Le
discriminazioni femminili ci sono sempre state e ci sono ancora. Ad esempio,
nell'antichità greco-romana e ancora oggi in certi paesi del
Terzo Mondo le ragazze venivano vendute dalla famiglia al marito e si
trovavano a dipendere da lui, che perlopiù poteva sposare più donne e
ripudiarle.
Il termine emancipazione vuol dire in questo caso
liberazione della condizione di inferiorità. Secondo l'ONU,
oggi non c'è paese al mondo che tratti le donne come gli uomini, anche se almeno
in Occidente sulla carta vengono garantiti tutti i diritti.
La parità dei
diritti è negata dalla legge in quasi tutti i paesi islamici: però oggi la
Tunisia, la Turchia e il Marocco concedono alle donne il diritto di scegliersi
il marito e valere in famiglia quanto lui, dimostrando che l'emancipazione
femminile si può conciliare con la
religione musulmana. Ma altresì in altre Nazioni esse sono oggetto di
discriminazioni: per esempio in Africa si vendono le bambine al futuro consorte;
in Cina e in India la nascita di una femmina è spesso una disgrazia ed è diffuso
l'aborto selettivo; in India sono ancora molte le vedove "convinte" a gettarsi
sul rogo dove bruciano le spoglie del marito, e vengono considerate impure.
Anche in Italia,
il panorama è abbastanza negativo, però: le donne sono apprezzate in molte
professioni, ma non riescono a fare carriera. Hanno meno tempo libero perché
sentono il peso dei lavori domestici e i dati relativi alle elezioni del 2001 ci
hanno collocato come il paese più "sessista" dell'Unione
Europea.
Le rivendicazioni alla fine dell'Ottocento in
Europa
L'emancipazione femminile è iniziata in modo concreto verso la seconda metà
del
19° secolo, anche se la strada da percorrere ancora oggi è molto lunga. Si
pensi infatti che in una società prevalentemente maschilista, agli albori del
femminismo,
alle donne venivano negati il diritto di
voto, di
istruzione,
svolgevano lavori meno qualificati degli uomini ed erano considerate delle
minorenni come i figli; appartenevano prima al padre, poi al marito. Le
università non le ammettevano perché temevano che una donna istruita si
ribellasse al volere del marito, e poi ritenevano che il loro unico compito
fosse allevare i figli e badare alla casa.
Non tutti condividevano quest'opinione,
però: sia perché volevano compagne con cui poter dialogare, sia perché pensavano
che fosse importante farle accedere agli studi superiori per avere una vera
democrazia. Nonostante ciò, l'analfabetismo femminile in tutta Europa, specie
nei paesi cattolici, rimase molto alto. Spesso in questo periodo si formarono
società segrete di donne e ragazze (dette anche
suffragette) che cominciarono a far sentire la loro voce: sottolinearono
quanto fosse importante per una madre essere istruita per crescere i figli, e a
partire dal 1890 in molti Stati vennero ammesse all'università.
Poi in Francia
dal 1907 esse poterono disporre direttamente del proprio stipendio di
lavoratrici senza dover dipendere dal marito. I sindacati femminili
organizzarono scioperi e proteste di massa, fecero firmare petizioni, fondarono
giornali e si riunivano in grandi congressi nazionali ed internazionali.
Un'altra grande rivendicazione fu il diritto di votare. In Inghilterra vi fu un
movimento chiamato Woman Suffrage Association, che però venne realizzato
solo a livello locale (consigli comunali, 1969; consigli di contea, 1880). Solo
la Nuova Zelanda e l'Australia fecero ottenere il
voto nel 1800. Nei
paesi dell'Europa occidentale alcune leggi ridussero la disparità all'interno
della famiglia, ma in nessuno si ebbe un'effettiva parità. Anzi, dappertutto vi
fu un'opposizione maschile: a
Lione nel 1903, i
tipografi scesero in piazza per manifestare contro
Emma Corieau, colpevole di voler aderire al sindacato; quando
Emilia Pardon Bazan ottenne -prima nella storia- la nomina di docente di
letteratura all'università di
Madrid (1916)
le sue lezioni vennero boicottate dagli studenti di sesso maschile;
Marie
Curie, premio nobel per la fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911 non fu
ammessa all'Accademia delle Scienze,in Francia, perché era una donna.
La Repubblica Italiana
Fu solo nel 1946 che, con la fine della
Seconda Guerra Mondiale, che le donne in
Italia poterono
votare. Infatti venne dichiarata la parità di tutti i cittadini davanti alla
legge, senza distinzioni di sesso, lingua, razza, opinioni politiche e via
dicendo (Articolo 3). Più che mai, però, negli anni Cinquanta, le donne vennero
costrette a fare le casalinghe, perché si diffuse l'immagine di una moglie
provetta, e le classi a scuola furono ancora separate.
I gruppi femministi degli anni 70
Dopo la rivolta studentesca del '68, molte ragazze che erano state favorevoli
all'evento, divennero protagoniste di nuove proteste. Richiesero l'aborto, che
allora veniva praticato clandestinamente e metteva in pericolo la loro stessa
vita, ottennero finalmente la parità all'interno delle famiglie, e fra gli
slogan femministi ricorse spesso la parola scelta. Le donne vogliono
decidere per se stesse.
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