pietra in Mattei, la pecora nera, SugarCo Edizioni, 1987
- ^ così sostiene,
fra gli altri
Valerio Castronovo in L’industria italiana dall’Ottocento a oggi,
Arnoldo Mondadori Editore,
2007
- ^ R. Chiaberge,
Bernabè: all’Eni abbiamo spazzato via 300 manager,
Corriere della Sera, 10 gennaio
1994
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